I gap di genere nei percorsi educativi Ict creano divari sul lavoro #conibambini

L’istruzione in ambito Ict (information and communication technologies) vede le donne ancora fortemente sottorappresentate. Data l’importanza crescente delle nuove tecnologie, si tratta dei percorsi che offrono maggiori opportunità in futuro.

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L’avvento di internet e la rivoluzione tecnologica hanno avuto un impatto enorme sulla vita delle persone. Hanno generato nuove possibilità in termini di comunicazione in tempo reale, condivisione di idee nonché di opportunità di apprendimento e di conoscenza. Un fenomeno destinato ad avere conseguenze rilevanti sul sistema educativo, sul mondo del lavoro e sul rapporto tra accesso all’istruzione e condizione socio-economica.

Già nel 2017, un rapporto del World economic forum aveva fatto emergere come – in base ad alcuni studi – il 65% degli alunni che iniziano le elementari svolgerà lavori che oggi non esistono, per cui l’istruzione ricevuta potrebbe non bastare.

2 su 3 i bambini che iniziano oggi le elementari faranno lavori che oggi non esistono (cfr. Onu, Wef)

Oltre a richiedere un investimento di lungo termine sulla formazione continua, anche da adulti, questa tendenza impone anche di guardare ai percorsi di istruzione attuali. Oggi fortemente segmentati per genere.

In particolare nei settori dell’informatica e delle nuove tecnologie, quelli che in inglese vengono definiti Ict (information and communication technologies). I confronti internazionali e le rilevazioni interne mostrano una preponderanza del genere maschile in questi percorsi. Nonostante le donne costituiscano oltre la metà degli iscritti all’università e dei laureati, la quota crolla in ambito Ict.

85,4% degli iscritti a percorsi di istruzione terziari Ict in Italia sono uomini (media Ue 2020: 80,7%)

Una segmentazione che comincia dai primi anni di vita, e che come abbiamo avuto modo di raccontare spesso si alimenta di stereotipi di genere acquisiti inconsciamente, fin dall’infanzia. Dalle famiglie, quanto da bambine e bambini.

I genitori sono propensi a pensare che i loro figli maschi più che le figlie lavoreranno in futuro in un settore scientifico, tecnologico, (…) – anche quando i figli maschi e femmine ottengono lo stesso livello di risultati in matematica. (…) Generalmente, le ragazze hanno meno fiducia rispetto ai ragazzi nelle proprie capacità di risolvere problemi di matematica o nel campo delle scienze esatte. Tuttavia, quando si confrontano i risultati di matematica tra ragazzi e ragazze con livelli simili di fiducia in se stessi e di ansia rispetto alla matematica, il divario di genere scompare.

Tale tendenza ha effetti sugli apprendimenti, sui risultati scolastici, sui percorsi di studio scelti. E, di conseguenza, anche sulla condizione delle ragazze, una volta adulte.

L’impatto della segregazione educativa sulle prospettive nel lavoro

Le competenze Ict sono alla base dei settori più innovativi delle nostre economie. Per questo lavorare in questi ambiti offre maggiori possibilità occupazionali, redditi medi più elevati e carriere più stabili e soddisfacenti.

Nei paesi con alta segregazione negli studi Ict anche le prospettive di lavoro per le donne sono peggiori.

Perciò non deve stupire se i paesi con maggiore segregazione negli studi terziari, dove poche o pochissime ragazze frequentano corsi di laurea in ambito Ict, sono spesso anche quelli con peggiori prospettive di carriera per le lavoratrici.

Tale aspetto è stato misurato in ambito europeo con un indicatore apposito, formulato da Eurofound e utilizzato da Eige, l’istituto europeo per la parità di genere. È un parametro che sintetizza una serie di indicatori sulla condizione occupazionale, come il tipo di contratto, le prospettive di avanzamento di carriera percepite dal lavoratore, la probabilità percepita di perdere il posto di lavoro e dell’esperienza di ridimensionamento nell’organizzazione. Viene misurato su una scala da 0 a 100, dove maggiore è il punteggio, maggiore è la qualità del lavoro

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat, Eige e Eurofound
(pubblicati: lunedì 12 Dicembre 2022)

In Italia l’indice delle prospettive di carriera per gli uomini è 55,7 (comunque inferiore alla media Ue, pari 63,1). Per le donne risulta ancora più basso: 51,9 (61,5 in Ue). Rispetto al contesto europeo, in Italia è più ampio il divario di genere nelle prospettive di carriera: 1,6 punti in Ue, 3,8 per l’Italia.

Così com’è più ampia della media continentale la segregazione nei percorsi Ict. Le iscritte a corsi universitari o terziari di questo tipo sono il 19,3% in Ue (61,4 punti percentuali in meno degli uomini) e il 14,6% in Italia (oltre 70 punti di divario con la quota maschile).

Da quali università escono più laureate nei settori Ict

Per invertire queste tendenze, è cruciale un investimento fin dall’infanzia sulla formazione e sull’abbattimento di divari e stereotipi. Tale approccio di lungo periodo si rende tanto più necessario nel leggere i dati attuali.

A partire dal paradosso per cui la grande maggioranza di chi consegue una formazione terziaria è di genere femminile, dal momento che le donne costituiscono quasi il 60% dei laureati, mentre il quadro cambia completamente se si considerano solo le lauree in ambito Ict.

Nel 2021 le donne laureate in questo settore disciplinare sono state solo il 15,3% del totale. Una media superata in solo 17 atenei. In particolare spicca l’università della Tuscia: 12 laureati in questo ambito di studi nel 2021, di cui 7 donne. Segue l’università Bocconi (11 su 24, 45,8%) e, con numeri più consistenti ma quote più basse, quelle di Verona (46 su 181, 25,4%) e Udine (48 su 218, 22%).

La percentuale di laureate/i Ict si riferisce alla classificazione Isced Field of Education and Training 2013.

FONTE: elaborazione openpolis – Con i Bambini su dati Mur
(pubblicati: martedì 18 Ottobre 2022)

In 4 atenei le laureate sono state meno del 10% del totale nel 2021: Perugia, Napoli (Università degli studi “Federico II”), Firenze e Vercelli (Piemonte orientale).

In quasi tutte le università comunque le donne restano una ristretta minoranza nei percorsi di studio Ict. Ciò rafforza la necessità di investire dai primi anni di istruzione sull’apprendimento delle ragazze nelle materie scientifiche, collegate con gli ambiti Ict e le Stem.

Altrimenti il rischio è di concentrarsi unicamente su una fotografia dell’esistente senza però intervenire sulle sue radici più profonde, che hanno origine in pregiudizi spesso interiorizzati dalle famiglie e dalle stesse ragazze.

Perché ridurre le disparità nei percorsi educativi Ict e nel lavoro

Un forte investimento, economico e culturale, sull’accesso all’istruzione Ict per le ragazze può generare delle potenzialità enormi. In particolare nel contrasto di due disparità di genere molto presenti nel mondo del lavoro: la bassa occupazione femminile e i divari retributivi.

Parliamo infatti di uno dei settori economici che è destinato a produrre molti posti di lavoro qualificati nei prossimi anni. Un’opportunità enorme di migliorare la condizione femminile. A maggior ragione per l’Italia, paese dove i livelli di occupazione delle donne e le stesse prospettive di carriera sono sistematicamente inferiori rispetto agli altri stati Ue.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi al divario di genere nella quota di studenti iscritti a percorsi terziari sono di fonte Eurostat, quelli sull’indice delle prospettive di carriera nel lavoro sono elaborati da Eurofound e utilizzati da Eige per il Gender Equality Index del 2022. I dati sugli atenei sono di fonte ministero dell’università e della ricerca.

Foto: Flickr del comune Reggio EmiliaLicenza

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