L’emergenza in Emilia-Romagna e la nomina del commissario del governo Mappe del potere

Con l’alluvione in Emilia-Romagna e la dichiarazione dello stato di emergenza i più immaginavano che il governo avrebbe nominato commissario il presidente della regione Stefano Bonaccini. Dopo pochi giorni si è capito però che il governo aveva altri piani.

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A due mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza in Emilia-Romagna seguita alle eccezionali condizioni meteorologiche che hanno colpito il territorio, è stato finalmente annunciato chi sarà il commissario che si occuperà della ricostruzione.

Nella riunione del consiglio dei ministri del 27 giugno infatti il governo ha stabilito di attribuire quel ruolo al generale Francesco Paolo Figliuolo. Per la nomina vera e propria tuttavia bisognerà attendere il decreto con cui, tra le altre cose, saranno assegnati i fondi per la ricostruzione.

Come è noto il generale Figliuolo è stato il secondo commissario straordinario del governo per l’emergenza Covid-19, in sostituzione di Domenico Arcuri. Una scelta compiuta dell’allora governo Draghi, un esecutivo di grande coalizione che non vedeva però tra i partiti di governo Fratelli d’Italia. Ovvero la forza politica che oggi esprime la presidente del consiglio e che in quella fase si era mostrata molto critica verso la campagna vaccinale gestita dal generale.

Questa decisione ha scatenato un acceso dibattito con critiche che sono arrivate, oltre che dai partiti di opposizione, anche da presidenti di regione di centro destra. Ci si attendeva infatti che in un’occasione come questa il ruolo di commissario fosse assegnato a Stefano Bonaccini (Partito democratico) in quanto presidente della regione più colpita.

La cosa più logica è che sia Bonaccini a occuparsene. Ci sono esempi, d’altra parte, che corroborano questa tesi.

I commissari del capo della protezione civile

In occasione di eventi calamitosi per cui il governo decide di dichiarare lo stato di emergenza la protezione civile assume un ruolo centrale, che esercita emanando specifiche ordinanze.

In questa situazione il capo della protezione civile può decidere di nominare uno o più commissari delegati all’emergenza (codice della protezione civile, art. 25 comma 7).

Nella maggior parte dei casi, fortunatamente, la dichiarazione dello stato di emergenza riguarda un territorio specifico. Per questo, di solito, il capo della protezione civile nomina commissario il presidente della regione o un dirigente della pubblica amministrazione locale.

FONTE: elaborazione openpolis su dati protezione civile
(ultimo aggiornamento: lunedì 27 Marzo 2023)

La ratio di questa prassi è piuttosto semplice. Che si tratti di soggetti politici o di dirigenti amministrativi, sono queste le figure che conoscono meglio il territorio, le sue problematiche e le norme che lo regolano.

È bene precisare però che in alcune se pur rare occasioni non è stato nominato alcun commissario per la gestione dell’emergenza. E questo è proprio il caso della recente alluvione in Emilia-Romagna. Ciò non toglie però che un commissario del governo possa essere nominato in seguito.

I commissari del governo

Che il capo della protezione civile abbia nominato o meno un commissario per gestire le prime fasi dell’emergenza, successivamente il consiglio dei ministri può comunque nominarne un’altro, con funzioni e compiti diversi di solito precisati da norme stabilite ad hoc (L.400/1988, art.11).

Nel caso dell’emergenza Covid-19 ad esempio, l’allora capo della protezione civile Borrelli aveva inizialmente nominato commissario straordinario il segretario generale del ministero della salute (oltre che tutti i presidenti di regione). Tuttavia, con l’approvazione del decreto legge 18/2020, il ruolo di commissario straordinario è stato attribuito prima Domenico Arcuri e poi il generale Figliuolo.

Per questo tipo di commissariamenti non esistono dati sistematizzati. È difficile quindi dire in che misura e in quali casi il governo abbia deciso in precedenza di nominare un commissario nazionale anche quando la crisi aveva portata locale. Comunque è già accaduto in precedenza. Come ad esempio nel caso del sisma del 2016, quando il ruolo fu affidato a Vasco Errani, ex presidente dell’Emilia-Romagna, regione che in quel caso non era coinvolta negli eventi calamitosi.

Certo si potrebbe obiettare che in quel caso il terremoto aveva coinvolto più regioni (Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo). Lo stato di emergenza per le recenti alluvioni invece ha riguardato quasi esclusivamente l’Emilia-Romagna. E in effetti, quando questo stesso territorio, nel 2012, si è confrontato con lo stato di emergenza seguito al sisma, l’allora governo Monti assegnò la gestione dell’emergenza proprio al presidente della regione (allora Vasco Errani) confermandogli poi il ruolo anche nelle fasi successive (prima a Errani e poi al nuovo presidente Bonaccini).

La struttura commissariale

Nondimeno il governo sembra aver scelto di motivare la sua decisione proprio in considerazione del fatto che gli interventi di ricostruzione riguarderanno più regioni. Certo è vero che dopo la dichiarazione dello stato di emergenza in Emilia-Romagna ne sono seguite altre 2 riguardanti alcuni territori fuori dalla regione. Si tratta però solo di pochi comuni della Toscana (4) e delle Marche (7), tutti confinanti con l’Emilia-Romagna.

Ad ogni modo, stando a quanto annunciato nel comunicato stampa del consiglio dei ministri (Cdm), i presidenti di regione saranno in qualche misura coinvolti. Il decreto approvato in Cdm infatti dovrebbe prevedere l’istituzione di una cabina di regia composta:

  • dal commissario straordinario, che la presiede (ovvero il generale Figliuolo);
  • dal capo del dipartimento casa Italia (presidenza del consiglio);
  • dal capo del dipartimento della protezione civile (presidenza del consiglio);
  • dai presidenti delle regioni Emilia-Romagna, Toscana e Marche;
  • dal sindaco metropolitano;
  • da un rappresentante delle province coinvolte;
  • da un rappresentante dei comuni coinvolti.

le funzioni di quest’organo saranno certamente meglio chiarite nel testo del decreto. Al momento tuttavia risulta che si tratti principalmente di un organo di monitoraggio e di raccordo tra le funzioni commissariali e quelle ordinarie, gestite quindi dagli organi politici e amministrativi dei territori coinvolti.

È invece al commissario che sono attribuiti i poteri chiave, tra cui la programmazione delle risorse finanziarie, la gestisce la contabilità speciale e il coordinamento degli interventi di ricostruzione, di ripristino e di riparazione.

Nel corso della conferenza stampa poi, il ministro della protezione civile Nello Musumeci ha affermato che i presidenti di regione riceveranno il ruolo di sub-commissari, ma nel comunicato stampa non si fa menzione di questo. Qui infatti è indicata la possibilità che il commissario nomini dei soggetti attuatori, ma solo per un aspetto molto specifico, ovvero la ricostruzione degli edifici pubblici danneggiati.

D’altronde lo stesso Bonaccini si è detto molto scontento della situazione, pur manifestando la propria stima per la figura di Fiugliuolo con cui ha avuto modo di lavorare negli scorsi anni in qualità di presidente dell’Emilia-Romagna nonché di presidente della conferenza delle regioni.

Debbo confessare che mai come in questi due mesi ho visto confondere il piano istituzionale con quello di partito. Glielo dice uno che da commissario alla ricostruzione post-sisma si è dovuto confrontare con sette governi differenti, di diverso coloro politico.

Nei prossimi mesi comunque sarà importante analizzare gli atti legislativi che verrano pubblicati in materia. Il governo infatti sembra voler fare di questo caso un precedente non solo da un punto di vista operativo ma anche normativo. L’esecutivo quindi non si limiterà a definire le regole per affrontare la situazione attuale stabilendo invece, con un apposito disegno di legge, una nuova disciplina chiamata “stato di ricostruzione”. Ovvero una particolare condizione giuridica che potrà essere dichiarata dal consiglio dei ministri successivamente alla conclusione dello “stato di emergenza”. Quello dell’Emilia-Romagna quindi potrebbe essere il primo caso di un nuovo modello che, se verrà effettivamente approvato in questi termini, potrà essere valutato a pieno nel corso dei prossimi anni.

Foto: presidenza del consiglio

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