Cosa lega l’accesso all’istruzione e le condizioni lavorative #conibambini

Le opportunità di occupazione e la condizione lavorativa di chi ha avuto la possibilità di studiare sono sistematicamente migliori. Tuttavia, oggi purtroppo sono soprattutto i figli dei laureati ad andare avanti negli studi, rendendo lo svantaggio sociale di fatto ereditario.

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La questione dell’accesso al lavoro è particolarmente sentita dai giovani e dalle loro famiglie. Specialmente in Italia dove, come abbiamo avuto modo di approfondire in passato, il raggiungimento dell’indipendenza dal nucleo familiare è spesso più lento rispetto alla media europea.

Un aspetto però spesso sottovalutato nel dibattito pubblico è quanto la futura condizione lavorativa sia legata all’accesso all’istruzione. I dati indicano che le opportunità di chi ha completato gli studi sono sistematicamente migliori.

Generalmente sono i figli di laureati a proseguire il percorso verso i gradi di istruzione superiore. Viceversa, purtroppo, è spesso proprio chi nasce in una famiglia già svantaggiata ad avere meno probabilità di andare avanti con gli studi. Questa dinamica rischia di rendere lo svantaggio sociale di fatto ereditario.

L’impatto dell’istruzione sull’accesso al lavoro

Il motivo di questa tendenza può essere ricollegato all’impatto delle innovazioni, tecnologiche e non solo, nell’attuale mondo del lavoro. In un contesto dove metodi, strumenti e tecnologie cambiano velocemente, le competenze con cui si esce dalla scuola e dall’università rivestono un ruolo cruciale. Così come la capacità di mantenersi aggiornati, in una logica di apprendimento permanente.

Anche per questi motivi, il tasso di occupazione tra chi ha abbandonato la scuola precocemente risulta così basso. Tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno concluso il proprio percorso di istruzione con il conseguimento del diploma, il 60,5% risulta occupato. La quota scende al 44,4% tra chi ha abbandonato la scuola prima del tempo.

Al crescere del titolo di studio, aumenta anche la possibilità per i giovani adulti di essere occupati. Nella generazione successiva, tra i 25 e i 34 anni, chi ha al massimo la licenza media è occupato nel 57,3% dei casi. Quota che sale di oltre 10 punti tra i diplomati (68,9%). Mentre tra i laureati il tasso di occupazione raggiunge il 74%.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat ed Eurostat
(pubblicati: mercoledì 17 Luglio 2024)

In questo senso, è interessante evidenziare due osservazioni. La prima è che si tratta di un dato piuttosto basso nel contesto europeo. In media, nell’Ue a 27, sono occupati quasi l’87% dei laureati e il 79,4% dei diplomati.

La seconda è che la quota di giovani laureati occupati varia tra le diverse aree del paese. A fronte di un tasso di occupazione medio del 74% nella fascia d’età 25-34 anni, la quota supera l’80% nel nord (82,8%), raggiunge il 75,6% nel centro e si ferma al 58% nel mezzogiorno. Questo nonostante una crescita dell’intero paese e del meridione in particolare negli ultimi anni. Al sud infatti si è passati dal 46,6% del 2018 al 58% del 2023.

Sono comunque soprattutto le lauree Stem ad assicurare le maggiori possibilità di occupazione. Come approfondito nel rapporto di Istat sui Livelli di istruzione e i ritorni occupazionali, il tasso di occupazione si avvicina al 90% tra gli adulti (non solo giovani) con lauree in ambito scientifico e tecnologico.

L’indirizzo di studio universitario determina importanti differenze nei tassi di occupazione dei laureati. Nel 2023, il tasso di occupazione tra i 25-64enni laureati nell’area Umanistica e dei servizi è pari al 79,5%, sale all’84,2% per i laureati nell’area Socio economica e giuridica, si attesta all’86,6% per le STEM e raggiunge il massimo valore (88,6%) tra i laureati nell’area Medico-sanitaria e farmaceutica.

Accesso all’istruzione e qualità della condizione lavorativa

La possibilità di proseguire gli studi non incide solo in termini quantitativi sull’accesso al lavoro. Può impattare profondamente anche sulla qualità dell’occupazione che si riesce a ottenere.

Tra i giovani adulti, nella fascia tra 25 e 34 anni, gli occupati a tempo parziale erano il 17,5% nel 2023, di cui quasi due terzi (63,9%) soggetti a un part-time involontario. La quota dei part-time sale al 19% tra chi ha al massimo la licenza media e tra questi quasi 3 su 4 (73,5%) si trovano in tale situazione per volontà del datore di lavoro e non per loro richiesta.

Tra i diplomati la quota di occupati part-time è simile (18,8%), mentre scende al 64,1% quella degli involontari. Con un titolo terziario come la laurea il divario è ancora più netto: 14,7% di lavoratori part-time, di cui il 57,5% involontari. Sedici punti in meno rispetto ai coetanei senza il diploma.

Disparità educative che riproducono i divari sociali

Questi dati evidenziano una tendenza piuttosto nitida per cui l’accesso ai più alti livelli di istruzione migliora la posizione lavorativa, sia nella possibilità di accesso che nella qualità dell’occupazione stessa.

Si tratta di una tendenza fisiologica. Anzi, un’anomalia del caso italiano è che anche per i giovani laureati l’accesso al lavoro è meno scontato rispetto al contesto europeo. L’elemento patologico però è anche un altro, direttamente connesso con quella che viene definita “trappola della povertà educativa”. La possibilità di proseguire gli studi, con il diploma e a maggior ragione con la laurea, in Italia è ancora strettamente legata alla condizione sociale ed economica della famiglia di origine.

La povertà educativa è la condizione in cui un bambino o un adolescente è privato del diritto all'apprendimento in senso lato, dalle opportunità culturali e educative al diritto al gioco. Povertà economica e educativa si alimentano a vicenda. Vai a “Quali sono le cause della povertà educativa”

Come abbiamo avuto modo di raccontare in passato, sono infatti soprattutto i figli dei laureati a proseguire gli studi. Quando i genitori non hanno il diploma, quasi un giovane su 4 (23,9%) abbandona precocemente gli studi e solo il 12% raggiunge la laurea o un altro titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, la percentuale di abbandoni precoci della scuola scende all’1,6%, mentre quasi il 70% si laurea.

12% i giovani laureati se i genitori hanno al massimo la licenza media (68,7% tra i figli dei laureati).

Ciò implica che chi nasce in una famiglia svantaggiata, oltre ad affrontare fin dall’infanzia le privazioni legate ai problemi economici, più difficilmente riuscirà ad affrancarsi da tale condizione con lo studio. Rendendo ereditaria, di generazione in generazione, questa condizione di svantaggio.

Per questo motivo è utile ricostruire – dati alla mano – la situazione sul territorio. In particolare nella relazione tra livelli di istruzione e tasso di occupazione degli adulti. Anche alla luce dell’impatto della condizione dei genitori sulle possibilità dei figli.

Quanti sono gli occupati, i diplomati e i laureati nei comuni italiani

Nella fascia 25-49 anni, in media il tasso di occupazione si attestava al 71,7% alla fine del 2021. In questo segmento demografico, la quota di persone con almeno il diploma era pari al 73,6%; il 27% aveva la laurea o un altro titolo di livello terziario.

Rispetto all’occupazione, tra i capoluoghi le prime 57 città per tasso di occupazione sono tutte del centro-nord. Ai primi posti in particolare Belluno (84,7%), Bolzano (81,9%), Monza (81,8%), Lodi (81,5%), Trento (81,4%), Lecco (81,4%), Milano e Cuneo (entrambe all’81,2%).

Da notare che tra i 20 capoluoghi con maggiore occupazione tutti – con la sola eccezione di Prato – superano la media nazionale di laureati. In 7 casi su 20, le prime città in termini di occupazione coincidono con quelle con più laureati.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat (censimento permanente)
(pubblicati: sabato 1 Gennaio 2022)

Analogamente, delle 20 città capoluogo con minore occupazione, ben 15 sono anche ai vertici in Italia per incidenza di residenti con al massimo la licenza media. I comuni capoluogo di provincia con il tasso di occupazione più basso sono Catania (52,5%), Napoli (53,5%), Palermo (53,9%) e Trapani (54,4%). In questi comuni l’incidenza di laureati è pari rispettivamente al 22,9%, 23,3%, 24,7% e 20,5%, al di sotto della media nazionale (27%).

Un tasso di occupazione inferiore al 60% si registra anche in altri 12 capoluoghi, tutti del mezzogiorno: Messina, Crotone, Siracusa, Agrigento, Caltanissetta, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Foggia, Taranto, Trani, Cosenza e Andria.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi all’incidenza di diplomati (o titolo superiore) e di occupati nel comune sono stati elaborati incrociando informazioni di fonte Istat (demo.istat e censimento permanente).

Foto: Tima Miroshnichenko (licenza)

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