Le distanze che restano da colmare nell’offerta di asili nido #conibambini

Sono essenzialmente due i divari che incidono sull’attuale offerta del servizio nido: il gap tra nord e sud e quello tra città e aree interne. Aumentano i territori sopra la soglia del 33%, ma quasi 6 province su 10 non raggiungono quella del 75% di comuni con il servizio.

|

Partner

Alla fine dello scorso anno, a vent’anni dall’introduzione degli obiettivi europei di Barcellona, una raccomandazione del consiglio dell’Unione europea ha aggiornato i target che gli stati membri devono porsi sull’offerta di asili nido e servizi per l’infanzia.

La principale novità è l’innalzamento dal 33% al 45% di bambini fino a 3 anni che dovrebbero poter accedere a sistemi di educazione e cura per la prima infanzia.

Anche se si tratta di una raccomandazione, commisurata alla situazione di partenza di ciascuno stato, fissa un nuovo orizzonte con cui confrontarsi. Non solo in termini quantitativi. Come osservato dall’Alleanza per l’infanzia e dalla rete dei soggetti che si occupano del tema, l’approccio della nuova raccomandazione è molto più articolato rispetto al precedente obiettivo, che era funzionale solo a incentivare l’occupazione femminile. Oggi la priorità è anche migliorare qualità e inclusività del servizio, per sviluppare le potenzialità di tutti i bambini e contrastare le disuguaglianze di accesso.

Allo stesso tempo, anche in termini quantitativi i nuovi obiettivi sono molto sfidanti. Specialmente per un paese che – pur in un percorso di crescita negli ultimi anni – resta ancora a quasi 6 punti dall’obiettivo precedente (33%), originariamente stabilito per il 2010.

Gli ultimi dati indicano che nel 2020, seguendo una tendenza in corso da alcuni anni, è proseguito il lento e graduale avvicinamento dell’Italia all’originario obiettivo europeo sugli asili nido.

Gli obiettivi europei di Barcellona riguardano la diffusione di asili nido, servizi e scuole per l’infanzia. Questi devono essere offerti almeno al 33% dei bimbi sotto i 3 anni e al 90% dei bambini tra 3 e 5 anni. Dopo l’emergenza Covid i target sono stati aggiornati rispettivamente al 45% e al 96%. Vai a “Che cosa prevedono gli obiettivi di Barcellona sugli asili nido”

Nel 2013, primo anno per cui sono disponibili i dati, erano 22,5 i posti ogni 100 bambini con meno di 3 anni. A distanza di 7 anni il rapporto è salito al 27,2%. Una crescita di quasi 5 punti, in parte attribuibile anche al calo del numero di nascite nel nostro paese. Se nel 2013 i bambini tra 0 e 2 anni erano oltre 1,6 milioni, oggi sono meno di 1,3.

Nell’ultimo decennio l’offerta di asili nido e servizi prima infanzia in relazione alla presenza di bambini è aumentata in modo generalizzato. Tuttavia permangono le 2 fratture storiche: quella tra centro-nord e mezzogiorno e quella tra città e aree interne.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 14 Luglio 2022)

Per colmarle, nel corso degli ultimi vent’anni sono stati formulati una serie di obiettivi, entrati a far parte anche della normativa nazionale. Approfondiamo la misura del divario attuale e il progressivo rispetto dei target nei diversi territori del nostro paese.

Le due fratture che restano nell’offerta del servizio

Bastano pochi dati per tratteggiare la prima spaccatura, lungo la faglia nord-sud. Sono 6 le regioni superano la soglia del 33%, e si trovano tutte nell’Italia centro-settentrionale: Umbria, con 44 posti ogni 100 bambini 0-2 anni, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta con una quota superiore al 40%, e poi Toscana, Lazio e Friuli-Venezia Giulia.

Ciò non significa che anche territori del mezzogiorno non abbiano visto un miglioramento negli ultimi anni, come abbiamo avuto modo di ricostruire nel recente rapporto sul Pnrr e la povertà educativa. Su tutti, si può segnalare la crescita della Campania, che in termini assoluti è passata da circa 10mila posti offerti nel 2013 a oltre 15.500 nel 2020. Cioè da appena 6,2 a 11 posti ogni 100 bambini residenti. Basilicata e Puglia, pur con incrementi in termini assoluti meno consistenti, sono passate rispettivamente da 12,9 a 21,5 e da 12,1 a 19,6 posti ogni 100 bambini.

3 le regioni in cui è presente poco più di un posto ogni 10 bambini: Sicilia, Calabria e Campania.

Tuttavia, con l’eccezione della Sardegna, nessuna regione del mezzogiorno ha superato la media nazionale, ancora nel 2020. E nonostante la crescita significativa appena rilevata per la Campania, l’offerta in 3 regioni (Campania, Calabria e Sicilia) si attesta poco sopra la soglia dei 10 posti ogni 100 bambini. Per le ultime 2 citate l’incremento rispetto al 2013 è stato poco superiore al punto percentuale.

Rispetto alla classificazione per aree interne, i comuni polo – le città baricentriche in termini di servizi – raggiungono la soglia del 33%, in media. Quelli di cintura (le aree urbane hinterland dei poli) si attestano attorno al 25%. I comuni periferici e ultraperiferici non raggiungono il 20%. Nei primi, il rapporto è di 19,8 posti ogni 100 bambini. Nei secondi, di 14,7.

19 posti ogni 100 bambini in media nei comuni periferici e ultraperiferci.

Come stanno andando gli obiettivi del 33% e del 75%

Per estendere l’offerta di asili nido, come anticipato, sono stati stabiliti una serie di obiettivi, successivamente entrati anche a far parte anche della normativa nazionale.

Parliamo di quello, più noto, di raggiungere un’offerta di almeno 33 posti nei servizi prima infanzia ogni 100 bambini con meno di 3 anni. Questo target, recentemente aggiornato dal consiglio dell’Ue, era stato formulato nel 2002 per poi essere fissato nell’ordinamento interno con il decreto legislativo 65/2017.

(…) l’obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33 per cento di copertura della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale;

Il secondo target stabilito dalla normativa interna è arrivare a un’offerta del servizio che sia presente in almeno il 75% di comuni. In modo da estendere la diffusione anche territoriale degli asili nido, affinché non si concentrino solo nei capoluoghi o nelle città maggiori.

Lo Stato promuove (…) la graduale diffusione territoriale dei servizi educativi per l’infanzia con l’obiettivo tendenziale di raggiungere il 75 per cento di copertura dei comuni, singoli o in forma associata

Al sud offerta in aumento, ma il 33% è lontano

L’obiettivo di raggiungere i 33 posti nei nidi e nei servizi per l’infanzia è stato raggiunto da 30 su 107 tra province e città metropolitane. In termini assoluti sono quindi raddoppiati i territori al di sopra della vecchia soglia di Barcellona rispetto al 2013, quando erano 15 sulle 110 province allora esistenti.

La nuova soglia del 45% oggi sarebbe superata solo in 3 province emiliano-romagnole.

Se invece si considera la nuova soglia del 45% fissata in sede Ue, sono 3 su 107 le province che la raggiungono, tutte in Emilia-Romagna: Ravenna (48,6% nel 2020), Bologna (46,5%) e Ferrara (45,5%). L’ha sostanzialmente raggiunta anche Perugia (44,8%), e vi si avvicinano altre province, tutte dell’Italia centro-settentrionale.

Come appartengono a quest’area del paese quasi tutti i territori che hanno raggiunto la soglia del 33% fissata dal Dlgs 65/2017. Nell’arco dei sette anni si possono citare ad esempio le province di Trieste, passata da 31,9 a 44,1 posti ogni 100 minori (+12,2 punti percentuali), Rovigo (+11,2 punti), Livorno (+11,1). Nel centro-nord, progressivamente, quasi tutti i territori, con poche eccezioni, hanno raggiunto una copertura pari ad almeno il 25% (1 posto ogni 4 bambini residenti).

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 14 Luglio 2022)

In parallelo, sono diminuiti i territori in cui i posti offerti sono meno di 10 ogni 100 utenti potenziali. Questi si sono ridotti da 12 province su 110 a 4 su 107. Si tratta sempre di aree del mezzogiorno. All’inizio della rilevazione erano Caserta, Napoli, Avellino, Cosenza, Barletta-Andria-Trani, Vibo Valentia, Palermo, Crotone, Salerno, Catania, Foggia e Caltanissetta. Nel 2020 si trovano in questa situazione Caserta, Cosenza, Caltanissetta e Ragusa.

Una delle province che nel 2013 non raggiungeva il 10% ha superato quota 15%. Si tratta di Foggia, passata da 9,6 posti nel 2013 a 16,9 nel 2020. Sfiorano tale soglia anche Barletta-Andria-Trani e Salerno, passate rispettivamente da 7,5 e 8,9 a 14,9.

Resta il fatto che nessuna provincia del sud continentale – ancora nel 2020 – raggiunge o si avvicina alla soglia del 33%. E solo due – entrambe in Abruzzo, Teramo e Chieti – superano quella del 25%.

L’Italia meridionale resta quindi ampiamente ancora indietro nonostante miglioramenti anche significativi rispetto alla situazione di partenza. In provincia di Caserta, ad esempio, l’offerta è più che raddoppiata, passando 4,2 a 8,9 posti ogni 100 bambini, per un aumento di posti pari all’81%.

Nel 2020 servizio presente nel 59% dei comuni

L’altro obiettivo tendenziale indicato dal decreto legislativo 65/2017 è promuovere “la graduale diffusione territoriale dei servizi educativi per l’infanzia” in modo da “raggiungere il 75% di copertura dei comuni, singoli o in forma associata”.

Nei servizi per la prima infanzia, mediamente in Italia nel 2020 erano poco meno di 6 su 10 i comuni che offrivano tale possibilità (59,3%). In questi territori dotati di qualche forma di servizio vive l’84,3% della popolazione. Cifre in aumento rispetto al 2013, quando i comuni con qualche copertura erano il 57,3% per un totale di 81,8 residenti su 100 nei comuni dotati del servizio. In questa crescita ha avuto un ruolo lo sviluppo di asili nido e sezioni primavera: presenti nel 53,7% dei comuni nel 2013, sono saliti fino al 57,2% nel 2020.

Obiettivo 75% raggiunto in Puglia, lontano in Calabria e Basilicata

Tuttavia le distanze territoriali rimangono profonde. Nel centro-nord i servizi per la prima infanzia sono presenti in quasi 2 comuni su 3 (65,7%, a fronte di una media nazionale del 59,3%). Nel mezzogiorno la quota scende al 46%: meno di 1 su 2.

59,3% dei comuni italiani offre il servizio nido o altri servizi integrativi per la prima infanzia. Nel mezzogiorno la quota scende al 46%.

Non sono comunque tutte nel sud le regioni dove l’accesso ai servizi è possibile in meno del 40% dei comuni. Rientrano in questa fascia anche Liguria (39,3%), Abruzzo (37,7%), Piemonte (35,7%), Lazio (35,4%), Sardegna (29,7%), Basilicata e Calabria.

Nelle ultime 2 citate, meno di un comune su 4 offre servizi: Basilicata (23,7%) e Calabria (19,3%). In due province calabresi (Catanzaro e Vibo Valentia) la quota è inferiore a un comune su 10. Va comunque rilevato come la regione abbia visto quasi raddoppiare nei 7 anni la percentuale di territori coperti, dal 10,5% del 2013 al 19,3% del 2020.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 14 Luglio 2022)

Tuttavia la crescita più significativa nel periodo si rileva in altre 2 regioni meridionali. La Campania, passata dal 39,6% al 69,8% dei comuni (+30,2 punti) e la Puglia (da 55,8% a 84,8%). Quest’ultima regione è l’unica del mezzogiorno ad aver superato il 75% nel 2020. Le altre sono Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia (100%), la provincia autonoma di Trento (94,6%), Emilia-Romagna (89,6%), Toscana (87,2%) e Lombardia (81,4%). Poco sotto il Veneto (73,7%).

12 i territori in cui tutti i comuni offrono strutture o servizi.

Tra le singole province, in 12 la totalità dei comuni offre il servizio (erano 10 nel 2013). Sono invece 43 quelle dove i comuni che garantiscono l’accesso a nidi e strutture per la prima infanzia sono almeno il 75% (erano 37 nel 2013).

Minore diffusione nei territori con estese aree interne

Ciò significa che la quota di territori al di sotto del 75% è scesa da quasi 2 province su 3 nel 2013 a circa 6 su 10 nel 2020. Le province più distanti dall’obiettivo sono Matera (19,4% di comuni che offrono il servizio), Cuneo (19,4%), Crotone (18,5%), Imperia (18,2%), Caltanissetta (18,2%), L’Aquila (13%), Catanzaro (6,3%) e Vibo Valentia (4%). In quasi tutti i casi si tratta di territori dove la quota di residenti tra 0 e 2 anni in aree interne è superiore alla media.

A fronte di un dato nazionale del 22% di bambini sotto i 3 anni che vivono in comuni interni, la percentuale raggiunge il 100% a Matera (di cui il 60,4% in aree periferiche o ultraperiferiche), 67,1% a Caltanissetta, 40,6% a Crotone.

La necessità di incrementare l’offerta, comune per comune

Il rispetto dei due obiettivi appena visti passa dalla capacità di promuovere a livello locale una sempre maggiore offerta di servizi, in due direzioni. Da un lato aumentando il numero di posti rispetto all’utenza potenziale del servizio, cioè le bambine e i bambini con meno di 3 anni.

In questo senso, l’obiettivo del 33% mostra che la strada è ancora lunga: mancano circa 6 punti alla soglia originaria e quasi 18 a quella del 45%. Alcune regioni del sud si attestano addirittura su un posto ogni 10 bambini. Con capoluoghi del mezzogiorno che non arrivano a questa cifra, ad esempio Crotone (5,6%), Catania (7,5%), Messina (8,1%), Barletta (8,2%).

Il dato misura l’offerta di asili nido e di servizi integrativi per la prima infanzia, nel settore pubblico e in quello privato.

A causa della natura associativa del fenomeno, come specificato nei metadati di Istat, la disaggregazione dei dati a livello comunale ha richiesto l’introduzione di una componente di stima. Va inoltre osservato che vi sono forme di associazione, meno strutturate, che non sono rappresentate dai dati a livello comunale.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: giovedì 14 Luglio 2022)

D’altro canto, il target del 75% indica come sia prioritario estendere il servizio dove oggi non esiste. Ovvero nelle tante aree interne che caratterizzano il nostro paese, i territori più dispersi in cui la bassa densità abitativa rende più difficile organizzare servizi in modo stabile.

In alcune province, come Matera, Cuneo, Crotone, Imperia, Caltanissetta, L’Aquila, Catanzaro e Vibo Valentia, meno del 20% dei comuni presenti offre l’asilo nido o qualche tipo di servizio per la prima infanzia. Un aspetto su cui intervenire anche attraverso modalità di associazione tra comuni del territorio.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi ad asili nido e servizi prima infanzia sono di fonte Istat.

Foto: Markus Spiske (unsplash)Licenza

PROSSIMO POST