L’Italia e gli obiettivi 2030 sull’istruzione #conibambini

Uno dei 17 obiettivi fissati dalle Nazioni unite per il 2030 riguarda la promozione di un’istruzione più equa e di qualità. Vediamo con alcuni indicatori che cosa sta facendo il nostro paese.

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Migliorare la qualità dell’istruzione, renderla più equa e inclusiva non è un obiettivo solo nazionale, o europeo.

Nel 2015 l’assemblea delle Nazioni Unite ha stabilito una strategia per lo sviluppo sostenibile del pianeta. Si tratta di 17 obiettivi strategici (i cosiddetti Sdg, sustainable development goals) che i paesi devono impegnarsi a raggiungere entro il 2030. Il quarto di questi punta ad offrire un’istruzione di maggiore qualità, un intento misurato scomponendolo in vari sottoindicatori.

36 gli indicatori Sdg attraverso cui vengono monitorati i progressi nel sistema educativo.

Questa attività di monitoraggio è molto importante per affrontare i temi della povertà educativa. L’aggiornamento annuale o anche semestrale da parte di Istat di questi indicatori consente una vista periodica non solo sullo stato dell’educazione, ma anche sulla sua equità e sulle opportunità offerte a ragazze e ragazzi dal sistema scolastico.

I “filoni” approfonditi attraverso i dati riguardano aspetti fondamentali, dall’accesso a tutti i livelli di istruzione alla qualità delle competenze acquisite, fino alla presenza di strutture scolastiche adeguate. Questi indicatori offrono anche una “misura” della riduzione delle disuguaglianze, siano esse di genere, sociali o di altro tipo.

Un bilancio complessivo

Complessivamente in molti degli indicatori relativi all’istruzione l’Italia ha mostrato un miglioramento negli ultimi 20 anni. Allo stesso tempo, come era emerso anche con altri aggiornamenti precedenti, in diversi campi restano distanze ampie con gli altri paesi europei.

Luci e ombre sul goal per un’istruzione di qualità: l’Italia è ancora agli ultimi posti in Europa per numero di laureati, tasso di abbandono e competenze.

Il merito del rapporto sugli obiettivi 2030, oltre all’aggiornamento periodico, è anche il rilascio degli indicatori conosciuti con disaggregazioni più approfondite. Per far emergere le differenze non solo in chiave regionale, ma anche rispetto ad altre variabili, come il genere, la cittadinanza e il tipo di percorso di studi intrapreso.

I divari nelle competenze

Un primo aspetto da monitorare è la differenza tra le competenze acquisite nelle diverse aree del paese. In altri termini: quanti ragazzi restano indietro negli apprendimenti? In quali materie? E con quali ricorrenze territoriali?

L’indicatore che meglio può rispondere a queste domande è la percentuale di studenti che non raggiungono un livello sufficiente di competenze. Tra i ragazzi della seconda superiore, in Italia il 33,5% non raggiunge un livello sufficiente di competenza alfabetica. Quota che sale al 41,6% per quelle numeriche.

Se disaggregati, questi dati offrono una vista sui divari educativi nel paese. In primo luogo rispetto all’area geografica di residenza, con il nord sotto la media, il centro in linea, e il mezzogiorno al di sopra.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Invalsi e Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

Queste differenze territoriali spiccano in modo ancora più marcato in chiave regionale. Le percentuali più alte di alunni con competenze insufficienti si rilevano in Calabria e in Sardegna. Sia su quelle numeriche (2/3 insufficienti), che su quelle alfabetiche, essendo le due regioni che sfondano quota 50% nell'anno scolastico 2017/18.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Invalsi e Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

I divari nei livelli di apprendimento non sono solo territoriali. Variano molto anche in base al genere e alla cittadinanza degli studenti.

Una percentuale più elevata di ragazze si situa sotto la sufficienza nelle competenze matematiche (41,7% contro 38,5%) mentre per la lettura la situazione si inverte, 38,3% dei ragazzi contro 30,4% delle ragazze.

Rispetto alla nazionalità, i minori stranieri di prima generazione tendono a raggiungere meno spesso la sufficienza, sia nelle competenze alfabetiche (56,9%), sia in quelle numeriche (58%). Dato che migliora per le seconde generazioni (rispettivamente 43% e 49%), pur senza arrivare al livello dei ragazzi autoctoni (31% di insufficienti nelle competenze alfabetiche, 40,3% in quelle numeriche.

Un altro elemento di forte variabilità è il tipo di percorso scolastico intrapreso dopo la terza media. Nei professionali la quota di ragazzi che non raggiunge un livello di competenze sufficiente supera ampiamente il 50%, sia in quelle alfabetiche che numeriche.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Invalsi e Istat
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

L'uscita precoce dal sistema di istruzione

Altra variabile cruciale è la partecipazione nei diversi livelli di istruzione. Uno degli aspetti più importanti da monitorare è la quota di ragazzi che lasciano gli studi prima del tempo. Nel presentare il rapporto Sdg per il 2019, Istat ha aggiornato i dati sull'abbandono scolastico precoce in Italia.

L'abbandono scolastico precoce riguarda i giovani che lasciano gli studi con la sola licenza media. Un fenomeno grave, sia per le sue cause più frequenti (disagio economico e sociale) sia per gli effetti a breve e lungo termine (difficoltà di trovare lavoro e aggravamento delle disuguaglianze). Vai a "Che cos’è l’abbandono scolastico"

In questo indicatore il nostro paese ha fatto progressi consistenti a partire dagli anni 2000. Nel 2004 il 23,1% dei giovani di età compresa tra 18 e 24 anni aveva lasciato la scuola prima di ottenere il diploma o una qualifica professionale di almeno 2 anni. Ridurre questa quota, portandola al di sotto del 10% nell'intera Ue, è anche uno degli obiettivi dell'agenda Europa 2020.

L'Italia ha raggiunto dal 2014 il proprio obiettivo nazionale (16%). Nell'ultimo triennio il trend discendente però sembra essersi interrotto. I primi dati relativi al 2018 indicano una percentuale di uscite precoci pari al 14,5% quasi un punto al di sopra del 13,8%, il minimo storico raggiunto nel 2016.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat Sdg 2019
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

Scendendo a livello regionale, le uscite precoci dal sistema di istruzione colpiscono soprattutto il mezzogiorno. In particolare Sardegna (23%), Sicilia (22,1%) e Calabria (20,3%). Subito al di sotto del 20%, si trovano Campania (18,5%) e Puglia (17,5%). Poco al di sopra della media nazionale la Valle d'Aosta (15,2%).

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat Sdg 2019
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

Tutte le altre regioni si collocano al di sotto della media italiana, che per il 2018 risulta pari al 14,5%. Le aree del paese dove gli abbandoni sono meno frequenti sono Umbria (8,4%), Abruzzo (8,8%), Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (entrambe all'8,9%) e Marche (10%).

5 le regioni dove gli abbandoni non superano il 10%.

Anche in questo caso, le disparità sugli abbandoni non vanno lette solo in chiave territoriale. Una prevalenza di uscite precoci si registra tra i ragazzi (20,2% contro il 14,3% delle ragazze) e tra i giovani di cittadinanza straniera. A fronte di un 14,9% di abbandoni tra i cittadini italiani, per gli stranieri questa percentuale raggiunge il 41,4%.

La dotazione tecnologica delle scuole

L'altro aspetto interessante raccolto dall'indagine per gli obiettivi 2030 è quello della dotazione delle scuole, in termini di strutture, laboratori e connessione delle aule. Questi dati purtroppo non hanno una disaggregazione territoriale, ma forniscono alcuni elementi sull'adeguamento tecnologico delle scuole statali.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat Sdg 2019
(ultimo aggiornamento: mercoledì 17 Aprile 2019)

In media nazionale, il rapporto è inferiore a 1 pc e tablet per ciascuna delle classi esistenti nelle scuole statali nell'anno scolastico 2015/16. Un dato che riguarda tutti i gradi di istruzione. Questi dispositivi sono relativamente più presenti nelle scuole superiori, mentre alle elementari il dato si attesta su 0,75 pc e 0,73 tablet per ogni classe.

8,8 il numero medio di pc nei laboratori delle scuole statali italiane.

Se si guarda ai soli laboratori, in questi spazi delle scuole statali si trovano in media 8,8 computer e 0,4 tablet.

Cosa serve ancora per monitorare il tema

Aver identificato alcuni indicatori internazionali con cui confrontare i diversi paesi e verificare lo stato del sistema d'istruzione sul medio-lungo periodo è stato un passo avanti fondamentale. La strategia 2030 va nella direzione di quanto raccomandato da Unicef alcuni anni fa: è difficile poter contrastare la povertà minorile e educativa senza un serio monitoraggio del fenomeno. Il limite attuale è la scarsa presenza e aggiornamento di dati a livello comunale (e subcomunale) sulla condizione dei minori. Ed è proprio questo il passaggio che in parte resta ancora da compiere, a maggior ragione in un paese caratterizzato da profonde differenze locali come l'Italia.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. La fonte dei dati è il rapporto Sdgs 2019, a cura di Istat.

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