Cosa prevedono gli accordi europei sul cambiamento climatico

Dal 1972 l’Ue mette in atto iniziative e accordi comunitari per contrastare in modo unitario il cambiamento climatico. Da ultimo il Green deal del 2020, che pone come obiettivo il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050.

Definizione

Gli accordi europei sul cambiamento climatico consistono in diverse misure prese dall’Ue e dai paesi membri per contrastare questo fenomeno. Sia attraverso l’adesione ad accordi internazionali a livello globale, sia tramite norme comunitarie e nazionali. Lo scopo complessivo è quello di ridurre le emissioni di gas serra per contenere il riscaldamento globale e tutte le gravi conseguenze che questo comporta a livello ambientale.

Il primo passo nel contrasto al cambiamento climatico è stato fatto nel 1972 a Stoccolma, con la prima conferenza delle Nazioni unite sull’ambiente umano (United nations conference on the human environment). In questa occasione, si è riconosciuto l’impatto delle attività dell’uomo sull’equilibrio ecologico del pianeta, in particolare sulla deprivazione delle risorse naturali. Per la prima volta, la salvaguardia dell’ambiente viene quindi riconosciuta come scopo comune, da perseguire a livello globale attraverso la riduzione dei comportamenti dannosi per l’ecosistema.

Da quel momento si sono susseguite negli anni diverse iniziative e accordi internazionali per fissare obiettivi concreti mirati alla tutela del pianeta. Tra i principali il protocollo di Kyoto del 1997, il primo accordo mondiale a sancire la necessità di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera. Una necessità ribadita anche nel 2015 dall’accordo di Parigi, il primo legalmente vincolante. In quell’occasione è stato fissato l’obiettivo di contenere l’aumento annuale della temperatura globale al di sotto di +1,5°C.

L’Unione europea negli anni ha fatto propria la linea stabilita a livello internazionale, dando anche vita ad accordi e obiettivi specifici da raggiungere a livello comunitario:

  • l’agenda Europa 2020 contiene la prima strategia Ue per il clima e l’energia. Stabilita nel 2008 fissa tre target sul tema, da raggiungere entro il 2020. Il primo è la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra (rispetto al 1990), il secondo il raggiungimento del 20% di energia rinnovabile e il terzo un aumento del 20% dell’efficienza energetica. Obiettivi che sono stati complessivamente raggiunti.
  • il quadro per le politiche dell’energia e del clima all’orizzonte 2030, presentato nel 2014, stabilisce nuovi target da conseguire nel decennio 2021-2030. In primis, una riduzione del 40% delle emissioni di gas serra e il raggiungimento del 27% di energia rinnovabile.
  • a dicembre 2019 viene sancita la necessità di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica (o neutralità carbonica), cioè l’equilibrio tra le emissioni di carbonio e il suo assorbimento. Nella pratica significa ridurre le emissioni a tal punto da renderle interamente assorbibili, sia artificialmente che naturalmente, dal suolo, dalle foreste e dagli oceani. Un’iniziativa lanciata dallo European green deal e resa ufficialmente legge a ottobre 2020, con l’approvazione da parte del parlamento europeo della European climate law. Questa innalza ulteriormente l’obiettivo sulle emissioni, stabilendo una riduzione del 60% da conseguire entro il 2030.

Dati

Per ridurre le emissioni di gas serra e quindi contrastare il cambiamento climatico, la strada indicata dagli accordi visti in precedenza è quella delle energie rinnovabili. Un ricorso sempre maggiore a fonti di energia che si rinnovano naturalmente come sole, acqua e vento, riduce le emissioni di gas serra, prodotte invece in grandi quantità dall’utilizzo di risorse non rinnovabili, come i combustibili fossili.

I dati mostrano la quota di energia ottenuta da fonti rinnovabili, sul totale dell’energia consumata.

FONTE: elaborazione openpolis dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: lunedì 11 Gennaio 2021)

Il nostro paese è passato dal 6,3% di energia rinnovabile sul totale di quella consumata nel 2004, al 18,2% nel 2019. Una quota che non solo è la più alta tra quelle dei paesi considerati, ma segna anche la maggior crescita nel ricorso alle rinnovabili, con un aumento di 11,8 punti in 15 anni. Seguono la Germania (+11,1 punti), il Regno Unito (+11,2) e la Francia (+7,7). Da notare comunque che nel 2019, tutti e cinque i paesi hanno quote inferiori alla media Ue (18,9%), anche se di poco nel caso dell'Italia (18,2%). Infine, il Regno Unito spicca negativamente con percentuali ampiamente inferiori a quelle degli altri stati, lungo tutti gli anni considerati..

Analisi

Gli accordi internazionali che hanno preso forma negli ultimi cinquant'anni sono stati importanti per definire un orizzonte comune per il contrasto al cambiamento climatico. Nel 2019 l'Unione europea ha registrato una riduzione delle emissioni di gas serra del 24% rispetto ai livelli del 1990. Un dato positivo, ma rappresentativo di quanto la strada sia ancora lunga per raggiungere un calo del 60% entro il 2030.

Inoltre, per conseguire una reale svolta a livello globale, è necessario che tutti gli stati del mondo si impegnino nel contrasto al cambiamento climatico. Tuttavia, negli anni alcuni paesi hanno avanzato critiche nei confronti di una linea troppo dura sulla riduzione delle emissioni. In parte perché preoccupati delle ricadute economiche di un cambiamento così radicale nelle modalità di produzione di energia.

Colpisce tra gli altri il caso degli Stati Uniti, che solo recentemente sono rientrati negli accordi di Parigi grazie a uno dei primi provvedimenti del neo presidente Joe Biden. Nel 2017 gli Usa si erano infatti sfilati dagli accordi, durante la presidenza di Donald Trump.

È auspicabile quindi non ridurre l'impegno internazionale nella lotta al cambiamento climatico e restare focalizzati sugli obiettivi da raggiungere. A partire da un cambio di passo radicale nei livelli di emissione di gas serra, la cui riduzione è fondamentale per salvaguardare l'intero ecosistema globale, compresa la vita dell'uomo sulla Terra.

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