I ministri del governo Meloni Mappe del potere

Abbiamo analizzato attraverso i dati la composizione nel nuovo consiglio dei ministri. Ne emerge un governo con età media alta e rappresentanza femminile scarsa.

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Come noto, sabato scorso Giorgia Meloni e la sua squadra di ministri hanno prestato giuramento nelle mani del capo dello stato. In attesa di sapere come il parlamento si esprimerà sul nuovo governo, abbiamo analizzato attraverso i dati la composizione del nuovo consiglio dei ministri (Cdm).

Per avere un quadro completo sul nuovo esecutivo e sui rapporti di forza tra le varie forze politiche che ne fanno parte dovremo attendere anche la nomina di viceministri e sottosegretari. Ma già dalla scelta dei ministri è possibile estrapolare alcune indicazioni molto interessanti.

Dal disequilibrio tra i partiti di maggioranza al ruolo dei tecnici, dall’età media alla presenza di donne nella squadra.

Composizione ed equilibri

Il nuovo consiglio dei ministri (Cdm) si compone di 25 esponenti, inclusa la presidente Giorgia Meloni. I ministri senza portafoglio sono 9 mentre quelli con portafoglio 15. Tra questi anche i due vicepresidenti Matteo Salvini (infrastrutture e mobilità sostenibili) e Antonio Tajani (esteri).

Si aggiunge inoltre Alfredo Mantovano, che è stato nominato sottosegretario alla presidenza del consiglio. Questi svolgerà il ruolo di segretario con il compito di redigere il verbale delle sedute, a cui partecipa ma senza diritto di voto.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: lunedì 24 Ottobre 2022)

Per quanto riguarda invece gli equilibri tra le forze politiche della maggioranza possiamo osservare che Fratelli d’Italia vanta all’interno dell’esecutivo tanti esponenti quanti Lega e Forza Italia messi insieme (5 ciascuno). Un dato che premia chiaramente la forza politica che ha ottenuto il maggior numero di consensi alle elezioni e che va invece in parte a penalizzare la Lega. Il Carroccio infatti in parlamento ha un maggior numero di esponenti rispetto al partito di Silvio Berlusconi. D’altra parte lo scarto di voti ottenuti tra Lega e Fi è veramente minimo. Di conseguenza si può parlare di una sorta di riequilibrio tra le due forze politiche.

40% i componenti del Cdm espressione di Fdi.

A questo proposito è utile tenere presente, come riportato dalla stampa nei giorni scorsi, che le trattative per la composizione dell’esecutivo, per quanto relativamente rapide, sono state tutt’altro che pacifiche. E gli alleati di Fdi sono stati costretti a rinunciare ad alcuni loro obiettivi. Salvini ad esempio aveva rivendicato per sé il ministero dell’interno. Mentre Berlusconi non è riuscito a ottenere per il proprio partito né il ministero della giustizia (affidato a Carlo Nordio, ex magistrato ma eletto in parlamento con Fdi) né un ruolo nel governo per Licia Ronzulli, sua stretta collaboratrice. Tali dinamiche evidenziano chiaramente la differenza di peso tra le forze politiche della maggioranza.

Le precedenti esperienze

Da notare anche le significative e prevedibili differenze con il governo Draghi rispetto ai ministri tecnici. Nel nuovo esecutivo infatti sono soltanto 5 mentre in quello uscente erano 9 (incluso Draghi).

I dicasteri strategici sono stati affidati a “politici”.

Inoltre in questo caso, fatta eccezione per il ministero dell’interno, i dicasteri più “strategici” come quello dell’economia, delle infrastrutture, dello sviluppo economico e della transizione ecologica (questi ultimi due cambieranno denominazione) sono stati affidati a politici.

Non tutti i tecnici inoltre possono essere considerati come “indipendenti”. L’esempio più evidente è quello dell’ex prefetto di Roma Matteo Piantedosi che aveva ricoperto il ruolo di capo di gabinetto per Matteo Salvini al ministero dell’interno durante il governo Conte I. Un altro esempio è quello del nuovo ministro della cultura Gennaro Sangiuliano che era stato nominato alla direzione del Tg2 durante il governo giallo-verde. In generale si può dunque parlare di cosiddetti “tecnici d’area”. Anche se non sempre la collocazione partitica, inclusa quella dello stesso Piantedosi, è chiara.

Un’ultima indicazione che possiamo trarre da questi dati riguarda il fatto che questo sia un governo molto “esperto”. Quasi tutti i suoi membri infatti, inclusa la presidente Meloni, hanno già ricoperto incarichi di governo o occupato seggi in parlamento per una o più legislature. Le sole eccezioni in questo senso sono rappresentate da Orazio Schillaci (ex rettore dell’università di Tor Vergata e ministro della salute), Marina Elvira Calderone (componente del cda di Leonardo e ministra del lavoro), Andrea Abodi (ex presidente dell’istituto per il credito sportivo e ministro per lo sport e i giovani), oltre ai già citati Carlo Nordio, Gennaro Sangiuliano e Matteo Piantedosi. Su questi aspetti torneremo in maniera più dettagliata in un apposito approfondimento.

6 su 25 i ministri del governo Meloni che non hanno ricoperto in passato incarichi nel governo o in parlamento.

Alla luce di questi dati non sorprende quindi che l’attuale esecutivo abbia un’età media piuttosto elevata.

Una squadra non giovane

Come abbiamo appena visto, quasi tutti i ministri e le ministre del nuovo esecutivo hanno avuto in passato esperienze di governo o parlamento. Un aspetto che, in un certo senso, si riflette nell’età anagrafica del governo Meloni: 60 anni in media.

Anche se l’età chiaramente non è un criterio per valutare il nuovo Cdm, è comunque una prospettiva interessante da cui osservare il nuovo esecutivo e metterlo a confronto con i precedenti. Seppur in misura limitata infatti, un’età media alta può indicare un notevole bagaglio di esperienza, ma una minore forza innovativa. Viceversa, un’età bassa tra i ministri potrebbe far pensare a un approccio più spiccato al cambiamento, ma col rischio di una minore esperienza alle spalle.

FONTE: openpolis

Quello di Meloni è il quarto governo italiano con l’età media più alta.

Dal 1948 a oggi, solo 3 esecutivi hanno registrato un’età media superiore a quella dell’attuale. Si tratta dei governi Monti (62,7 anni), Fanfani VI (60,9) e Dini (60,8). Si tratta di governi tecnici in due casi su tre (Dini e Monti).

Con 60 anni in media, Meloni supera la squadra del suo predecessore Draghi (54,4 anni) e consolida l’inversione di un trend che aveva visto nei recenti governi Renzi (47,3 anni) e Conte II (47,7) un abbassamento dell’età media mai registrato prima.

Tra le fila del nuovo esecutivo, i due estremi in questo senso sono rappresentati dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni – classe 1977 – e dalla ministra per le riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati – classe 1946.

Ancora poche le donne a capo di ministeri

Si è parlato molto, sia in campagna elettorale che in fase di formazione del nuovo governo, della novità che un esecutivo a guida Meloni avrebbe rappresentato per l’Italia. È infatti la prima volta nella storia del nostro paese che una donna è a capo del governo.

Tuttavia, questa novità non ha avuto effetti positivi in termini di rappresentanza femminile tra i ministri.

7 su 25 le ministre del nuovo governo, compresa Meloni.

Parliamo quindi di una quota del 28%, in linea con molti esecutivi passati e inferiore ad altri. In primis a quello guidato da Renzi, il quale aveva voluto e rivendicato la parità del 50% in Cdm. Ma superano il 28% di donne anche le formazioni dei governi Conte II e Letta (entrambi al 33,3%) e quella del predecessore Draghi, dove le ministre costituivano il 34,8%.

FONTE: openpolis

D’altra parte, Meloni non ha mai rivendicato l’intenzione politica di favorire una maggiore rappresentanza femminile nelle istituzioni, né in generale una particolare sensibilità al problema della disparità di genere in Italia. Era quindi in un certo senso prevedibile, che nel definire la sua squadra di ministri non avrebbe rappresentato una svolta positiva in questo senso.

Foto: presidenza del consiglio dei ministri

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