Come le opportunità educative incidono sull’accesso al lavoro #conibambini

La scuola è uno dei fattori che determinano le maggiori o minori possibilità di occupazione. Per questo garantire un diritto equo all’istruzione di qualità è essenziale: i comuni con bassa scolarità spesso coincidono con quelli a bassa occupazione, specie nel sud.

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Nel 2022 il tasso di occupazione di neodiplomati e neolaureati è aumentato, a conferma di quanto l’istruzione sia uno dei fattori che possono maggiormente influenzare le possibilità di accesso al lavoro.

74,6% laureati da uno a tre anni occupati nel 2022 (+7,1 punti rispetto al 2021).

L’altro lato della medaglia è che chi ha abbandonato gli studi precocemente, lasciando la scuola prima del diploma o di una qualifica, mostra un livello di occupazione molto più basso. Tra i giovani tra 18 e 34 anni con al massimo la licenza media il tasso di occupazione scende al 39%. Una quota comunque in crescita rispetto al 2021, ma di 13 punti inferiore rispetto al 2007.

Il legame tra accesso all’istruzione e possibilità di accesso al mondo del lavoro nel corso degli ultimi vent’anni si è rafforzato, come abbiamo avuto modo di raccontare in passato.

Per questo garantire un diritto di accesso equo all’istruzione di qualità è essenziale. Oggi infatti ad abbandonare la scuola sono soprattutto i giovani di famiglie svantaggiate, rendendo tale condizione ereditaria. Un problema soprattutto nel mezzogiorno, dove in quasi 2 comuni su 3 bassi livelli di istruzione si accompagnano a tassi di occupazione inferiori alla media.

L’abbandono scolastico ha impatto sugli esiti occupazionali

La mancanza di opportunità educative rende molto più difficile per i giovani avere un’occupazione, in modo piuttosto sistematico.

Nel 2022, tra i giovani di 18-24 anni diplomati, quasi 6 su 10 avevano un lavoro (57,7%). In mancanza del diploma o di una qualifica, il tasso di occupazione è invece risultato inferiore di 18,7 punti percentuali (39%).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: venerdì 6 Ottobre 2023)

Il divario è particolarmente ampio per le ragazze: 53,1% il tasso di occupazione tra le giovani diplomate (a fronte del 25,5% tra quelle che hanno abbandonato) e nell’Italia settentrionale: 70,9% contro 48,9%.

Tuttavia è nel mezzogiorno che il tasso di occupazione tra i giovani che hanno lasciato gli studi precocemente raggiunge il livello minimo: 27,9%. L’occupazione in questa area del paese è bassa anche tra chi ha almeno il diploma (39,3%); tra chi non ce l’ha è addirittura inferiore di oltre 11 punti.

L’ereditarietà nell’abbandono degli studi

Una migliore occupabilità di chi ha un livello di istruzione più elevato è un dato piuttosto prevedibile, soprattutto in un mercato del lavoro che richiede un numero di competenze, tecnologiche e non, più alto rispetto al passato.

Tuttavia questa tendenza finisce con l’acuire i divari sociali esistenti, considerato che la probabilità di abbandonare dipende ancora oggi in modo così sistematico dalla condizione di partenza di ragazze e ragazzi.

Senza opportunità educative eque, le disparità di accesso al lavoro rafforzano il rischio di esclusione sociale.

Tra i figli dei laureati, la percentuale di chi lascia la scuola prima del tempo è minima: 2,5% del totale. Se il titolo di studio più elevato tra i genitori è il diploma, la quota di giovani che abbandonano sale al 5,3%. Se i genitori hanno al massimo la licenza media, l’abbandono riguarda quasi un giovane su 4: 24,1%.

Queste tendenze all’ereditarietà del fenomeno non vanno sottovalutate. Perché comportano che ad abbandonare gli studi, e quindi anche ad avere un accesso più fragile e precario al mondo del lavoro, sia proprio chi nasce in una famiglia svantaggiata. In questo modo, senza un intervento educativo equo, per tutte e tutti, il rischio esclusione sociale si trasmette di fatto per via ereditaria. Specialmente nelle aree del paese che già sono più fragili da questo punto di vista.

Il rapporto tra istruzione e lavoro, comune per comune

Per comprendere meglio tale tendenza, è utile analizzare il rapporto che già oggi esiste tra livello di istruzione e accesso al lavoro. Un legame che, come già approfondito, si sta già rafforzando e potrebbe diventare sempre più stretto nei prossimi anni.

Nel 2022 sono oltre 18 milioni i residenti in Italia tra 25 e 49 anni. Di questi quasi 3 su 4 hanno almeno il diploma (73,6%), mentre una quota di poco inferiore è occupata (71,7%). Due caratteristiche che in diversi casi vanno di pari passo.

Su poco meno di ottomila comuni presenti in Italia, 2.545 (un terzo del totale, 32,2%) si caratterizzano per un livello di istruzione e di occupazione superiore alla media nazionale. Al contrario, in 2.014 comuni (il 25,5%) si verifica la situazione opposta: un livello di istruzione e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale.

Ma è soprattutto la ricorrenza territoriale a rendere tali tendenze rilevanti.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente)
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Gennaio 2022)

A fronte dei circa duemila comuni italiani in cui il tasso di occupazione e quello di istruzione sono inferiori alla media nazionale, ben 1.648 si trovano nel sud o nelle isole. Significa che oltre 8 comuni su 10 in questa condizione si trovano nel mezzogiorno. Ovvero quasi 2 comuni su 3 presenti in quest’area del paese (in rosso nella mappa).

Solo 70 comuni del mezzogiorno (meno del 3% del totale), si trovano invece nella situazione opposta: occupazione e istruzione superiore alla media nazionale (in verde nella mappa). Escludendo da questo computo i territori appartenenti ad Abruzzo e Molise, i comuni del mezzogiorno con istruzione e occupazione sopra la media sono appena 5: 2 sardi e uno ciascuno per Campania, Puglia e Basilicata.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi all’incidenza di diplomati (o titolo superiore) e di occupati nel comune sono stati elaborati incrociando informazioni di fonte Istat (demo.istat e censimento permanente).

Foto: Jessica Lewis 🦋 thepaintedsquare (Unsplash) – Licenza

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