Come leggere le cifre sulla cooperazione allo sviluppo Conferenza nazionale [CO]OPERA

Il governo ha rivendicato il raddoppio delle risorse stanziate, un dato quasi vero che va però analizzato nel dettaglio.

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Immagine di copertina del gruppo di lavoro “Giovani” durante la conferenza [CO]OPERA
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Il 24 e 25 gennaio si è tenuta a Roma la Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo. La conferenza ha rappresentato un momento di dialogo con le ong, le associazioni non profit, il settore privato, le autorità locali e tutti gli attori coinvolti nella cooperazione internazionale. La conferenza è stata inoltre un’occasione per il governo per rivendicare il raddoppio delle risorse investite in aiuto pubblico allo sviluppo (aps) e per sottolineare la ripresa di un ruolo più rilevante del nostro paese. Gli interventi politici più importanti sono stati, il primo giorno quelli dei ministri Alfano (esteri) e Calenda (sviluppo economico), e a chiusura della conferenza quelli del viceministro Giro (con delega alla cooperazione internazionale) e del presidente del consiglio Paolo Gentiloni.

raddoppiare le risorse significa raddoppiare la speranza e le opportunità per tante zone del nostro pianeta.

Nonostante i passi avanti, le parole del premier in chiusura della conferenza, hanno enfatizzato la positività di alcuni dati che devono invece essere letti in profondità. Infatti una parte consistente delle risorse investite in aps non è destinata a sostenere progetti nei paesi in via di sviluppo, ma resta invece in Italia. Si tratta soprattutto della voce “rifugiati nel paese donatore”, che rappresenta il 34% di tutto l’aps. Per quanto fondamentale e rispondente ai doveri di protezione umanitaria, l’accoglienza dei rifugiati o migranti che sbarcano sulle nostre coste, è chiaro che questa spesa non può essere messa in relazione con lo sviluppo dei dei paesi più poveri e con alcune delle cause profonde che producono le migrazioni.

Nel 2016 1,5 miliardi di euro di aiuto pubblico allo sviluppo non sono mai usciti dal nostro paese Vai a "Che cos’è il capitolo di spesa “rifugiati nel paese donatore”"

Il quasi raddoppio dell’aps , dallo 0,14 nel 2012 allo 0,27 nel 2016, è calcolato su un intervallo specifico non casuale. Infatti il 2012 è stato l’anno peggiore per gli investimenti italiani in aps dal 2004. Se quell’anno il rapporto tra aps e reddito nazionale lordo (rnl) era pari allo 0,14 solo l’anno prima (2011) rappresentava lo 0,20.

E proprio il 2011 risulta essere una data più adatta per fare un confronto, visto che si tratta dell’anno precedente all’inizio di una fase nuova, da più punti di vista. A fine 2011 entra in carica il governo Monti, nel momento di massima emergenza della crisi economica, dando il via alla fase dei governi di larghe intese. Ed è proprio con il governo Monti che si registra una inversione di tendenza nell’aps dopo la brusca caduta registrata l’anno precedente.

In secondo luogo dal 2011 comincia la crescita della spesa per l’accoglienza dei migranti, come conseguenza delle crisi libica e alla fase di destabilizzazione di molti paesi nordafricani, dovuta al diffondersi del terrorismo islamista e al rapido sfiorire delle speranze delle primavere arabe .

Dopo il crollo del 2012 i fondi sono quindi tornati gradualmente ad aumentare e, se teniamo il 2011 come anno di riferimento, nel 2016 si può parlare non di un raddoppio ma comunque di un incremento del 35% del rapporto aps/rnl.

1,5 miliardi il mancato investimento in aps pura tra 2012 e 2015

Ma anche su questo dato bisogna fare delle specificazioni. Infatti se sottraiamo al totale l’importo relativo ai “rifugiati nel paese donatore” possiamo vedere che solo nel 2016 l’aps “genuino” è tornato ai livelli del 2011, ovvero poco sopra quota 3 miliardi. Quindi sull’aps pura non c’è stato alcun aumento in questi anni ma piuttosto un mancato investimento di un miliardo e mezzo tra il 2012 e il 2015.

La spesa per l’emergenza migranti è letteralmente esplosa, passando da 840 milioni nel 2011 a 3 miliari e 719 milioni nel 2016. Le risorse per la cooperazione invece sono crollate nel 2012 per tornare solo nel 2016 ai livelli di 5 anni prima.

Attualmente il costo per i rifugiati viene contabilizzato sia in aiuto pubblico allo sviluppo (dove fa parte del bilaterale) che nell’emergenza migranti (dove fa parte dell’accoglienza). Non è invece presente nell’indicatore Aps puro.

 

 

FONTE: dati aps da openaid e dati migranti da def 2017.
(ultimo aggiornamento: martedì 30 Gennaio 2018)

Le spese per i rifugiati sostenute in Italia sono quindi la componente che registra l’aumento più significativo. Non a caso il costo totale sostenuto dall’Italia per questa crisi umanitaria è quadruplicato tra il 2011 e il 2016, trainando la crescita dell’aps.

Comunque è vero che nel complesso i fondi per la cooperazione sono aumentati e che l'obiettivo intermedio dello 0,30 nel rapporto aps/rnl entro il 2020 è ormai realistico. Anche perché dal prossimo anno il comitato sviluppo dei paesi Ocse ha stabilito che una parte dei costi per il soccorso in mare potranno rientrare nel calcolo dell'aps. Se si considera che il documento di economia e finanza dichiara una spesa per il 2016 di quasi 670 milioni di euro per il soccorso in mare, è chiaro che questo porterà un aumento automatico delle risorse rendicontate in aps.

In conclusione una crescita delle risorse c'è stata e in parte ne ha beneficiato la componente “a dono”, ovvero quella dei progetti realizzati dalla cooperazione governativa o dalle ong con le comunità locali. Si è trattato però di una crescita relativa. I buoni propositi espressi durante la conferenza inoltre, dovranno fare i conti con le elezioni politiche del 4 marzo, dopo le quali potrebbero essere altri gli attori politici di riferimento. Il tema peraltro non sembra raccogliere sinora un adeguato interesse in campagna elettorale, ed è al momento difficile dire quali siano i propositi delle varie forze in campo rispetto al tema della cooperazione.

 

Foto Credit: Conferenza nazionale della cooperazione allo sviluppo

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