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Se una delle decisioni più importanti cui sono chiamate ragazze e ragazzi a partire dai 13-14 anni è quella della scuola superiore, l’abbandono della scuola prima del tempo costituisce forse la massima negazione del diritto di scegliere degli adolescenti.

Un aspetto ancora più odioso se si considera che ad abbandonare più spesso sono proprio i figli di chi non ha diploma. Tale tendenza porta a riflettere sul rischio ereditarietà dell’abbandono, e con esso della povertà educativa.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: mercoledì 13 Giugno 2018)

Le implicazioni in termini sociali sono enormi. In primo luogo, rappresenta un forte freno alla mobilità da una generazione all'altra. Senza la possibilità di raggiungere almeno il diploma, gli adolescenti che già affrontano privazioni economiche e educative, saranno probabilmente a loro volta adulti più poveri, più soggetti a precarietà, più a rischio esclusione sociale.

L’abbandono precoce pone diverse problematiche, non solo per i giovani, ma anche per la società. In molti casi limita le opportunità dei ragazzi sul mercato del lavoro e fa aumentare il rischio di disoccupazione, povertà, problemi di salute, oltre a causare una ridotta partecipazione alle attività politiche, sociali e culturali. Inoltre, tali conseguenze negative ricadono sulla generazione successiva e possono perpetuare il ripetersi di tale fenomeno.

Investire contro l'abbandono significa puntare alla riduzione delle disuguaglianze, sociali e territoriali.

Il fenomeno va letto anche nelle sue conseguenze territoriali. Nelle società moderne, i territori economicamente più forti coincidono spesso con quelli dove risiede popolazione più qualificata. Ma se gli adolescenti che non raggiungono il diploma sono concentrati nei territori già con i livelli di istruzione più bassi, le disuguaglianze non potranno che aumentare nella prossima generazione. Perpetuando i divari già esistenti: tra nord e sud, tra aree integrate nell'economia globale e altre legate a sistemi economici più fragili.

Un paese a tante velocità sull'abbandono scolastico

Negli ultimi due decenni il livello di scolarizzazione medio è aumentato in tutto il paese, anche se non in modo uniforme.

A livello nazionale, nel 2004 quasi un giovane su 4 aveva abbandonato studi e formazione prima del tempo. La quota di giovani tra 18 e 24 anni senza diploma né qualifica professionale era infatti il 23,1%. Nel corso degli anni, anche sulla spinta dell'obiettivo del 10% stabilito a livello europeo, la quota di abbandoni è scesa di quasi 10 punti (13,8 nel 2016).

L’Unione europea ha fissato come obiettivo che i giovani europei tra 18 e 24 anni senza diploma superiore (o qualifica professionale) siano meno del 10% del totale. Vai a "Che cos’è l’abbandono scolastico"

Il dato più recente disponibile (2019) mostra un attestamento al 13,5%. In confronto con gli altri paesi dell'Unione resta ancora uno dei tassi di abbandono più alti, specie se confrontato con l'8,2% della Francia e il 10,3% della Germania.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: giovedì 6 Agosto 2020)

L’Italia è ancora distante da questi standard, e dalla soglia del 10% fissata come target per l’intera Ue. Allo stesso tempo, ha raggiunto il suo obiettivo nazionale (16%), sebbene con profonde differenze interne.

13,5% la quota di giovani con la sola licenza media in Italia.

Nell'arco di un quindicennio, tutte le regioni hanno migliorato gli indicatori di scolarizzazione, come si vede dal tasso di abbandoni tra i giovani e dalla quota di adulti diplomati. Ma i punti di partenza e la velocità di questo miglioramento sono stati molto diversi.

Nel 2004, a fronte di una media nazionale del 23%, 3 regioni (Sicilia, Puglia e Sardegna) e la provincia autonoma di Bolzano superavano il 30%. La Campania, poco sotto, si attestava sopra il 28%. A distanza di 15 anni, hanno tutte migliorato la propria posizione, ma con ritmi differenti.

Ogni bolla è una regione italiana. Il grafico mostra l’andamento nel tempo (2004-19) di due indicatori fondamentali per monitorare il livello di istruzione nella società: la percentuale di adulti diplomati (asse orizzontale) e quella di abbandoni precoci tra i giovani (asse verticale). Su quest’ultimo indicatore, l’obiettivo europeo è ridurre al di sotto del 10% i giovani tra 18 e 24 anni senza diploma.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat (Bes)
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Giugno 2020)

Pur nel miglioramento, i divari comunque permangono.

A Bolzano gli abbandoni sono diminuiti di quasi 20 punti, dal 30,5% all'11,6%, un dato ormai sotto la media nazionale e quasi in linea con gli obiettivi europei. In Sicilia la quota di abbandoni è scesa di 8 punti, portando il livello di abbandoni precoci attorno al 22%. Puglia, Sardegna e Campania sono tra le regioni che hanno avuto i maggiori cali (oltre 12 punti in meno nel caso di Puglia e Sardegna, un dato secondo solo a quello di Bolzano). Ciononostante, partendo da livelli molto elevati, restano ancora rispettivamente la terza, la quarta e la quinta regione con più abbandoni.

17,3% la quota di abbandoni precoci in Campania. Era il 28,4% nel 2004.

Nello stesso periodo, cali attorno ai 10 punti percentuali hanno permesso a Lombardia, Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Marche di avvicinarsi molto o di raggiungere l'obiettivo Ue. Per cui oggi oltre metà delle regioni ha una quota di abbandoni inferiore al 12%, mentre nel 2004 solo la provincia autonoma di Trento, con il 12,3% si avvicinava a questa soglia. Un miglioramento su cui però pesano ancora profondi divari territoriali: solo 3 regioni del sud (Abruzzo, Molise e Basilicata) stanno al di sotto del 12%, e di queste solo una (l'Abruzzo) ha un tasso di abbandono inferiore all'obiettivo europeo. Mentre tutte le maggiori regioni del mezzogiorno restano stabilmente ai vertici della classifica degli abbandoni.

Perciò nonostante progressi importanti, restano ancora indietro il sud e soprattutto isole. E in alcuni casi, il dato non è migliorato molto in 15 anni.

19% gli abbandoni in Calabria nel 2019. Erano il 21,9% nel 2004. Si tratta della regione con il miglioramento più contenuto nell'arco di 15 anni.

Significativo il caso della Calabria: qui il miglioramento nel lungo periodo è inferiore ai 3 punti percentuali. Da un livello di abbandoni attorno al 22% nei primi anni 2000, con alti e bassi era scesa fino al 16% del decennio successivo. Un miglioramento vanificato negli ultimi anni, molto più grave della flessione della media nazionale.

La relazione tra adulti senza diploma e giovani che abbandonano

Questi dati sono interessanti anche perché mostrano con chiarezza la relazione inversa tra la quota di adulti diplomati e l'abbandono precoce tra i giovani.

Si tratta di un fenomeno purtroppo consolidato e studiato dalla letteratura sull'abbandono scolastico: se i genitori hanno lasciato presto la scuola, è probabile che anche i figli si troveranno a fare lo stesso.

Genitori con un basso livello di istruzione possono non essere in grado di pagare servizi scolastici di qualità ai propri figli, il che espone di conseguenza i bambini stessi a un maggiore rischio di abbandono scolastico precoce (...) le scelte operate in passato dai genitori in rapporto al proprio grado di istruzione determinano ampiamente le scelte operate in seguito dai figli.

Più diplomati ci sono tra gli adulti, più è basso l'abbandono tra i giovani.

Il fatto che ci sia un legame così diretto significa che si tratta di una tendenza che va oltre la scelta del singolo ragazzo. Quindi rappresenta una compressione di uno dei più importanti diritti dell'adolescenza: quello di decidere sul proprio futuro.

Ma quanto è caratterizzata territorialmente questa tendenza? Da questa domanda dipende non solo il futuro dei ragazzi, e la loro possibilità di sceglierlo, ma anche quello dell'intero paese e delle sue disuguaglianze interne. Come abbiamo visto, sono soprattutto le regioni del sud a mostrare le maggiori difficoltà, sia in termini di adulti diplomati sia di abbandoni precoci tra i più giovani. Ma si tratta di medie regionali che poco aiutano nel definire chiaramente la questione.

Solo attraverso dati maggiormente disaggregati possiamo verificare la relazione tra livello di istruzione degli adulti e abbandono dei giovani. Questo legame infatti emerge anche a livello provinciale: in quelle dove ci sono meno adulti diplomati o laureati, l'abbandono scolastico precoce è più elevato.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat e Svimez
(ultimo aggiornamento: martedì 11 Settembre 2018)

Alcuni esempi per chiarire in concreto questa relazione. Le 15 province con meno adulti diplomati e laureati sono tutte del mezzogiorno. Cinque sono siciliane: Caltanissetta, Ragusa, Trapani, Enna e Catania; altre 4 sono pugliesi (Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Foggia e Taranto); 3 sarde (Sud Sardegna, Nuoro e Oristano); 2 si trovano in Calabria (Crotone e Vibo Valentia) e una in Campania (Napoli).

43% gli adulti diplomati nella provincia di Bat. Qui gli abbandoni scolastici tra i giovani superano il 20%.

Di queste 15 province, Catania e Vibo Valentia sono le uniche dove oltre la metà degli adulti sono diplomati (circa il 51% dei residenti tra 25 e 64 anni). Le altre oscillano dal 43% di Barletta-Andria-Trani al 49,5% di Taranto. 11 di queste rientrano anche tra le prime province per quota di abbandoni. Ad esempio in Sud Sardegna (47,5% di adulti diplomati) il tasso di abbandono tra i giovani 18-24 anni supera il 25%; a Catania (50,9% di adulti diplomati), i giovani con solo la licenza media sono il 25,2%, e così via.

Questo conferma entrambe le tendenze individuate. Da un lato, l'ereditarietà dell'abbandono tra generazioni: si abbandona di più dove il livello di istruzione è già più basso. Dall'altro, la ricorrenza territoriale del fenomeno, che in alcune aree del paese (spesso quelle economicamente più fragili) appare dirompente.

Del resto, anche a livello comunale tale relazione sembra emergere abbastanza chiaramente, con l'avvertenza che su questo tema dati così disaggregati sono disponibili solo all'ultimo censimento.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 31 Dicembre 2011)

I comuni che nella prima mappa assumono colori più tenui, segnalando un basso livello di adulti diplomati, generalmente coincidono con quelli che, nella seconda mappa, hanno i colori più scuri. Ovvero dove è più elevata la quota di ragazzi che hanno lasciato la scuola prima del tempo. Anche in questo caso, colpisce l'estensione del fenomeno in alcune regioni. In particolare la Sardegna, la Sicilia e diversi territori di Puglia, Campania e Calabria. Ma anche in aree (perlopiù interne o montane) nell'Italia centro-settentrionale.

Indice che finché il fenomeno sarà affrontato con strumenti di analisi tarati sul livello regionale o nazionale non sarà possibile di definirne con chiarezza la portata e strutturare gli interventi.

Contrastare il rischio ereditarietà

Nel nostro paese è piuttosto forte la relazione, già individuata dalla letteratura internazionale, tra il livello di istruzione degli adulti e la scelta degli adolescenti di lasciare gli studi prima del tempo.

Una tendenza che assume la forma di una non scelta del proprio percorso, come un'eredità inevitabile che si trascina di generazione in generazione, e che colpisce le famiglie e i territori più fragili.

Di questa tendenza è necessario essere ben consapevoli, per evitare che il problema venga sminuito, relegandolo al tema delle scelte individuali. Se sono soprattutto i figli di chi non è diplomato a non proseguire gli studi, c'è evidentemente qualcosa di più profondo che non una semplice preferenza personale.

Allo stesso tempo, non bisogna cadere nell'errore di considerare questa relazione come qualcosa di scontato o, peggio, di inamovibile. Si può fare molto, in termini di politiche pubbliche: dal sostegno individuale agli studenti  che restano indietro, a investimenti sui sistemi di orientamento scolastico, in modo da valorizzare pienamente il diritto di ragazze e ragazzi a una scelta consapevole.

Una chiave di successo è il coinvolgimento della comunità educante. Dove le famiglie sono più fragili serve una rete di scuole, genitori, educatori, istituzioni pubbliche e del terzo settore che renda possibili le opportunità anche dove ce ne sono di meno. Offrendo piani di studio personalizzati, laboratori, attività pomeridiane, corsi di recupero. Un investimento che si rende particolarmente importante nelle aree del paese che, per motivi diversi, rischiano di essere spesso dimenticate: le aree interne e le periferie urbane.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. Le fonti dei dati sulle uscite precoci dal sistema educativo (censimento 2011) e sulla percentuale di adulti diplomati (2015) sono Urban Index e Istat (statistiche sperimentali).

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