Oltre al 2×1000, la gamba su cui i partiti sostengono i propri bilanci sono le donazioni private. Queste possono arrivare sia da singoli cittadini (persone fisiche) sia da aziende, associazioni e altri enti (persone giuridiche).

Il 2018 ha confermato l’inversione di tendenza che avevamo già osservato nel 2017: le donazioni private sono tornate complessivamente a crescere. Un dato in parte spinto anche dall’anno elettorale, con la necessità di finanziare le maggiori spese per la campagna.

FONTE: elaborazione openpolis sui bilanci presentati dai partiti
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Luglio 2019)

I maggiori finanziatori dei partiti sono i loro eletti.

Ciò è vero in primo luogo per le donazioni da persone giuridiche, cresciute di circa 1 milione di euro. Vale anche per i contributi da persone fisiche, ma su questi ultimi va fatto un ragionamento ulteriore. Come avevamo già rilevato in passato, queste donazioni derivano in gran parte da parlamentari ed eletti nei diversi livelli.

FONTE: elaborazione openpolis sui bilanci presentati dai partiti
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Luglio 2019)

A tutti gli effetti di legge rientrano tra le donazioni private. Ma la differenza è sostanziale, dal momento che il contributo di parlamentari e rappresentanti nelle istituzioni è di solito un versamento stabilito da statuti e regolamenti interni.

Le quote sulle indennità di parlamentari, consiglieri regionali ed eletti ai vari livelli sono diventate sempre più strategiche per la tenuta dei conti dei partiti. Con il venir meno dei rimborsi elettorali, incrementare gli introiti da questa fonte è diventato vitale.

FONTE: elaborazione openpolis sui bilanci presentati dai partiti
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Luglio 2019)

+6,3 milioni le donazioni da eletti tra 2017 e 2018.

Ciò determina una dinamica per cui l'esistenza dei partiti è legata in modo sempre più netto alla loro consistenza parlamentare. Contemporaneamente, il vero finanziamento privato è più probabile che si diriga verso fondazioni, comitati elettorali, singoli candidati, piuttosto che verso i partiti politici.

Tale tendenza è già visibile con i primi dati usciti in base alla legge 3/2019 (ddl anticorruzione). Questa norma, oltre ad abbassare la soglia per la pubblicità delle donazioni da 5.000 a 500 euro, estende l'obbligo anche alle liste e ai candidati sindaco nei comuni sopra 15mila abitanti, oltre che a fondazioni, associazioni e comitati collegati a partiti o politici eletti.

Dai dati relativi ai primi mesi del 2019, emerge chiaramente come per i partiti la gran parte delle donazioni sopra 500 euro arrivi da parlamentari ed eletti. Mentre sono le organizzazioni non partitiche a raccogliere il finanziamento privato propriamente detto.

Le strutture presenti nell’elenco dei donatori in base alla l. 3/2019 sono state divise in 3 categorie: partiti politici e strutture direttamente collegate ad essi (ad esempio Eyu per il Pd, ass. Rousseau per il M5s), fondazioni di studio e ricerca politica (es. Fondazione De Gasperi, Italia Decide) e infine comitati elettorali o organizzazioni legate a una singola personalità politica. Tra questi ad esempio i comitati Chiamparino presidente, Sara Marcozzi presidente, il Comitato Change (Toti), Siamo europei (Calenda).

FONTE: elaborazione openpolis su dati parlamento italiano
(ultimo aggiornamento: giovedì 18 Luglio 2019)

Basta notare come per tutti i partiti (e anche per le associazioni e fondazioni ad essi collaterali) le donazioni sopra 500 euro arrivino nel 90% dei casi da eletti, come parlamentari o altri rappresentanti nelle istituzioni. Mentre per le organizzazioni non partitiche, come il comitato Change di Giovanni Toti, l'associazione Siamo europei di Carlo Calenda e il comitato elettorale di Sergio Chiamparino, le donazioni da eletti hanno costituito solo una parte residuale del finanziamento.

Soggetti che acquisiscono centralità nel contesto politico e che per questo sarà necessario monitorare con maggiore attenzione. Una attività di controllo non così agevole dato l'enorme numero di strutture di cui stiamo parlando.

6.000 realtà associative potenzialmente da monitorare con il ddl anticorruzione, secondo le stime della commissione sui partiti.

Oltretutto, il rischio di passi indietro su una materia così delicata è sempre presente.

Ne abbiamo avuto un esempio con la recente approvazione del decreto crescita. Il ddl anticorruzione, approvato a dicembre 2018, ha introdotto il divieto di ricevere contributi da governi, enti pubblici di stati esteri o persone giuridiche aventi sede all'estero e non assoggettate ad obblighi fiscali in Italia. Un obbligo valido in primis per i partiti (art. 1, comma 12), ma esteso dalla stessa legge anche alle fondazioni con l'articolo 1 comma 28.

A pochi mesi di distanza, il decreto crescita ha aggiunto un comma (28-bis) che esclude fondazioni, associazioni e comitati dal divieto di ricevere questo tipo fondi.

28-bis. In deroga al comma 28, alle fondazioni, alle associazioni e ai comitati (...) non si applica il comma 12, primo periodo.

Al di là della questione specifica, è solo un esempio di come il legislatore, dopo aver approvato e promosso l'introduzione di una norma, possa tornare sui suoi passi in poche settimane.

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