L’Europa torna a litigare sui migranti ma la ricerca di un colpevole non aiuta Migranti

Con l’aumento del numero di sbarchi gli stati membri dell’Unione europea tornano ad accusarsi reciprocamente. In questo contesto e con le elezioni europee alle porte il lavoro della commissione per promuovere nuove regole appare sempre più difficile.

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Come è noto nel 2023 il numero di arrivi di profughi e richiedenti asilo è notevolmente aumentato, almeno in Italia. Gli scorsi anni tuttavia non sono stati sfruttati per riformare il sistema, né in Italia né in Europa.

L’incapacità di gestire la prima accoglienza, così come i ricollocamenti e i movimenti secondari in Europa ha messo in evidenza l’inadeguatezza del modello attuale, dando adito a polemiche e recriminazioni tra stati membri e con le istituzioni europee.

Nel denunciare le contraddizioni delle politiche altrui però ciascun attore si è guardato bene dal porre la questione in prospettiva, sorvolando sulle proprie negligenze e responsabilità. Ma la questione può essere affrontata solo allargando la prospettiva e ammettendo che il fenomeno è comune ai paesi europei ma le problematiche che ciascuno si trova ad affrontare possono essere di natura diversa.

Sbarchi e richieste di asilo

Sono diverse le problematiche che devono essere affrontate dagli stati membri che si trovano alla frontiera meridionale dell’Unione europea (Ue). Grecia, Spagna, Italia ma anche Malta e Cipro e sono inevitabilmente i paesi che devono gestire gli sbarchi dal nord Africa e dal medio oriente. Questo però non vuol dire che siano anche quelli che ricevono più richieste di asilo, con buona pace della retorica dell’invasione.

Nel corso del 2022 gli arrivi di migranti irregolari registrati da Unhcr in questi paesi sono stati poco meno di 160mila. Un dato che, per quanto elevato, non rappresenta neanche il 20% delle quasi 900mila richieste di asilo che sono state presentate in prima istanza nei paesi del’Unione europea nello stesso periodo.

Da un lato dunque è senza dubbio vero che i paesi di primo ingresso possono trovarsi in forte difficoltà nel gestire un numero consistente di arrivi, come accade in queste settimane in Italia. Al contempo però sono altri i paesi che quest’anno, come nei precedenti, hanno ricevuto il maggior numero di richieste di asilo.

Stando ai dati Eurostat, infatti, lo scorso anno l’Italia era solo il quinto paese in Europa per numero di richieste di asilo, con poco più di 77mila domande. Al primo posto invece la Germania, con quasi 218mila domande, e poi la Francia (137mila), la Spagna (116mila) e addirittura l’Austra (109mila).

È bene considerare inoltre che, a parte il caso dell’Austria, il 2022 non ha rappresentato un caso particolare. Osservando i dati sul primo semestre dell’anno, in modo da poter considerare anche il 2023, si osserva in effetti che l’Italia non è mai stata il primo paese per numero di richieste di asilo.

150mila le richieste di asilo presentate in Germania nel primo semestre del 2023. Nello stesso periodo in Italia sono state 59mila.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(consultati: giovedì 14 Settembre 2023)

Certo è vero che negli anni di maggiore afflusso (2015-2017) l’Italia si è trovata al secondo posto, con un numero di richieste maggiore rispetto a Francia e Spagna. In anni più recenti però il dato è sceso significativamente, come d’altronde è avvenuto con gli sbarchi. A metà 2020, ad esempio, l’Italia aveva ricevuto meno di 10mila richieste di asilo, mentre in Germania e Spagna erano circa 5 volte di più e in Francia 4.

Rispetto alla popolazione, l’Italia è al diciottesimo posto in Europa per richieste di asilo.

La questione peraltro non migliora osservando il numero di richieste rispetto alla popolazione. Certo in questi termini la Germania passa dal primo al decimo posto e la Francia al tredicesimo tra i paesi europei. L’Italia comunque non fa meglio posizionandosi al diciassettesimo posto.

Al di là delle recenti polemiche di Francia e Germania in tema di ricollocamenti, questi dati ci aiutano a mettere a fuoco un fenomeno che troppo spesso osserviamo esclusivamente dal nostro punto di vista.

Una prospettiva europea

Da una prospettiva nazionale infatti ciascuno può evidenziare le proprie ragioni e le criticità altrui. L’Italia ad esempio critica i paesi che si sono chiamati fuori dal sistema di ricollocamento volontario, mentre questi sostengono che Roma violi consapevolmente il regolamento di Dublino.

Certo è argomento comunque che le regole di Dublino non abbiano mai funzionato opportunamente. Quelle però, per quanto criticabili, restano norme che producono degli obblighi giuridici. Al contrario il sistema di ricollocamento è stato ideato proprio per superare le criticità di Dublino, ma si tratta appunto di uno strumento volontario. Gli stati membri che intendano rimangiarsi la parola data dunque compiono un atto politicamente criticabile ma perfettamente lecito da un punto di vista giuridico.

Eppure visto da un punto di vista europeo l’aumento del numero di migranti nel 2023 appare sì considerevole ma certo non critico come dalla prospettiva di alcuni stati membri.

29,4% l’aumento percentuale del numero di richieste di asilo in Europa tra 2022 e 2023. Un dato elevato ma non paragonabile all’aumento degli sbarchi in Italia.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(consultati: giovedì 14 Settembre 2023)

Nonostante questo è proprio a livello europeo che si faticano a trovare soluzioni. Eppure l’Ue dispone delle competenze necessarie per incidere su questa materia, anzi i trattati prevedono esplicitamente che assuma questo ruolo.

L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento.

Certo le maggiori responsabilità possono essere attribuite comunque agli stati membri, visto che è stato proprio il consiglio a non permettere che non venisse approvata la riforma del regolamento di Dublino del 2017. In effetti l’organo non si è neanche esposto con un voto contrario, evitando semplicemente di discutere la proposta finché le elezioni europee del 2019 non l’hanno resa obsoleta.

L’Ue appare molto in difficoltà nel riformare il sistema di Dublino.

Al contempo però il potere di iniziativa legislativa, nell’Ue, spetta alla commissione che nel corso della legislatura attuale si è mossa molto prudentemente. Certo nel 2020 von der Leyen ha proposto un nuovo patto sulle migrazioni ma ad oggi gli aspetti più importanti del sistema di Dublino non sono stati modificati. Lo scorso giugno il consiglio ha finalmente trovato un accordo, secondo alcuni a ribasso, che sembrava sbloccare la situazione di stallo. Tuttavia il patto è composto di varie parti tra loro interconnesse. E mentre alcune poroposte di legge avanzano altre si trovano in una condizione di stallo, come ha denunciato negli scorsi giorni il parlamento europeo.

Più in generale poi la commissione prevede di portare a conclusione le varie politiche che compongono il patto sulle migrazioni intorno ad aprile 2024. Ma con le elezioni politiche europee previste per il giugno successivo è prevedibile che la questione diventerà oggetto di scontro nella campagna elettorale. Certo bisogna augurarsi che questo non comprometta l’approvazione di nuove regole comuni ma è lecito attendersi che la questione possa nuovamente essere rimandata alla prossima legislatura.

Foto: governo.it

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