Nei precedenti approfondimenti abbiamo parlato delle spese domestiche e di quanto esse pesano sui redditi familiari. Un problema recentemente tornato al centro del dibattito per via del forte aumento dei prezzi dell’energia.

Ma oltre all’aspetto socio-economico, l’utilizzo di energia in particolare per il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici è anche una questione ambientale. Si tratta infatti di un settore fortemente inquinante, che nel 2020 ha comportato nei paesi dell’Unione europea l’emissione di oltre 302 milioni di tonnellate di gas serra.

Il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici, una questione sociale e ambientale

Nel 2016 la commissione europea ha lanciato una “heating and cooling strategy” per facilitare la riduzione del consumo di energia attribuibile agli edifici. Molti dei palazzi situati in Europa sono infatti antichi e quindi dotati di sistemi energetici poco efficienti. In generale nel settore si fa ancora un uso molto ridotto delle fonti di energia rinnovabili – in circa la metà dei casi si utilizza ancora il gas naturale, una fonte di energia considerata fortemente inquinante.

By making the sector smarter, more efficient and sustainable, energy imports and dependency will fall, costs will be cut and emissions will be reduced.

Rendendo più efficiente e sostenibile il settore, le importazioni e la dipendenza energetica diminuirebbero, e così anche i costi e le emissioni di sostanze inquinanti.

Gli obiettivi principali della strategia consistono quindi nel favorire il rinnovamento degli edifici, promuovendo modelli più efficienti da un punto di vista energetico, e nell’ampliare l’accesso alle energie rinnovabili e al riuso di energia prodotta nell’industria (in un’ottica di economia circolare).

50% del consumo di energia in Ue è attribuibile ai sistemi di riscaldamento e raffreddamento degli edifici (2016).

Migliorare la situazione porterebbe benefici per tutti. In primis per gli inquilini stessi, alleggerendo molto i costi che devono sostenere per il riscaldamento e il raffreddamento della loro abitazione – una voce di spesa che, come abbiamo visto nei precedenti approfondimenti sulla questione abitativa, ha un peso notevole nei bilanci familiari, soprattutto nei nuclei a reddito più basso. Ma anche, ovviamente, per l’ambiente, e quindi per la società nella sua interezza.

Il forte consumo di energia in questo settore produce infatti elevati quantitativi di gas serra, contribuendo significativamente al problema dell’inquinamento atmosferico. Con conseguenze sulla salute delle persone, oltre che sugli ecosistemi.

675,2 chilogrammi di gas serra emessi, pro capite, dal riscaldamento e raffreddamento degli edifici, in Ue nel 2020.

Tra i paesi membri, non tutti inquinano allo stesso modo

Non c’è omogeneità tra i paesi dell’Unione rispetto al quantitativo di gas serra emesso in queste attività. Si va infatti da alcuni pochi paesi dove le emissioni pro capite si attestano oltre i 1.000 kg ad altri dove la cifra scende sotto i 200 kg per abitante.

I dati sono riferiti ai gas serra emessi (in kg pro capite l’anno) dalle attività di riscaldamento e raffreddamento all’interno degli edifici. Rientrano nella categoria “gas serra”: biossido di carbonio (Co2), metano (Ch4), ossido di azoto (N2o), esafluoruro di zolfo (sf6), trifluoruri di azoto (Nf3), idrofluorocarburi (Hfc) e fluorocarburi (Pfc).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 27 Luglio 2022)

Il Lussemburgo è il primo paese Ue per il quantitativo di gas serra emesso per il riscaldamento e raffreddamento degli edifici, riportando nel 2020 oltre 1.500 kg pro capite. Seguono l'Irlanda (1.402,8 kg), il Belgio (1.137, 7) e la Germania (1.031,1), tutti con cifre superiori al migliaio. L'Italia, con 785,8 kg pro capite, è nona in Ue, ma si posiziona comunque al di sopra della media.

Agli ultimi posti si trova invece la Svezia, con appena 29,7 kg pro capite di gas serra emessi per queste attività. Cifre basse le riportano anche Malta (128,8), Portogallo (152,2) e Estonia (192,6), tutte al di sotto del 200 kg.

La strada da percorrere per l'efficientamento energetico degli edifici è ancora lunga

Se analizziamo i dati relativi agli anni precedenti al 2020, vediamo che comunque il fenomeno è andato gradualmente migliorando, anche se con una certa lentezza. Mediamente in Ue i kg di gas serra emessi per persona sono infatti passati da 907,5 a 675,2 - un calo di circa 232 kg.

I dati sono riferiti ai gas serra emessi (in kg pro capite l’anno) dalle attività di riscaldamento e raffreddamento all’interno degli edifici. Rientrano nella categoria “gas serra”: biossido di carbonio (Co2), metano (Ch4), ossido di azoto (N2o), esafluoruro di zolfo (sf6), trifluoruri di azoto (Nf3), idrofluorocarburi (Hfc) e fluorocarburi (Pfc).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 27 Luglio 2022)

Tra i grandi paesi dell'Ue, è stata la Francia a registrare il miglioramento più evidente, passando da 901,1 kg pro capite nel 2010 a 599,8 kg nel 2020 (-301 kg). Miglioramenti più contenuti li hanno invece riportati la Spagna (-169,5 kg per abitante), che però registra cifre inferiori rispetto agli altri, l'Italia (-215,6 kg) e la Germania (-237,9 kg).

La Svezia ha più che dimezzato le emissioni causate da riscaldamento e raffreddamento.

Analizzando poi i dati relativi alle emissioni in numeri assoluti, in tutti i paesi membri dell'Ue, vediamo che la variazione maggiore ha avuto luogo in Svezia, dove si è passati da una produzione totale di circa 872mila tonnellate di gas serra nel 2010 ad una pari a poco più di 307mila nel 2020 (-64,7%). Anche in Danimarca, Finlandia e Slovenia il calo è stato di oltre il 40%. Mentre Malta è l'unico paese in cui le emissioni totali sono, seppur lievemente, aumentate (+3,3%), e in Bulgaria la situazione è rimasta sostanzialmente invariata (con un calo pari allo 0,2%).

-21,3% il calo delle tonnellate di gas serra prodotte da riscaldamento e raffreddamento in Italia, tra 2010 e 2020.

Un dato leggermente al di sotto della media Ue (-24,5%), ma che comunque indica una tendenza positiva, verso un minore impatto ambientale. Considerati però gli obiettivi europei per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, risulta evidente che la strada da percorrere è ancora lunga.

 

Foto: t Penguin - licenza

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