Gli ostacoli alla regolarizzazione dei migranti Migranti

Nonostante nel 2020 ci sia stato un lieve calo nel numero di migranti irregolari, la regolarizzazione continua ad essere penalizzata da norme poco efficaci.

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Nel 2020 i migranti irregolari in Italia sono leggermente diminuiti rispetto all’anno precedente, ma la regolarizzazione resta un processo complicato, ostacolato da una serie di normative che, anzi che promuovere integrazione e regolarità, facilitano esclusione ed emarginazione.

I migranti irregolari in Italia

I cosiddetti “migranti irregolari” sono gli stranieri non comunitari che si trovano per diversi motivi sul territorio italiano, pur non avendo documenti in regola.

La condizione di irregolarità può sussistere già dall’ingresso nel paese, nel caso di migranti che entrano senza un regolare controllo di frontiera, nella fase precedente alla richiesta di asilo (dal momento in cui inoltra la richiesta, il migrante non può più essere considerato irregolare). Un migrante però può anche diventare irregolare in un secondo momento, per esempio allo scadere di un permesso lavorativo o di soggiorno, o qualora la richiesta di asilo inoltrata sia stata respinta (così come il suo eventuale ricorso).

Secondo le stime della fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità), a inizio 2020 il numero di migranti irregolari presenti sul territorio italiano sarebbe diminuito dell’8% rispetto all’anno precedente, passando da 562mila a 517mila persone.

-8% i migranti irregolari in Italia nel 2020, rispetto al 2019.

Sembrerebbe costituire una almeno iniziale inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti: dal 2013 al 2019, infatti, sempre secondo le stime, la componente irregolare della popolazione straniera in Italia era andata aumentando costantemente.

L’irregolarità è una posizione svantaggiosa innanzitutto per chi la vive, che si ritrova in una condizione fortemente limitante, impossibilitato ad esercitare anche i propri diritti basilari, come quello alla casa o a un lavoro dignitoso. Inoltre, eliminare quanto più possibile il fenomeno dell’irregolarità aiuta anche al controllo e alla sicurezza di tutti, ancora di più se consideriamo l’emergenza pandemica.

I dati Ismu sono stime e si riferiscono al 1 gennaio dell’anno indicato e quindi all’anno precedente rispetto a quello riportato.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ismu
(ultimo aggiornamento: mercoledì 28 Luglio 2021)

Da un punto di vista normativo, però, negli ultimi anni l'Italia ha fatto passi indietro in quanto a regolarizzazione dei cittadini stranieri presenti sul suo territorio. In particolare negli anni in cui è stato in vigore il decreto sicurezza.

Pochi canali regolari per i migranti prima del 2020

La legge italiana prevede che ci siano delle quote massime di lavoratori non comunitari che possono entrare regolarmente in Italia per motivi di lavoro subordinato, autonomo e stagionale. Queste quote, stabilite dai cosiddetti “decreti flussi” sono tuttavia insufficienti a soddisfare la domanda, nonostante una recente modifica alla normativa abbia provato a superare il problema. Non c’è, insomma, una strategia strutturata sulle regolarizzazioni.

Uno degli eventi di maggiore peso per la regolarizzazione è stato l'introduzione nel 2018 del decreto sicurezza, voluto dall’allora ministro dell’interno Matteo Salvini. Il decreto ha eliminato il canale della protezione umanitaria e ha introdotto al suo posto nuove ipotesi di rilascio di permessi di "protezione speciale". Si tratta però di un tipo di protezione che è stato accordato poco frequentemente: secondo i dati del ministero dell'interno, infatti, è stato rilasciato solo nell'1% dei casi nel 2019 e nel 2% dei casi nel 2020.

La protezione umanitaria era una forma di protezione nazionale, prevista dall’ordinamento italiano nel testo unico sull’immigrazione. Veniva concessa nel caso in cui, pur in assenza di requisiti per accedere alla protezione internazionale, fossero comunque presenti seri motivi umanitari tali da rendere la persona meritevole di tutela. Vai a "Che cosa si intende per migranti irregolari, richiedenti asilo o rifugiati"

Nel caso in cui la richiesta di asilo sia respinta, la persona viene poi trasferita all’interno di un Cpr (Centro di permanenza per il rimpatrio) con l’obiettivo finale di essere espulsa dal paese. Tutti questi provvedimenti creano inevitabilmente non solo più irregolarità, ma anche più esclusione sociale.

Nel 2020 sono ancora limitate le vie per la regolarizzazione

Nell'ottobre del 2020, il decreto sicurezza è stato poi modificato dall'attuale ministra dell'interno Luciana Lamorgese, che ha esteso l'applicazione dei permessi di protezione speciale, abbreviato i tempi di permanenza nei Cpr e riformato il sistema di accoglienza.

Sempre nel 2020, il decreto rilancio (34/2020) ha introdotto, tra le varie misure per contrastare la pandemia, anche una sanatoria (art.103) il cui scopo sarebbe quello di facilitare la regolarizzazione di un certo numero di stranieri. Dai dati rilasciati dal ministero dell'interno (e diffusi da ero straniero), sappiamo però che delle circa 220mila domande che sono state presentate, solo una minima parte è stata esaminata.

5% delle richieste di regolarizzazione inoltrate hanno avuto un esito conclusivo, a giugno 2021.

Secondo le previsioni Ismu, la sanatoria, rivolta solo ai settori dell'agricoltura, del lavoro domestico e dell'assistenza, non avrebbe comunque la potenzialità di raggiungere grandi numeri di persone, e difficilmente quindi potrebbe avere un impatto significativo sul numero di irregolari presenti in Italia.

Nonostante questi recenti cambiamenti, il percorso di regolarizzazione continua a presentare numerosi ostacoli.

L'asilo in Italia tra accoglienza e dinieghi

Nel 2020, si è registrato un notevole calo nel numero di richieste di asilo inoltrate, rispetto al 2019, in parte per via delle restrizioni e dei controlli di frontiera dovuti alla pandemia.

In proporzione, un numero minore di tali richieste sono state respinte (il 44%, rispetto al 65% dell'anno precedente). La quota di dinieghi aveva visto una crescita continua a partire dal 2012, anno in cui si attestava al 19%.

Dal 2018, in seguito all’introduzione del decreto sicurezza, la protezione umanitaria è stata sostituita dalla protezione “speciale”. I casi di protezione umanitaria che ancora risultano nel 2018 si riferiscono alle procedure decise prima della sua abolizione.

FONTE: elaborazione openpolis su dati del ministero dell'interno
(ultimo aggiornamento: martedì 14 Settembre 2021)

Nel 2020, ci sono stati un terzo dei dinieghi del 2019, a fronte di un numero di richieste di asilo decisamente inferiore (la metà). Parallelamente, c'è stato anche un calo negli arrivi di migranti, almeno in parte a causa della pandemia.

Il percorso di un richiedente asilo comunque non si ferma necessariamente di fronte al diniego. Al diniego infatti si può rispondere con un ricorso, che consente al richiedente di rimanere regolarmente sul territorio italiano fino al momento in cui riceve l'esito della sua opposizione. Non tutte le richieste di asilo respinte sono quindi da associare ad un migrante che, se rimane in Italia, diventa automaticamente irregolare.


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