L’agricoltura biologica in Europa e in Italia Ambiente

L’agricoltura biologica è un metodo di produzione, preparazione e distribuzione di alimenti sostenibile. Il green deal europeo la promuove, ma ancora molti paesi sono lontani dagli obiettivi prefissati. In Italia, è particolarmente diffusa al centro sud.

|

L’agricoltura è responsabile di una quota considerevole delle emissioni di gas serra nell’atmosfera. A livello europeo, parliamo di 389 milioni di tonnellate di emissioni nel 2019, secondo la European environmental agency (Eea). Per questo è cruciale favorire modalità di produzione più sostenibili. È il caso ad esempio dell’agricoltura biologica.

Cosa si intende per “agricoltura biologica” e cosa fa l’Unione europea per promuoverla

Si tratta di un sistema di produzione, preparazione e distribuzione di alimenti e bevande che sia sostenibile e rispettoso della biodiversità.

L’agricoltura biologica cerca di rispettare la natura e i suoi cicli.

Come spiega la commissione europea, questo minore impatto ambientale è conseguibile, per esempio, attraverso l’uso responsabile di energia e risorse, ma anche tutelando gli ecosistemi, i loro equilibri e i loro ritmi naturali. Un altro elemento importante è il riguardo verso gli animali, garantendo loro una vita dignitosa, in condizioni che permettano il più possibile l’espressione dei loro comportamenti naturali. Come anche le limitazioni nell’utilizzo di prodotti fitosanitari, pesticidi e fertilizzanti, particolarmente dannosi per l’ecosistema. Infine, è fondamentale favorire filiere corte e approvvigionamento locale, tagliando quindi sulla larga distribuzione.

I metodi biologici possono riguardare sia la produzione vegetale che quella animale, oltre che, in tempi più recenti, l’acquacultura e il settore dei mangimi.

L’agricoltura sostenibile è considerata prioritaria dall’Unione europea – in primis per via del grave impatto del settore agroalimentare in termini di emissioni di Co2 e inquinamento del suolo. Per questa ragione, rientra tra gli obiettivi del green deal europeo, il cui scopo è quello di portare gradualmente il continente verso la neutralità climatica.

Il green deal europeo sancisce la necessità di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica (o neutralità carbonica), cioè l’equilibrio tra le emissioni di carbonio e il suo assorbimento. Vai a "Cosa prevedono gli accordi europei sul cambiamento climatico"

Tra le iniziative del piano rientra anche la strategia farm to fork, orientata alla promozione della sostenibilità nel settore alimentare (non solo nella produzione ma anche per quanto riguarda il consumo) e alla riduzione degli sprechi.

Nel 2018 inoltre è stato presentato un regolamento in Ue per potenziare la strategia di promozione dei metodi agricoli biologici. Al momento è stato però sospeso e posticipato al 2022.

Tra i vari elementi, il regolamento si occupa di precisare i criteri per l’etichettatura dei prodotti, oltre a sottolineare l’importanza dei controlli e della tracciabilità, enfatizzando la necessità di garantire una generalizzata trasparenza.

Come si posizionano i vari stati rispetto agli obiettivi comunitari

Uno dei principali obiettivi della strategia farm to fork è proprio quello di implementare una transizione ecologica del settore agricolo.

25% del terreno coltivabile da dedicare all’agricoltura biologica entro il 2030, secondo la strategia farm to fork.

Ad oggi la situazione da questo punto di vista è molto eterogenea all’interno dell’Ue, con uno stato, l’Austria, che ha già raggiunto questo obiettivo nel 2019, e 8 paesi (Malta, Irlanda, Bulgaria, Romania, Polonia, Paesi Bassi, Lussemburgo e Cipro) dove invece la quota non arriva al 5%.

Sono considerati tutti i terreni agricoli esclusi gli orti. Sono incluse anche le aree di conversione, ovvero in transizione dalla produzione non biologica a quella biologica (secondo i tempi stabiliti dalla normativa europea).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: venerdì 24 Giugno 2022)

Nel 2019, l'anno più recente per cui sono disponibili i dati di tutti gli stati Ue, il paese con la maggiore incidenza di agricoltura biologica era, come accennato, l'Austria. Al secondo posto si trovavano Estonia e Svezia, entrambe con quote superiori al 20%. Per quanto riguarda invece l'Italia, si posizionava comunque al di sopra della media Ue, attestandosi al 15,2%. Mentre all'ultimo posto si trovava Malta, con meno dell'1%.

Negli anni la quota di terreno coltivabile utilizzato in questo modo è andata progressivamente aumentando in tutti gli stati membri dell'Unione (nel complesso, un incremento pari al 55,6%). L'unica eccezione in questo senso è stata la Polonia, che ha invece registrato un calo del 22,3%.

I dati austriaci del 2020 sono relativi al 2019. Sono considerati tutti i terreni agricoli esclusi gli orti. Sono incluse anche le aree di conversione, ovvero in transizione dalla produzione non biologica a quella biologica (secondo i tempi stabiliti dalla normativa europea).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: venerdì 24 Giugno 2022)

L'incremento più significativo lo ha riportato la Croazia (+240,4%), che è passata da circa 32mila a più di 108mila ettari di terreno dedicato all'agricoltura biologica. Anche in Bulgaria, Francia e Ungheria le cifre sono più che raddoppiate.

Analogamente nel nostro paese si è verificato un aumento considerevole, e superiore alla media dell'Unione. Si è infatti passati da circa 1,2 milioni a quasi 2,1 milioni di ettari.

+79,5% l'aumento degli ettari di colture biologiche in Italia tra 2012 e 2020.

Nel 2020, l'Italia era infatti il terzo paese Ue, dopo Francia e Spagna, per estensione, in numeri assoluti, di colture biologiche.

La produzione sostenibile nelle regioni italiane

Secondo i dati raccolti da Sinab (il sistema di informazione nazionale sull'agricoltura biologica) all'interno del rapporto Bio in cifre 2020, l'agricoltura biologica in Italia è maggiormente diffusa nella parte centro-meridionale del paese rispetto al nord.

Sono incluse anche le aree di conversione, ovvero in transizione dalla produzione non biologica a quella biologica (secondo i tempi stabiliti dalla normativa europea).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sinab
(ultimo aggiornamento: venerdì 24 Giugno 2022)

Nelle macroregioni del centro e del sud l'incidenza è maggiore, a livello di utilizzo del terreno. Parliamo di più del 20% del terreno coltivabile, una cifra che invece nel nord-ovest scende al 10% e nel nord-est al 5,7%.

Al sud è maggiore l'incidenza di terreno rispetto a quella di aziende bio.

Per quanto riguarda invece l’incidenza a livello di aziende, il primato è ancora una volta del centro (8,2%), seguito poi dal nord-est (6,2%). Al sud e nelle isole si osserva uno scarto piuttosto pronunciato tra la quota di terreno e il numero di aziende. Mentre al nord, dove è nettamente inferiore l'incidenza sul terreno coltivabile, risulta relativamente elevata l'incidenza a livello aziendale (5,7% nel complesso) rispetto alla bassa quota di terreno dedicato all'agricoltura biologica (8,1%, a fronte di una media nazionale pari a circa il 15%).

Se poi analizziamo, in numeri assoluti, i dati relativi agli operatori, vediamo che è invece il sud, più del centro, a riportare le cifre maggiori. Degli 80.643 operatori registrati in Italia nel 2019, più di 43mila si trovano nelle regioni del meridione.

53,6% degli operatori agricoli biologici si trova nel mezzogiorno (2019).

Sono incluse anche le aree di conversione, ovvero in transizione dalla produzione non biologica a quella biologica (secondo i tempi stabiliti dalla normativa europea).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sinab
(ultimo aggiornamento: venerdì 24 Giugno 2022)

Sia in Sicilia che in Calabria, in particolare, gli operatori agricoli biologici sono più di 10mila. Le cifre più basse le riportano invece Valle d’Aosta (90), Molise (516) e Liguria (519). Mentre la Lombardia è la regione con più importatori (107), seguita da Emilia-Romagna (86) e Piemonte (65).

Foto: Skylar Zilka - licenza

PROSSIMO POST