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Quando parliamo di presenza di asili nido sul territorio, dobbiamo tenere presente che Roma si compone di tante realtà diverse.

Rioni e quartieri benestanti, caratterizzati da livelli di disoccupazione più bassi della media, elevati livelli di istruzione e alti valori immobiliari: tra questi Prati, Parioli, Eur, la zona di via XX settembre, il quartiere Flaminio. La prima periferia storica a ridosso delle mura aureliane, originariamente abitata dalla classe operaia romana, e oggi in parte oggetto di fenomeni di gentrificazione, come Testaccio e San Lorenzo.

Le aree oggetto di urbanizzazione (spesso incontrollata) del dopoguerra, divenute tra le più densamente popolate. Tra queste Marconi, Gordiani e Don Bosco. Le zone dominate dai grandi complessi di edilizia popolare degli anni ’70 e ’80, come il Corviale e Torre Angela. Gli insediamenti più recenti costruiti a ridosso del grande raccordo anulare.

Tanti territori con necessità diverse.

Zone agli antipodi per quanto riguarda la condizione abitativa, sociale ed economica, e quindi con esigenze differenti, anche in termini di servizi per la prima infanzia. Nelle zone più ricche, è possibile che la carenza di asili nido pubblici o in convenzione venga supplita dai posti nelle strutture private (che con i dati a disposizione al momento non possiamo tracciare). Ma in quelle più fragili, dove la quota di famiglie in difficoltà economica è maggiore, la mancanza di posti pubblici difficilmente potrà essere compensata dall’offerta totalmente privata, slegata dalle tariffe comunali.

Dove si trovano le zone più in difficoltà?

Dare conto di questa articolazione non è semplice, soprattutto sul piano del tenore di vita.

Ci vengono in aiuto alcuni indicatori economico-sociali costruiti da Istat. Sono stati elaborati a partire dai dati del censimento 2011, purtroppo i più recenti ad un livello di dettaglio sub-comunale. Ma sono l’indicazione più attendibile per valutare la condizione sociale delle zone urbanistiche di Roma, pur con alcune cautele.

Uno di questi è l’indice di vulnerabilità sociale e materiale. 

Misura la fragilità di un territorio, partendo dalla condizione sociale di chi ci abita. Più è alto, maggiore è il rischio di disagio e vulnerabilità. Se inferiore a 97 quella zona ha un basso indice di vulnerabilità, sopra 103 il rischio di disagio sociale è alto. Vai a "Che cos’è la vulnerabilità sociale"

Per l’intero comune di Roma, il livello medio registrato da Istat in occasione della commissione periferie è 101. Un valore che si distribuisce in modo molto difforme sul territorio. Al Celio (l’area compresa tra il Colosseo e San Giovanni in Laterano), il valore registrato è appena 93, quindi questa zona non è a rischio di vulnerabilità sociale. Al contrario, a Santa Palomba (ai confini meridionali del comune) e Tor Fiscale (zona sud interna al raccordo) il livello di vulnerabilità è molto alto, superando addirittura 118.

Se inferiore a 97 il territorio ha un basso indice di vulnerabilità, tra 97 e 98 il rischio è medio-basso, tra 98 e 99 rischio medio, tra 99 e 103 rischio medio-alto, sopra 103 rischio alto.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat censimento 2011
(ultimo aggiornamento: sabato 31 Dicembre 2011)

Questo indicatore, essendo la sintesi di tanti indici diversi, ha il merito di dare una misura facile da leggere. Allo stesso tempo però mostra dei limiti di cui dobbiamo tenere conto. Alcune zone del centro storico, ad esempio, presentano valori molto alti soprattutto per la presenza di persone senza fissa dimora.

Al netto di questa precisazione, le aree dove si registra una maggiore vulnerabilità sono concentrate soprattutto:

  • nella periferia est, in particolare ai due lati del gra: San Basilio (105,5), Tor Cervara (112), Tor Sapienza (106), Alessandrina (105), Casetta Mistica (117), Torre Angela (108,2), Borghesiana (104,9), Quadraro (107,3), Tor Fiscale (118,1);
  • nelle zone a cavallo del tracciato nord del raccordo anulare, tra cui Grotta Rossa Ovest (106,4) e Santa Cornelia (104,7);
  • ai margini occidentali della Capitale, tra cui Boccea (105) e Santa Maria di Galeria (107,8);
  • in altre zone sparse alle estremità dei confini comunali, come Ostia Nord (104,7), Porta Medaglia (104,9) e Santa Palomba (118,8).

Quanti asili nelle zone più vulnerabili?

39 zone urbanistiche presentano un'alta vulnerabilità sociale (valori superiori a 103).

Tra le zone a maggiore vulnerabilità, 11 presentano un'offerta di servizi per la prima infanzia superiore al 33%.

Nella maggior parte dei casi si tratta di territori inseriti nel quadrante est o nord-est: Torre Angela (33,97%), S. Basilio (41,09%), Alessandrina (38,38%), Tufello (46,15%), Bufalotta (86,03%). Ma offrono un servizio diffuso anche Acilia (dove i posti disponibili coprono circa un utente potenziale su due), Labaro (36,66%), Casalotti di Boccea (51,80%), Fogaccia (61,26%).

In altre tre zone, sempre comprese nel quadrante orientale, il valore è di poco inferiore al 33%: Tor Sapienza (31,06%), Torre Maura (31,22%), Centocelle (31,72%).

Ma questi quartieri, vulnerabili ma con un livello di offerta medio o medio alto, spesso confinano con zone che oltre ad essere deprivate hanno anche pochi posti rispetto agli abitanti.

Nell'estrema periferia est ci sono anche territori molto fragili dove la copertura potenziale del servizio prima infanzia non raggiunge il 20%. Tra questi Giardinetti (17,4%) e San Vittorino (12,8%), ma soprattutto Borghesiana, dove si trovano appena 8,7 posti in asilo ogni 100 bambini sotto i 3 anni. Nella periferia est interna al raccordo, spiccano zone molto vulnerabili ma con un'offerta di posti limitata (Quadraro, 22%) o assente (Tor Cervara). Lungo il litorale, Ostia Nord combina una vulnerabilità sociale quasi a 105 con un'offerta pari ad appena il 7% della domanda potenziale.

Anche vicino al centro storico situazioni di grande disagio sociale possono convivere con pochi asili nido. È il caso dell'Esquilino: vulnerabilità superiore a 107, 116 posti pubblici o in convenzione per 635 bambini sotto i 3 anni (18,3%).

Perché nelle zone più difficili gli asili nido sono così importanti

Nei territori potenzialmente più a rischio di disagio sociale, la presenza di servizi pubblici, soprattutto quelli destinati alla prima infanzia, è ancora più necessaria, per diversi motivi. In primo luogo, come già ricordato, perché nelle zone più povere la carenza di asili nido pubblici difficilmente potrà essere supplita dall'offerta dei nidi privati.

L'asilo nido è il primo luogo dove si può ridurre lo svantaggio dei bimbi nati in contesti difficili.

Ma anche per altre ragioni, connesse al ruolo degli asili nido nel contrasto alla povertà educativa. I servizi per la prima infanzia svolgono infatti una duplice funzione, educativa e sociale. L'asilo nido è spesso il primo contesto dove si sviluppa la socialità del bambino al di fuori della famiglia di origine. Dove può apprendere, in un contesto sicuro, condiviso con i coetanei, le prime competenze, relazionali e non. Una funzione importante nei territori più deprivati, che spesso riproducono, alimentano e rinforzano l'esclusione sociale del nucleo familiare di origine, tramandando, come per via ereditaria, il bagaglio di disuguaglianze ed emarginazione. Inoltre i servizi per la prima infanzia possono avere delle ricadute anche in termini sociali e occupazionali, ad esempio consentendo la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli familiari.

Foto credit: Pixabay BethL - Licenza

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