L’importanza dei congedi parentali per le famiglie italiane #conibambini

Cresce il ricorso ai congedi da parte dei padri, anche se tra i richiedenti gli uomini restano minoranza. Uno strumento su cui è intervenuta anche l’ultima legge di bilancio e dal cui potenziamento passa una miglior distribuzione dei carichi familiari e il diritto alla paternità.

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I congedi parentali, insieme a quelli di paternità e di maternità, sono strumenti essenziali per la vita delle famiglie. In un paese che affronta da diversi anni un declino delle nascite, garantire ai genitori la possibilità di conciliare meglio la propria vita familiare con quella lavorativa è cruciale.

399.431 nuovi bambini iscritti in anagrafe nel 2021. In base ai dati rilasciati ieri da Istat, per la prima volta nella storia d’Italia le nascite sono scese sotto quota 400mila.

Il valore dei congedi per i padri

Per molto tempo questo tipo di strumenti sono stati rivolti esclusivamente alle donne, nella vecchia concezione che la cura dei figli spettasse principalmente – se non, di fatto, esclusivamente – alle madri.

La cura del bambino è una responsabilità condivisa di entrambi i genitori.

Si tratta di una visione che, per una serie di motivi, è non solo ingiusta ma anche deleteria nelle sue conseguenze. Sbilanciare i carichi di lavoro familiare solo sulle donne significa infatti ostacolare, se non rendere impossibile, la loro autorealizzazione e indipendenza sul piano lavorativo, economico e sociale e, di conseguenza, anche il loro contributo allo sviluppo del paese. Un problema particolarmente impattante in Italia, da diversi anni alle prese con una bassa occupazione femminile e con le conseguenze del calo demografico.

In confronto a molti paesi Ocse, in Italia le donne hanno piú difficoltá a conciliare lavoro e famiglia. Spesso esse si trovano a dover compiere una scelta tra avere un lavoro ed avere dei figli; il risultato è che sia il tasso di natalitá sia il tasso di occupazione femminile sono bassi (…)

Carichi familiari paritari sono nell’interesse di tutti, anche del diritto alla genitorialità dei padri.

Anche i padri, in una certa misura, subiscono questo tipo di impostazione, che di fatto spesso li vincola a vivere una genitorialità ridotta rispetto alle madri. Al contrario, come emerge da numerose analisi sui paesi europei e Ocse, i padri che prendono i congedi sono spesso più presenti nella vita del bambino e più portati a svolgere compiti di cura (cfr. Unicef, Ingenere, Anpal). Con ricadute positive sia sulla parità nella vita familiare, sia sullo stesso sviluppo del minore.

Laddove i padri partecipano maggiormente alla cura dei figli e alla vita familiare, i bambini hanno risultati cognitivi ed emotivi più elevati, e in migliore salute fisica. E i padri che si impegnano di più con i loro figli tendono a riportare una maggiore soddisfazione personale e una migliore salute fisica e mentale, rispetto a chi si occupa meno e interagisce meno con i propri figli.

Purtroppo, come è emerso durante la pandemia, a fronte anche di ricerche promosse dalle Nazioni unite, il lavoro di cura dei figli resta ancora oggi un compito prevalentemente femminile in gran parte dei paesi analizzati.

30,9 ore alla settimana dedicate dalle donne italiane alla cura dei figli in seguito alla pandemia. Per gli uomini il dato scende a 24,8 ore settimanali.

Una questione che si pone fin dai primi giorni di vita del bambino. Approfondiamo meglio il quadro dei congedi rivolti ai genitori nel nostro paese, e il loro utilizzo da parte dei padri rispetto alle madri.

Come funzionano i congedi in Italia

In Italia – come in diversi altri paesi Ocse – il sistema è articolato su una serie di congedi indennizzati, tra cui quelli di maternità, di paternità e quelli parentali.

Il primo è il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto alle lavoratrici dipendenti durante e a seguito della gravidanza (Inps). In particolari situazioni che impediscono alla madre di beneficiarne, come grave infermità, morte, abbandono del figlio o affidamento esclusivo al padre, può essere usufruito da quest’ultimo come congedo di paternità. Durante i periodi di assenza dal lavoro, il genitore ha diritto di percepire un’indennità pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera.

80% la retribuzione media giornaliera riconosciuta durante i congedi di maternità/paternità.

I “congedi papà” sono stati stabilizzati con la legge di bilancio 2022.

Accanto a questo meccanismo consolidato, ma che salvo casi eccezionali non è rivolto agli uomini, dal 2012 come sperimentazione sono stati introdotti per i padri il congedo obbligatorio e il congedo facoltativo. Strumenti che con l’ultima legge di bilancio sono stati resi strutturali nell’ordinamento. Entrambi danno diritto al 100% della retribuzione, a carico dell’Inps, con delle differenze sostanziali.

Il congedo obbligatorio attualmente ha una durata di 10 giorni, ed è fruibile dal padre lavoratore dipendente entro i primi 5 mesi di vita del bambino, anche in modo non continuativo. È un diritto autonomo che si aggiunge – e non sostituisce – quello spettante alla madre.

I dati di confronto tra i paesi Ocse si riferiscono alle previsioni in vigore ad aprile 2020.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: domenica 31 Ottobre 2021)

10 i giorni di congedo obbligatorio per i padri dipendenti in Italia.

Il congedo facoltativo - sempre nei primi 5 mesi di vita del figlio - consiste in un giorno aggiuntivo di astensione dal lavoro per il padre. In questo caso il diritto è condizionato alla rinuncia della madre a un giorno di congedo di maternità.

Per gli anni 2018, 2019, 2020 e dall'anno 2021 il padre lavoratore dipendente può astenersi per un periodo ulteriore di un giorno previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest'ultima.

Nati come sperimentali, la legge di bilancio per il 2022 li ha stabilizzati nel nostro ordinamento. Un percorso avvenuto tutto nell'ultimo decennio. In particolare i congedi obbligatori, dapprima introdotti con una sperimentazione di un giorno con la legge 92/2012, sono stati progressivamente estesi agli attuali 10.

10 anni dall'introduzione sperimentale dei congedi obbligatori per il padre nel nostro ordinamento.

I congedi parentali

Meritano un approfondimento a parte i congedi parentali. Previsti con il decreto legislativo 151/2001, ne è stata successivamente estesa la portata nel 2015.

Consistono nel diritto a 10 mesi di astensione dal lavoro da ripartire tra i due genitori e possono essere utilizzati nei primi 12 anni di vita del bambino. Spettano sia al padre che alla madre che lavorano, che ne possono usufruire per periodi continuativi o frazionati, anche contemporaneamente.

Con alcune differenze. La madre ha diritto di usufruire fino a 6 mesi di astensione dal lavoro (tutti e 10 se è l'unico genitore), una volta terminato il periodo di astensione obbligatoria della maternità. Anche il limite di fruizione del padre è stabilito in 6 mesi, ma se esercita il diritto per almeno 3 mesi il limite si estende a 7, portando a 11 mesi la durata complessiva dei congedi parentali.

30% l'indennità spettante nei primi 6 anni di vita del bambino.

Con la pandemia, sono stati previsti specifici congedi parentali per far fronte all'emergenza. Ad esempio in presenza di figli conviventi con meno di 14 anni affetti da Covid, in quarantena, in Dad o in generale per la cura di figli con disabilità in situazione di gravità accertata (senza limiti di età in questo caso).

Cresce il ricorso ai congedi dei padri, ma sono ancora minoranza

Alla luce di questo quadro normativo, è interessante osservare quanto incida tra i padri il ricorso ai congedi di paternità e a quelli parentali.

Tra i lavoratori dipendenti del settore privato, i beneficiari uomini del congedo obbligatorio sono passati dai 94.498 del 2016 ai circa 135mila del 2020. Da notare che questi dati non comprendono solo i congedi obbligatori introdotti come sperimentazione dalla legge 92/2012, ma anche quelli del decreto legislativo 151/2001.

Si tratta dei congedi di paternità previsti per casi particolari di cui abbiamo accennato in precedenza (grave infermità o morte della madre, abbandono del figlio, affidamento esclusivo al padre). Questi - come riportato da Inps - purtroppo non sono distinti nella raccolta dati.

I dati riguardano i congedi di paternità dei lavoratori dipendenti del settore privato.

I dati sui congedi obbligatori comprendono sia i congedi obbligatori introdotti come sperimentazione dalla legge 92/2012, sia quelli già previsti dal decreto legislativo 151/2001. Questi ultimi sono i congedi di paternità previsti per casi particolari (grave infermità o morte della madre, abbandono del figlio, affidamento esclusivo al padre), che – come riportato da Inps – purtroppo non sono distinti nella raccolta dati.

I dati sui congedi facoltativi per il 2017 si riferiscono alle sole nascite del 2016, dal momento che la legge finanziaria per il 2017 aveva confermato per quell’anno il congedo obbligatorio ma non quello facoltativo.

Le informazioni relative al 2020 sono provvisorie, essendo state elaborate da Inps nel maggio 2021.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Inps
(ultimo aggiornamento: lunedì 12 Luglio 2021)

I beneficiari dei congedi di paternità facoltativi tra i dipendenti del settore privato sono stati tra 3 e 4mila nell'ultimo biennio rilevato, un numero in calo rispetto a quanto registrato nel 2016.

79,5% degli utilizzatori dei congedi parentali tra 2017 e 2020 sono state donne.

Del resto, i dati sui congedi parentali mostrano come la quota di richiedenti resti ancora ampiamente maggioritaria tra le donne. In media, negli anni tra 2017 e 2020, la quota di beneficiari uomini tra i dipendenti del settore privato è stata pari al 20,5%. Tuttavia, è interessante rilevare la crescita costante nel periodo considerato.

I dati relativi al 2020 sono provvisori e includono anche i congedi parentali istituiti per il Covid-19.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Inps
(ultimo aggiornamento: lunedì 12 Luglio 2021)

Nel 2017, gli uomini erano il 18,8% dei beneficiari dei congedi parentali tra i lavoratori dipendenti del privato. Negli anni successivi, la percentuale è cresciuta fino a superare il 20%.

Si tratta certamente di una quota ancora minoritaria. Ma che allo stesso tempo indica come la strada verso una maggiore parità nella responsabilità genitoriale sia segnata. In questo senso, una delle sfide dei prossimi anni sarà incoraggiarla con l'ulteriore estensione di questi strumenti.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati utilizzati sui congedi nel confronto internazionale sono di fonte Ocse, quelli sull'andamento in Italia sono di fonte Inps.

Foto: Kelli McClintock (Unsplash) - Licenza

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