I numeri dell’accoglienza Numeri alla mano

|

I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Leggi “Centri d’Italia, una mappa dell’accoglienza“.

10.477

strutture di prima accoglienza o di accoglienza straordinaria censite tra 2018 e 2019. Attraverso delle richieste di accesso agli atti rivolte al ministero dell’interno e a una sentenza del Tar siamo finalmente riusciti a ottenere i dati su tutti i centri di accoglienza attivi al 31/12/2018 e al 31/12/2019. Grazie a questi dati sono ora disponibili per la prima volta informazioni sulla localizzazione, la capienza, le presenze, il prezzo giornaliero e molto altro di tutti i centri di accoglienza nel primo anno di attività del decreto sicurezza. Dati che ora mettiamo a disposizione di tutti, decisori nazionali e locali, ricercatori, giornalisti, e più in generale società civile e cittadini, in formato aperto. In modo che chiunque possa analizzarli e trarre conclusioni fondate su elementi concreti e verificabili. Vai all’articolo.

0,20%

la quota media di richiedenti asilo accolti in rapporto alla popolazione residente, nei comuni in cui sono presenti centri al 31 dicembre 2019. Un dato senza dubbio interessante, che restituisce la portata della strumentalizzazione cui sono soggette migrazione e accoglienza. Tuttavia, la sola media matematica non restituisce una visione articolata dell’incidenza delle persone accolte sulla popolazione locale, diversa in ciascuna provincia e per ogni comune. Nel 2018, per esempio, in 21 comuni il rapporto tra ospiti e popolazione superava il 5%. Conoscere casi come questi, analizzare in che contesti vengono installati i centri, capire quali servizi siano a disposizione delle persone, comprendere se talune situazioni rappresentano o meno un problema da risolvere, sono tutti presupposti fondamentali per intervenire in maniera efficace sulla gestione del sistema. Vai alla mappa.

-38%

il calo di presenze nel sistema di accoglienza tra dicembre 2018 e dicembre 2019. Si tratta di un calo legato alla riduzione degli arrivi in Italia (soprattutto in conseguenza del memorandum Italia-Libia), ma anche all’eliminazione della protezione umanitaria, sancita dal decreto sicurezza, che ha comportato l’espulsione dai centri di molte persone. Una diminuzione così considerevole delle presenze nei centri avrebbe consentito di ripensare completamente il sistema, privilegiando il modello di accoglienza diffusa. Una scelta possibile e auspicabile che tuttavia avrebbe richiesto un preciso indirizzo politico, in questi anni assente. Vai al grafico.

23%

la quota di comuni italiani in cui erano presenti dei centri al 31/12/2019, l’anno prima erano il 33,8%. La riduzione complessiva delle presenze non implicava necessariamente di limitare, e in maniera così significativa, il numero di comuni in cui sono attivi dei centri. Si sarebbe potuto decidere di agire in modo selettivo, iniziando auspicabilmente dai territori dove la presenza di ospiti impattava di più sulle comunità accoglienti, chiudendo le strutture più grandi o gestite da soggetti senza competenze adeguate. Vai alla mappa.

-22,11%

la variazione del prezzo giornaliero per ospite, passato da 35 euro nel 2018 a 27,2 nel 2019. Se si distingue poi per dimensione del centro si nota come sono proprio i centri piccoli ad aver subito i maggiori tagli (-22,7%, da 35 a 27 euro). La riduzione dei costi per l’accoglienza straordinaria, in particolare per quella diffusa, e l’eliminazione dei servizi di integrazione nei Cas, fanno emergere il sospetto che questi importi siano considerati una semplice spesa. Sospetto che trova conferma in molte delle politiche portate avanti sia dal secondo governo Conte che dagli esecutivi precedenti. Tagliare i costi su progetti di integrazione può apparire un risparmio, ma si traduce in un costo netto che non produce effetti positivi nel medio e nel lungo periodo.  Vai al grafico.

Ascolta il nostro podcast su Radio Radicale

 

PROSSIMO POST