L’Europa chiude i confini a sud-est Migranti

L’Unione europea mette ingenti risorse a disposizione dei paesi balcanici, molti dei quali candidati per l’adesione, per difendere le proprie frontiere esterne sud-orientali. L’unica strategia implementata è la militarizzazione dei confini.

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Complice la vicenda legata allo sbarco dei migranti a bordo della Ocean Viking, nelle ultime settimane è tornato alla ribalta il tema migratorio, sia in Italia che in Europa. Se ne è parlato il 25 novembre al consiglio dell’Unione e di nuovo l’8 dicembre. Particolare attenzione è stata rivolta alla cosiddetta rotta balcanica, caratterizzata da un marcato aumento dei tentativi di ingresso, per la quale l’Europa ha appena elaborato un nuovo piano d’azione.

I richiedenti asilo intrappolati ai confini dell’Europa

Si parla di aumento dei tentativi di ingresso, ma cosa significa esattamente? Non tanto che un maggior numero di persone percorrono questa rotta migratoria, che collega l’Asia centrale e meridionale con i confini sud-orientali dell’Europa, quanto più che si rilevano più tentativi di attraversamento dei confini. Tentativi che Frontex, l’agenzia europea di guardia di frontiera e costiera, reputa “illegali”, nonostante richiedere l’asilo sia un diritto fondamentale.

+159% i tentativi di ingresso in Ue tramite la rotta balcanica nell’ottobre 2022 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, secondo Frontex.

I dati si riferiscono ai tentativi di attraversamento rilevati dalla guardia di frontiera e costiera, e non corrispondono agli arrivi in quanto una stessa persona può tentare di attraversare il confine più volte. Per il 2022 sono considerati i dati relativi ai primi 10 mesi dell’anno. La rotta dell’Africa occidentale è quella che passa per le isole Canarie dall’ovest del continente africano, mentre con “confini orientali” Frontex intende gli arrivi dai paesi baltici e dalla Polonia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Frontex
(pubblicati: lunedì 14 Novembre 2022)

A ottobre del 2022 sono stati più di 22mila i tentativi di attraversamento registrati da Frontex lungo la rotta balcanica. Il 172% in più rispetto al mediterraneo centrale, la seconda rotta per numero di rilevamenti, e una cifra superiore al totale di tutte le altre rotte, cumulativamente.

Anche nel bilancio annuale è lungo i Balcani che si registra il numero più elevato di tentativi di attraversamento: oltre 128mila.

Queste cifre non corrispondono però al numero di arrivi, in quanto una stessa persona può tentare più volte di attraversare un confine. Oppure un tentativo può non essere intercettato dalla guardia di frontiera. Si tratta piuttosto di respingimenti, ovvero casi di allontanamento spesso anche violento dei richiedenti asilo dal confine, per impedire loro di raggiungere l’Europa.

Push-backs are coercive practices implemented by public order authorities against foreigners who attempt to enter the territory of a State without having first obtained permission […].

Come abbiamo raccontato in un altro recente approfondimento, tali respingimenti sono ampiamente considerati illegali. E sempre più frequenti, visto che l’intero confine dell’Europa orientale, da nord a sud, è ormai costituito da muri.

A oggi non esistono numeri precisi sugli arrivi via terra. Una mancanza di trasparenza colmata solo il parte dalle stime dell’alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), secondo il quale nel 2022 sarebbero transitate nei Balcani occidentali 26.532 persone. Di queste, pochissime sono effettivamente riuscite a presentare una domanda di asilo.

1.127 le richieste di asilo inoltrate nei paesi balcanici in tutto il 2022, secondo l’Unhcr.

Inoltre, una certa confusione rispetto alle reali cifre sugli attraversamenti della rotta emerge anche se si confrontano i su citati di Frontex con quelli forniti dalla polizia ungherese, di cui ci siamo occupati in uno speciale sul paese lo scorso settembre. Secondo le forze dell’ordine ungheresi, infatti, sarebbero stati oltre 132mila i respingimenti solo sulle proprie frontiere con la Croazia e con la Serbia, e solo tra gennaio e luglio di quest’anno. Si tratta di cifre di molto superiori a quelle fornite da Frontex, in relazione peraltro a tutti i Balcani occidentali.

I dati si riferiscono ai migranti che si trovano nei paesi balcanici (Albania, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Kosovo e Macedonia del nord). Sono esclusi i rifugiati ucraini, trattati dall’Unhcr a parte. Le “persone a rischio” sono richiedenti asilo ospitati in centri di accoglienza governativi o diretti dall’Oim (l’organizzazione internazionale per le migrazioni, delle Nazioni unite), o persone cui è stata accordata la protezione internazionale. O ancora persone che transitano solamente per i centri di accoglienza.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Unhcr
(pubblicati: martedì 1 Novembre 2022)

Nel 2022 rispetto al 2021 il numero di richiedenti asilo presenti nei paesi dei Balcani occidentali è andato gradualmente diminuendo, per poi riprendere a crescere da aprile in poi. A settembre 2022, l’ultimo dato disponibile, erano 11.505 i migranti registrati, leggermente di più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (10.756). Di questi, la maggior parte si trovava in Serbia (il 62%) e in Bosnia Erzegovina (il 32%). Nel 38% dei casi si trattava di afghani, nel 17% di siriani. Quasi 400 erano minori non accompagnati.

Anche se questi dati sono considerabili alla stregua di “nuovi arrivi”, come indica la stessa Unhcr, vanno considerati esclusivamente mese per mese, non a livello annuale, perché la stessa persona può essere registrata più volte, in più momenti diversi.

Le risorse europee per fermare i migranti nei Balcani

Lo scorso 25 ottobre la commissione europea ha redatto una raccomandazione sull’aumento delle risorse da destinare ai paesi dei Balcani occidentali per arginare i flussi migratori verso il continente. In tale contesto, ha adottato anche un nuovo pacchetto di assistenza di importo pari a 39,2 milioni di euro.

Ma dal 2021, nell’ambito dell’Ipa III (acronimo inglese di instrument of pre-accession assistance, ovvero lo strumento di assistenza preadesione per i paesi che vogliono entrare nell’Unione europea) le cifre sono molto più elevate.

€ 201,7 mln i contributi dell’Ue al controllo dei confini e gestione dei flussi migratori nei Balcani occidentali tra 2021 e il 25 novembre 2022.

L’obiettivo generale dell’Ipa è sostenere i paesi beneficiari nell’adozione e nell’attuazione delle riforme politiche, istituzionali, giuridiche, amministrative, sociali ed economiche necessarie affinché tali beneficiari rispettino i valori dell’Unione e si allineino progressivamente alle sue norme, standard, politiche e prassi, in vista dell’adesione futura.

The general objective of the IPA III instrument is to support the beneficiaries in adopting and implementing the political, institutional, legal, administrative, social and economic reforms required by those beneficiaries to comply with Union values and to progressively align to Union rules, standards, policies and practices with a view to Union membership, thereby contributing to their stability, security and prosperity.

Si tratta in poche parole di soldi che servirebbero ad allineare i paesi candidati con il resto dell’Ue, in vista della loro adesione.

Uno degli obiettivi specifici è sostenere la coesione territoriale e la cooperazione transfrontaliera attraverso le frontiere terrestri e marittime, compresa la cooperazione transnazionale e interregionale. Tra le priorità tematiche rientra anche “rafforzare le capacità di affrontare le sfide migratorie a livello regionale e internazionale”.

Le azioni di cooperazione territoriale e transfrontaliera ammontano nel complesso al 3,51% del budget totale. Ed è previsto un loro graduale aumento negli anni: dai 65 milioni del 2021 ai 73 del 2027. Per raggiungere un totale di 485 milioni nell’arco dei 7 anni.

Un modo insomma per subordinare l’adesione all’Unione all’impegno nel difendere un’Europa che è sempre più simile a una fortezza. Delegando il lavoro ad altri, come si fa già con la Libia nel caso della rotta del mediterraneo centrale e con la Turchia per quello orientale. Ma finanziando, dietro le quinte, una crescente militarizzazione delle frontiere.

Foto: un migrante a Bihać, confine bosniaco-croato (Mattia Fonzi)

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