L’istruzione dei genitori condiziona ancora il futuro dei figli #conibambini

Il titolo di studio dei genitori mantiene un’influenza sulle opportunità cui avranno accesso i minori, rendendo la povertà educativa di fatto ereditaria. Oltre un terzo dei figli di non diplomati attraversa una condizione di deprivazione, contro il 3% dei figli di laureati.

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Oltre un terzo dei figli di non diplomati vive una condizione di deprivazione. Se il livello di istruzione di almeno un genitore è il diploma, la quota scende a uno su dieci. Se è la laurea, crolla al 3%.

Pochi dati come questo, proveniente dall’indagine Istat sulla condizione dei minori, rendono emblematica l’ingiustizia di una situazione di partenza ancora estremamente influenzata dalla condizione sociale ed educativa dei genitori.

Abbiamo approfondito come questo legame tra istruzione dei genitori e prospettive dei figli resti ancora molto forte in Italia. Un fenomeno che, per il suo impatto di lungo periodo, deve essere ricostruito anche in chiave territoriale per poter intervenire.

Il 33,9% dei minori di 16 anni con genitori che hanno al massimo la licenza media affronta una condizione di deprivazione sociale e materiale: oltre 10 volte in più rispetto ai coetanei con almeno un genitore laureato (3%).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: mercoledì 6 Dicembre 2023)

Ma è ancora più preoccupante osservare che questa tendenza sembra essersi rafforzata dopo il Covid. Rispetto a prima della pandemia, l’incidenza di bambini e ragazzi deprivati tra i figli di non diplomati è aumentata di quasi 5 punti percentuali. Era infatti inferiore al 30% nel 2017; mentre resta stabile tra i figli dei diplomati: da 11,2% del pre-Covid a 10,4% nel 2021.

L’impatto intergenerazionale dell’istruzione

I dati appena visti indicano quanto ancora oggi una bassa istruzione possa essere correlata a una peggiore condizione economica e sociale. In concreto, ciò significa che – fin dai primi anni di vita – un bambino che nasce in una famiglia con minore istruzione affronterà con maggiore probabilità dei coetanei una situazione di deprivazione materiale.

Una deprivazione che spesso condiziona anche gli esiti educativi, se la famiglia ha poche opportunità economiche, sociali, culturali da offrire ai propri figli. Ciò è purtroppo reso evidente dalla tendenza per cui più è basso il titolo di studio dei genitori, più è probabile un insuccesso formativo.

215 il punteggio Invalsi in italiano ottenuto dagli studenti di terza media di condizione socio-economica-culturale alta. Oltre 30 in più dei coetanei di famiglie svantaggiate (183,7).

Come conseguenza, la probabilità di proseguire negli studi dipende dalla condizione di partenza della famiglia. Le analisi svolte nei mesi scorsi dai ricercatori di Inapp, l’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, hanno evidenziato come anche la probabilità di laurearsi sia maggiore se i genitori sono laureati.

12% la probabilità di laurearsi se i genitori hanno la licenza media. Tra i figli dei laureati è il 75%.

In questo circolo vizioso, si rafforzano le disparità di partenza, tramandandosi di generazione in generazione. Rompere questo ciclo, noto in letteratura come trappola della povertà educativa, è tutt’altro che semplice. La persistenza intergenerazionale della condizione sociale è un fenomeno che, come ricostruito da alcuni studi sperimentali, può avere radici anche di lunghissimo periodo, quando non plurisecolari.

Per spezzare questo legame è necessario che tutte le bambine e i bambini abbiano accesso a un’istruzione di qualità, qualunque sia la condizione della famiglia. In parallelo, proprio per sopperire e colmare i limiti posti dalla condizione di partenza, serve investire sul rafforzamento della comunità educante che vive intorno alla scuola. Parliamo dell’insieme di persone, associazioni e istituzioni che sul territorio offrono opportunità culturali, sportive, sociali, educative. Con l’obiettivo di garantirle a tutti, a prescindere dall’origine sociale.

Come varia il livello di istruzione in Italia, comune per comune

La condizione socio-educativa varia molto sul territorio nazionale. Per questa ragione, è necessario mappare i bisogni per poter direzionare gli interventi che possono rompere questo circolo vizioso.

Alla luce dell’influenza del titolo di studio dei genitori sulle prospettive dei figli, un punto di vista molto utile è offerto dalla quota di adulti che hanno un livello di istruzione pari almeno al diploma.

In Italia quasi 3 residenti su 4 hanno il diploma o la laurea, tra 25 e 49 anni. Questa quota nel paese oscilla tra l’83,2% del Trentino-Alto Adige e il 64,8% della Sicilia. La percentuale è vicina all’80% anche nel Lazio (79,9%), Friuli-Venezia Giulia (79,8%), Umbria (79,6%) e Abruzzo (78,6%).

73,6% i 25-49enni con almeno il diploma nel 2021.

Oltre alla Sicilia (64,8%), agli ultimi posti si collocano l’altra isola (Sardegna, 65,9%) e due regioni del mezzogiorno: Puglia (67,6%) e Campania (67,8%).

Tra i capoluoghi, spicca il dato di Siena dove quasi il 90% dei residenti tra 25 e 49 anni ha il diploma o la laurea. Sopra quota 85% anche L’Aquila e Trento. Sono invece soprattutto le città del mezzogiorno ad attestarsi agli ultimi posti per quota di diplomati o laureati. Tra i 20 capoluoghi con minore istruzione, 16 si trovano nell’Italia meridionale.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente)
(consultati: martedì 13 Febbraio 2024)

Andria, attestandosi al 54,7% nella fascia d’età considerata, è l’unico capoluogo dove non si raggiunge il 60%. Poco sopra tale soglia comunque anche Catania (60,5%), Prato (61,7%), Napoli (62,7%) e Palermo (63,6%).

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi all’incidenza di diplomati (o titolo superiore) nel comune sono stati elaborati incrociando informazioni di fonte Istat (demo.istat e censimento permanente).

Foto: sofatutor (Unsplash)Licenza

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