Come gli aiuti allo sviluppo favoriscono la riduzione dei flussi migratori Cooperazione

Mauro Lanati, ricercatore del Migration Policy Centre dell’European University Institute illustra lo studio che ha calcolato come gli aiuti allo sviluppo a sostegno di istruzione e salute dissuadano dalla decisione migratoria.

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Una quota crescente delle risorse destinate dall’Italia alla cooperazione internazionale allo sviluppo non varca i confini nazionali. Questa tendenza, oltre a rappresentare un mancato contributo all’avanzamento economico e sociale dei paesi più poveri, rischia di essere controproducente anche se l’obiettivo è la riduzione dei flussi migratori. E’ quanto emerge da uno studio recentemente pubblicato dalla rivista World Development.

La cooperazione internazionale, soprattutto se diretta al miglioramento dei servizi pubblici di salute e istruzione può convincere potenziali migranti che non vale la pena di cercare una vita migliore altrove

Nel 2016, il 78,75% del flussi di aiuti italiani del canale bilaterale – ovvero che va da governo a governo – non è mai arrivato nei paesi in via di sviluppo. Questa tendenza viene definita aiuto “gonfiato” perché si tratta di fondi conteggiati come cooperazione ma in realtà destinati a finalità diverse dallo sviluppo, in particolare all’accoglienza dei richiedenti asilo politico nel nostro paese, ma anche alla riduzione del debito nei paesi poveri. Ciò significa che degli oltre 2,3 miliardi dell’aiuto pubblico bilaterale impegnati nel 2016, solo poco più di 496 milioni sono aiuto “genuino”, ovvero sono soldi usati per costruire scuole, ospedali e progetti di avanzamento economico e sociale in Africa, Asia e America Latina.

Le due percentuali sono calcolate sul totale del canale bilaterale e si riferiscono ai fondi spesi per progetti di cooperazione in senso stretto (aiuto genuino) e quelli invece usati in altri tipi di attività (aiuto gonfiato). Le risorse individuate come aiuto gonfiato spesso rimangono nel paese donatore stesso, oppure si tratta di voci di bilancio conteggiate come aggiuntive ma in realtà solo “rincontabilizzate” (per esempio la conversione del debito).

Le voci di bilancio considerate aiuto gonfiato sono: rifugiati nel paese donatore; cancellazione o riscadenzamento del debito; costi amministrativi del donatore; personale del paese donatore; formazione nel paese donatore; costi indiretti di formazione nel paese donatore; informazione alle tematiche di sviluppo. Per approfondire: che cosa si intende per aiuto gonfiato e aiuto genuino

FONTE: open aid (dati 2016 provvisori)
(ultimo aggiornamento: giovedì 30 Novembre 2017)

Mauro Lanati, ricercatore del Migration Policy Centre dell'European University Institute spiega a Openpolis perché oggi è importante investire nei paesi di origine dei migranti con progetti che incidano direttamente sul benessere delle persone, in particolare su istruzione e salute.

Ascolta l'intervista a Mauro Lanati

Dalla ricerca "L'impatto degli aiuti allo sviluppo sulle migrazioni"  che ha realizzato insieme al collega tedesco Rainer Thiele emerge una correlazione negativa tra gli aiuti e le migrazioni: ovvero nei paesi dove arrivano maggiori aiuti in ambito sanitario e educativo meno persone scelgono di abbandonare la propria terra. La ricerca ha analizzato i dati Ocse sugli aiuti allo sviluppo e quelli relativi alle migrazioni. L'aspetto innovativo rispetto ai precedenti studi sulla relazione aiuti-migranti è che questa ricerca analizza i flussi di persone piuttosto che il numero di stranieri residenti nel paese di destinazione, risultando così più accurato.

 

Come è nata l’idea di uno studio sull’impatto degli aiuti allo sviluppo sui flussi migratori?
E’ nata dal dibattito pubblico. Ascoltando politici europei che proponevano, e ancora propongono, come soluzione alla crisi migratoria, l’aumento degli aiuti allo sviluppo verso i paesi di origine. Ci siamo chiesti se queste dichiarazioni avessero qualche fondamento scientifico. E ci siamo accorti che questa domanda di ricerca, molto rilevante dal punto di vista politico, fosse relativamente poco esplorata dalla letteratura scientifica.

Può descrivere quali sono risultati del vostro studio?
Contrariamente agli studi precedenti troviamo nella nostra ricerca una relazione negativa tra aiuto allo sviluppo e migrazione. Ciò significa che un aumento dell’aiuto allo sviluppo verso i paesi di origine dei migranti corrisponde a una riduzione delle migrazioni regolari. L’effetto appare particolarmente rilevante quando analizziamo l’aiuto nei cosiddetti “social sectors”, ovvero la sanità e l’istruzione. Questo risultato è in linea con studi di altri economisti - come Dustmann Okatenko (2014) - che rivelano come la qualità dei servizi pubblici come sanità e istruzione, siano elementi più rilevanti nella scelta migratoria rispetto a fattori legati al reddito.

Il principale impegno dei paesi donatori è quello di destinare all'aiuto pubblico allo sviluppo lo 0,70% del proprio reddito nazionale lordo. Un traguardo che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030. Vai a "Quante risorse per la cooperazione allo sviluppo"

Di preciso, quali sono i dati e le fonti che utilizzate?
Abbiamo usato i dati relativi a flussi migratori legali da circa 140 paesi di origine verso i maggiori paesi di destinazione, dal 1995 al 2014. Sia per quanto riguarda i flussi che per gli aiuti allo sviluppo i dati sono quelli pubblicati annualmente dall’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).

Perché è importante considerare i flussi, invece che gli stock di migranti?
Riteniamo fuorviante utilizzare come variabile dipendente il dato relativo ai migranti che già risiedono nel paese di destinazione, perché questi possono essere arrivati nel paese già da decenni, mentre invece la nostra domanda di ricerca è l’effetto dell’aiuto allo sviluppo sulla decisione migratoria. Quindi il dato corretto da utilizzare è quello relativo ai flussi migratori.

Quali dati sono indicati nel grafico descrittivo della ricerca?

Il grafico mostra il confronto tra l’aiuto allo sviluppo per abitante ricevuto dai paesi dell'Africa orientale espresso come media dei tre anni precedenti in dollari e la quota di emigranti dagli stessi paesi sul totale della popolazione. Entrambe le misure sono espresse in scala logaritmica. Dal confronto emerge una correlazione negativa: all’aumento dell’aiuto ricevuto corrisponde una riduzione del numero di emigranti sul totale della popolazione.

E’ in progetto un approfondimento di questo studio?
Sì. Poiché finora abbiamo analizzato dati macro, cioè relativi ai Paesi, sto ora scrivendo un progetto per analizzare informazioni micro, ovvero sulle singole persone. Dato che la scelta migratoria avviene a livello individuale, a livello di famiglia, l’idea è di lavorare su micro-dati, quindi focalizzarsi su singoli progetti di aiuto allo sviluppo e studiare il loro effetto sui meccanismi della scelta migratoria.

La ricerca ha riguardato i dati relativi ai flussi regolari, si può applicare ai migranti irregolari?
La ricerca sulle migrazioni irregolari potrebbe essere fatta se ci fossero dati per quest’esercizio statistico. Al momento questi dati non esistono. Ci sono dei dati dell’agenzia Frontex che però sono caratterizzati dal fatto che i migranti, oltre a essere registrati all’arrivo, possono essere registrati più volte all’interno dell’Unione in diversi paesi. Questo potrebbe creare delle distorsioni negli effetti dell’aiuto allo sviluppo e di ogni determinante della migrazione irregolare. Al momento dunque lo studio può applicarsi solo su migrazioni regolari che comunque offrono informazioni riguardo alla decisione migratoria. Molti dei migranti analizzati provengono da paesi in via di sviluppo e si parla comunque di migranti per motivazioni economiche.

Quali sono le politiche suggerite dai risultati di questo studio?
Il nostro studio suggerisce che l’aiuto allo sviluppo ha un effetto, sebbene di lungo periodo e piccolo in termini numerici. Ma secondo i nostri risultati ha senso insistere sull’aiuto allo sviluppo, investire e creare opportunità nei Paesi di origine dei migranti. Dalla nostra analisi emerge che ha senso focalizzarsi soprattutto su settori come istruzione e sanità. Alle stesse conclusioni arrivano anche altri studi come quello di Christian Dustmann che è un economista tedesco molto influente. Sembra che la qualità nei settori sociali come l’istruzione e la sanità abbia un impatto molto rilevante sulla scelta migratoria.

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