Quanto varia la spesa per gli asili nido #conibambini

L’Ue raccomanda che l’accesso ai servizi per la prima infanzia sia reso disponibile a costi sostenibili per le famiglie. Ciò chiama in causa un investimento pubblico sul servizio: vediamo quanto vale.

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Per garantire l’accesso ai servizi per la prima infanzia servono due cose. La prima ovviamente è che sul territorio esista un’offerta adeguata di posti in asilo nido. La seconda è che il servizio sia disponibile a costi accessibili per le famiglie.

Sul primo aspetto, l’Unione europea ha fissato come obiettivo che, a livello nazionale, vengano offerti almeno 33 posti ogni 100 bambini con meno di 3 anni.

Nel 2002 il consiglio europeo riunito a Barcellona ha stabilito alcuni obiettivi per aumentare la diffusione di servizi per la prima infanzia. Vai a "Che cosa prevedono gli obiettivi di Barcellona sugli asili nido"

Abbiamo già avuto modo di raccontare come su questo fronte l’Italia si muova a diverse velocità. Con il centro-nord in avvicinamento o già sopra l’obiettivo e le regioni del sud molto più distanti.

Ma oltre alla diffusione del servizio, l’Unione europea ha dato alcune indicazioni agli stati membri anche sul costo per le famiglie.

Le raccomandazioni Ue sui costi del servizio

Nel 2013 la commissione europea, con un documento intitolato “Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale” ha raccomandato alcuni principi da seguire nel contrasto alla povertà minorile.

In generale, quando uno stato europeo adotta delle politiche per il benessere dei minori e per sottrarre i più svantaggiati dall’esclusione sociale, dovrebbe attenersi a criteri come:

  • promuovere non solo la sicurezza materiale, ma anche pari opportunità educative, presupposto per prevenire la trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all’altra;
  • mettere al centro delle politiche i diritti enunciati nella convenzione Onu sull’infanzia e vigilare sul loro rispetto. Ciò significa che nell’adottare delle politiche deve prevalere l’interesse superiore del bambino, come soggetto attivo titolare di diritti propri;
  • promuovere gli investimenti sui bambini e le loro famiglie, mantenendo un equilibrio tra misure universali, destinate al benessere di tutti i bambini, e politiche specifiche per le situazioni di maggior svantaggio.

Ma che cosa significa rendere concreti questi principi? Nei servizi per l’infanzia uno degli ostacoli maggiori per le famiglie può essere il costo della retta. Mentre l’istruzione obbligatoria, a partire da 6 anni, è gratuita, i servizi educativi per i bambini più piccoli sono soggetti al pagamento di una tariffa.

Perciò uno dei punti chiave è che l’accesso deve essere garantito a un costo sostenibile per le famiglie.

Ridurre le disuguaglianze sin dalla più tenera età investendo nei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia (…) creare servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia inclusivi e di qualità; vigilare affinché siano a costi sostenibili ed adeguati alle esigenze delle famiglie.

Non si tratta di un obiettivo vincolante, ma le raccomandazioni della commissione indicano comunque una direzione di marcia chiara. Per rendere sostenibili i costi di asili nido e servizi per la prima infanzia è necessario un investimento pubblico sul settore. Ma cosa sappiamo sulla spesa delle famiglie e dei comuni per l’asilo nido?

La spesa di comuni e famiglie

I comuni sono l’ente in prima linea nella gestione dei servizi per la prima infanzia. Per estendere l’offerta di asili nido a prezzi calmierati sul territorio le possibilità a disposizione sono diverse.

La prima opzione è costruire e mantenere asili nido e servizi per la prima infanzia comunali, gestendoli direttamente con dipendenti dell’ente. Con questa modalità sono accolti più della metà degli utenti di nidi e servizi offerti dai comuni (102mila bambini circa nel 2015).

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Dicembre 2018)

In alternativa gli asili nido di proprietà comunale, mantenendo la tariffa del comune, possono essere anche appaltati in gestione a terzi (come operatori del privato sociale). Questo modello organizzativo accoglie poco meno di 50mila bambini.

Una terza opzione è stipulare una convenzione con un nido privato, per garantire una riserva di posti da offrire ai canoni stabiliti dal comune. Questa opzione riguarda circa 25mila utenti.

L'ultima possibilità è offrire contributi direttamente alle famiglie, che possono spenderli in servizi privati o pubblici. Si tratta della modalità meno frequente (14mila utenti sul totale del servizio comunale).

13% degli utenti del servizio comunale sono accolti in strutture private con posti in convenzione.

I servizi comunali sono garantiti a circa 200mila utenti, ovvero il 12,6% della popolazione di riferimento (0-2 anni). La spesa complessiva nel 2015 è stata di 1,48 miliardi di euro, di cui circa l'80% a carico del comune e il 20% versato dalle famiglie che usufruiscono del servizio come compartecipazione. In termini assoluti i comuni spendono annualmente circa 1,2 miliardi di euro, mentre i restanti 287 milioni vengono pagati dagli utenti del servizio comunale (pubblico o in convenzione).

Nel decennio tra 2004 e 2014, i dati Istat indicano che la quota pagata dagli utenti del servizio è progressivamente aumentata, passando dal 17% circa al 20%. Nel 2015 si notano i segnali di una possibile inversione di tendenza, che però potrà essere confermata solo con le rilevazioni dei prossimi anni.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Dicembre 2018)

Anche se ancora non sono disponibili gli anni più recenti, descrivendo nel suo report annuale la serie storica fino al 2014 Istat ha sottolineato una chiara relazione tra variazione delle tariffe, condizione economica delle famiglie e andamento delle iscrizioni.

L’aumento delle tariffe richieste dai comuni per i servizi offerti e la difficile situazione reddituale e lavorativa delle famiglie, sono tra i fattori che hanno influito sul calo delle iscrizioni. In molte realtà territoriali, gli asili nido comunali hanno un numero di iscrizioni decisamente inferiore rispetto ai posti disponibili e talvolta la mancanza di domanda da parte delle famiglie determina la chiusura di strutture pubbliche.

La disparità tra nord e sud

I dati precedenti mostrano come per garantire l'accesso all'asilo sia necessario un forte investimento sulle politiche educative della prima infanzia. Considerare gli asili nido come un servizio educativo è infatti il presupposto per estenderlo anche alle famiglie che non possono permetterselo.

Per valutare questi aspetti possiamo utilizzare due indicatori. Uno, appena visto, è la percentuale di compartecipazione degli utenti. L'altro, ancora più importante, è la spesa media comunale rispetto ai residenti con meno di 3 anni. Un dato significativo perché parametra l'impegno dell'ente non sugli utenti iscritti, ma rispetto all'intera utenza potenziale del servizio.

In Italia la spesa media dei comuni in servizi prima infanzia per ogni residente tra 0 e 2 anni è pari a 787 euro. La quota compartecipazione degli utenti è pari al 19,4%.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Dicembre 2018)

Nel centro-nord la quota di compartecipazione è più alta, ma i comuni investono molte più risorse nel mantenimento e nella diffusione dell'offerta comunale.

Nel mezzogiorno la quota compartecipazione è più bassa, ma a fronte anche di un servizio meno presente sul territorio e meno finanziato di quello del centro-nord.

Questi elementi emergono anche osservando il dato sulla spesa media comunale, regione per regione. Le regioni dove in media è più elevata sono Valle d'Aosta, Lazio, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Dicembre 2018)

Tra quelle dove è più bassa figurano Calabria, Campania, Basilicata e Puglia. Un dato che si conferma se scendiamo a livello di medie provinciali. Le province dove le spese in servizi prima infanzia rispetto ai minori residenti sono state più basse nel 2015 sono Vibo Valentia, Caserta, Crotone, Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: sabato 1 Dicembre 2018)

Al contrario, tra le province con la spesa media comunale per minore più alta compaiono molte realtà emiliane e in generale del centro-nord. Nell'ordine, le 10 province dove i comuni hanno speso mediamente di più per minore residente sono Aosta, Bologna, Trieste, Trento, Roma, Ferrara, Firenze, Ravenna, Parma e Modena.

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I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. La fonte dei dati sugli asili nido e servizi prima infanzia è Istat.

 

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