Che cos’è il capitolo di spesa “rifugiati nel paese donatore”

In questa voce rientrano le spese sostenute per l’accoglienza in Italia di richiedenti o titolari di protezione internazionale. Sono la principale componente dell’aiuto gonfiato e una quota significativa dell’Aps italiano.

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Definizione

La voce “rifugiati nel paese donatore” è uno specifico capitolo di spesa all’interno della rendicontazione ufficiale sull’uso dei fondi di aiuto pubblico allo sviluppo (Aps). In questa voce rientrano le spese sostenute per gestire le richieste di asilo.

Si tratta della componente principale del cosiddetto aiuto gonfiato. La spesa per rifugiati è infatti una politica di grandissima importanza, che però allo stesso tempo non costituisce una politica di sviluppo verso i paesi di origine dei rifugiati stessi, che sarebbero i destinatari dei fondi.

Negli anni questa voce di spesa ha avuto un peso oscillante, aumentando dal 2014 al 2017, calando poi fino al 2020 e infine riprendendo a crescere nel 2021, in corrispondenza dell’aumento dei flussi migratori. 

Nel 2017 in particolare le risorse destinate alla voce “rifugiati nel paese donatore” avevano, per via dell’aumento dei flussi migratori, raggiunto livelli molto elevati. Ne derivava però un’erosione dei fondi destinati all’obiettivo proprio dello sviluppo e pertanto, dopo una complessa negoziazione con i paesi donatori, furono elaborate delle linee guida sulla contabilità di questo capitolo di spesa, per ovviare al problema della difformità nell’interpretazione. Nel documento, l’Ocse ha ribadito l’opportunità di considerare aiuto allo sviluppo i costi per i rifugiati sulla base del valore umanitario di questo tipo di assistenza.

Secondo le regole attuali possono essere inclusi solo i costi sostenuti entro i primi 12 mesi di permanenza del richiedente asilo, a partire dal suo arrivo nel paese o dalla data di presentazione della sua domanda di asilo o protezione. Nel caso dei richiedenti la cui domanda fosse respinta, nessuna spesa successiva al diniego definitivo può essere rendicontata, anche qualora rientrasse nel limite temporale dei 12 mesi.

Per quanto riguarda invece le persone cui viene riconosciuta l’istanza di asilo, sono riconosciute come Aps tutte le spese dirette qualificabili come temporanee, purché rientrino nel limite temporale stabilito, mentre vanno escluse quelle di natura più permanente che promuovono l’integrazione dei rifugiati nell’economia del paese donatore.

Stando al disegno di legge di bilancio 2023, si possono considerare Aps le spese per:

  • vitto e alloggio (inclusi i costi di manutenzione e di affitto delle strutture di accoglienza) e altri articoli essenziali, per esempio gli abiti;
  • istruzione (in caso di minori) o formazione (corsi di lingua o altre attività ad hoc);
  • cure mediche di base e supporto psico-sociale alle persone con bisogni specifici;
  • assistenza per la richiesta di asilo (traduzioni, counseling su aspetti legali e amministrativi);
  • pocket money, spesso definito diaria (cioè il contributo in denaro contante per le piccole spese personali);
  • trasporto in caso di reinsediamento (con cui si intende il trasferimento del richiedente asilo o protezione da un paese di transito a un paese di accoglienza, a opera dell’Unhcr), o il rimpatrio volontario verso un paese in via di sviluppo entro i 12 mesi della richiesta;
  • costi addizionali legati alle attività che hanno come scopo principale il salvataggio in mare;
  • spese amministrative dirette (inclusi i costi del personale).

Non possono essere invece inclusi:

  • i costi per l’integrazione (per esempio l’istruzione terziaria, i programmi di formazione professionale o di inserimento lavorativo, le forme di sostegno al reddito);
  • la costruzione di centri di accoglienza;
  • I processi di elaborazione delle domande di asilo finalizzati all’accoglimento o al respingimento delle stesse;
  • i servizi di polizia e pattugliamento delle frontiere, delle vie di transito e dei centri di accoglienza;
  • i controlli di sicurezza;
  • il controllo dei confini, anche aerei e marini, se lo scopo prioritario della missione non è salvare potenziali richiedenti di protezione internazionale;
  • i costi di detenzione e le azioni di contrasto al traffico di esseri umani;
  • i costi sostenuti per i richiedenti asilo sottoposti a procedure “corte”, “accelerate” o “fast track“;
  • i rimpatri volontari superati i 12 mesi dalla domanda;
  • i rimpatri forzati;
  • i costi amministrativi indiretti;
  • tutte le spese relative a chi non ha espresso la volontà di inoltrare una richiesta di asilo.

Dati

Nel 2010 la voce di spesa “rifugiati nel paese donatore” rappresentava appena lo 0,12% dell’intero aiuto pubblico allo sviluppo italiano. Negli anni ha però progressivamente acquisito importanza, passando dal 9% del 2012 al 32,7% del 2016.

Successivamente la quota relativa ai rifugiati nel paese donatore è tornata a scendere, passando dal 30,8% del 2017 (quando l’importo in termini assoluti ha raggiunto il livello più alto, con oltre 160 milioni di euro) al 5,4% del 2020. Nel 2021 si può osservare un nuovo aumento che ha portato il peso di tale componente a superare il 9% del totale dell’aiuto pubblico allo sviluppo del nostro paese.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(consultati: martedì 7 Marzo 2023)

Negli anni dal 2014 al 2017, che hanno visto un’importante aumento degli arrivi in Europa, la crescita del capitolo di spesa sui rifugiati ha coinvolto tutti i paesi del comitato Dac, pur avendo inciso in modo particolare sui paesi più interessati dai fenomeni migratori, come l’Italia.

Complessivamente, infatti, nel 2016 i paesi del comitato Dac hanno rendicontato 15,9 miliardi di dollari di spesa per i rifugiati nel paese donatore, pari all’11% dell’Aps totale. Negli ultimi anni, tra 2018 e il 2021, il rapporto si è attestato tra il 5% e il 7%.

Analisi

A partire dal 2017 la quota di Aps coperta dalla voce di spesa “rifugiati nel paese donatore” ha iniziato la sua discesa, con un calo decisamente più marcato dopo il 2018. Numeri influenzati ovviamente anche dalla riduzione degli sbarchi di richiedenti asilo e migranti sulle coste italiane.

Leggendo i dati possiamo notare che tra il 2018 e il 2020 le quote dedicate agli aiuti multilaterale e bilaterale (al netto della voce sui rifugiati nel paese donatore) hanno avuto variazioni lievi, mentre è proprio il capitolo di spesa sui rifugiati ad aver visto un calo evidente.

La sua riduzione non è di per sé una cattiva notizia, considerando anche che la decisione di contabilizzarla all’interno dell’Aps è stata negli anni contestata da più parti. Tuttavia, per evitare che questo calo produca una riduzione complessiva dell’Aps è necessario che i governi decidano di investire di più in altri settori della cooperazione, incrementando i fondi destinati all’aiuto genuino, ossia quelle risorse effettivamente usate per progetti di cooperazione e sviluppo nei paesi destinatari delle donazioni e dei crediti di aiuto.

Nel 2021 poi le risorse dedicate a questo capitolo di spesa sono nuovamente aumentate. Se si tratterà di un’inversione di tendenza, dipenderà in gran parte dall’andamento dei flussi migratori nei prossimi anni. L’aumento registrato nel 2022 e nei primi mesi del 2023 porta a pensare che ci sarà, contestualmente, un incremento.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

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