Il caos sulla gestione dell’accoglienza crea un clima di ostilità verso i migranti Accoglienza

L’aumento degli arrivi e le recenti disposizioni del governo generano incertezza nel sistema dell’accoglienza. In questa situazione si contribuisce all’aumento dell’ostilità dell’opinione pubblica nei confronti di richiedenti asilo e rifugiati.

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Quella che sta volgendo al termine è stata un’estate di sbarchi frequenti sulle coste italiane, come d’altro canto era stato previsto da analisti e istituzioni.

Tuttavia, poco sembra essere stato fatto per favorire una gestione organica e strutturata dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati nel nostro paese.

Al contrario, le norme pensate dal ministero dell’interno sembrano voler togliere flessibilità al sistema e non offrono soluzioni efficaci né per il rispetto dei diritti dei migranti né per una convivenza non conflittuale di questi ultimi con le comunità locali.

La naturale conseguenza è la volontaria prosecuzione di una logica di gestione emergenziale del sistema che attraversa gli anni e i governi, oltre che un generico atteggiamento di ostilità, da parte dell’opinione pubblica, nei confronti delle persone migranti.

Il dibattito è infatti caratterizzato da un continuo botta e risposta tra governo e istituzioni locali sulla distribuzione territoriale e dalla strumentalizzazione politica di un fenomeno, quello migratorio, che in queste modalità va avanti da almeno un decennio. E che, in generale, esiste da quando esiste l’umanità.

Gli arrivi sono al livello del 2016

Al 31 agosto 2023 erano arrivate sulle coste italiane poco più di 114mila persone migranti. I paesi di provenienza più ricorrenti sono la Guinea e la Costa d’Avorio (entrambi nell’Africa centro-occidentale), seguiti da nazioni nordafricane come Egitto e Tunisia.

Si tratta di un numero decisamente più alto rispetto agli anni precedenti – nell’agosto 2022 gli arrivi si fermarono 58mila unità – e simile al dato del 2016, quando alla stessa data erano arrivate circa 115mila persone.

FONTE: ministero dell’interno
(pubblicati: giovedì 31 Agosto 2023)

Tra il periodo della crisi europea dei rifugiati (2016-2017) e quello in cui si è iniziata a registrare una nuova crescita degli arrivi (2021-2022), ci sono almeno tre anni in cui gli sbarchi sono stati particolarmente esigui, per diverse cause: dalle dinamiche internazionali a quelle interne ai paesi di partenza e di transito, passando per le politiche repressive portate dal decreto Minniti e per le restrizioni in termini di movimento dovute alla pandemia.

Un periodo, insomma, in cui si sarebbe potuto rendere ordinario il sistema di accoglienza, rafforzando il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), quello ordinario e gestito dai comuni, che garantisce un’inclusione sociale più efficace. Tutto questo non è stato fatto da nessuno dei governi precedenti, né sembra essere l’intenzione dell’esecutivo Meloni.

Un sistema più chiuso e meno flessibile

L’andamento altalenante degli sbarchi negli anni impone una riflessione sulla flessibilità di cui necessiterebbe il sistema straordinario, che dovrebbe “allargarsi” e “restringersi” a seconda del numero di arrivi.

Al contrario il governo Meloni ha reintrodotto come obbligatorio il passaggio nei centri di accoglienza straordinaria (Cas), già previsto dal decreto sicurezza e poi abolito dalla cosiddetta riforma Lamorgese.

La disposizione è contenuta all’interno del cosiddetto “decreto Cutro“, che al tempo stesso prevede che a entrare nel Sai siano esclusivamente i titolari di protezione internazionale (e non chi ha richiesto l’asilo ed è in attesa di risposta).

Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.
Esplora il sistema di accoglienza. Scarica i dati.
Le strutture per richiedenti asilo e rifugiati.
Esplora il sistema di accoglienza. Scarica i dati.

In estate la situazione è divenuta paradossale. Infatti, se per un richiedente asilo è obbligatorio entrare in un Cas prima di avere accesso al Sai, di contro lo scorso 7 agosto il ministero dell’interno ha diffuso una circolare in cui si dice che chi ha ottenuto la protezione internazionale deve uscire subito dai centri straordinari.

Il Viminale intima ai rifugiati di lasciare i centri straordinari, senza offrire un’alternativa.

La ratio della circolare dovrebbe essere liberare quanti più posti possibile nei Cas (alla luce dell’aumento degli arrivi) e permettere ai fuoriusciti l’accesso al Sai, sistema dedicato proprio ai titolari di protezione.

Il problema è che non ci sono centri Sai a sufficienza, proprio perché negli anni lo stato, a più livelli, non ha puntato sul sistema ordinario dell’accoglienza.

Al 31 agosto scorso, infatti, a fronte di 136mila persone accolte complessivamente nel sistema di accoglienza, solo una su quattro era nel sistema ordinario, considerato come più inclusivo ed efficace sia per i migranti che per le comunità locali interessate dall’insediamento delle strutture.

Parliamo di sole 34.761 persone, a fronte di 99.849 ospitate nei centri straordinari.

25,4% dei richiedenti asilo e rifugiati ospitati nel sistema italiano sono ospitati nei centri Sai.

Sul fenomeno migratorio manca il principio di realtà

Dove andranno a finire i richiedenti asilo che hanno ottenuto la protezione ma devono obbligatoriamente lasciare i Cas, se non ci sono affatto centri Sai a sufficienza aperti sul territorio? E inoltre dove vengono trasferite le persone a cui è stata invece rifiutata la domanda?

Nel primo caso è bene sottolineare che è lo stato italiano ad aver attribuito loro la protezione internazionale. Nel secondo, invece, parliamo della maggior parte dei richiedenti asilo. Lo scorso anno, infatti, 32.800 domande su oltre 58mila inoltrate sono state rifiutate.

56% delle domande di asilo inoltrate in Italia nel 2022 sono state rifiutate.

Secondo le intenzioni del ministro dell’interno Matteo Piantedosi, ribadite recentemente in un’intervista per il sito web del Viminale, dovrebbero crescere in numero i centri per la permanenza e il rimpatrio (Cpr), “da aprire in ogni regione”.

Tuttavia è bene ricordare che le persone migranti hanno diritto alle misure di accoglienza fino all’ultima decisione del tribunale, anche dopo l’eventuale ricorso. Inoltre, tra la decisione di accettare la richiesta di asilo e il rilascio effettivo del permesso di soggiorno i tempi sono lunghi. Dunque viene chiesto ai richiedenti asilo di andar via dai Cas, mentre vivono in un limbo lungo mesi, a volte anni, e durante i quali non sempre riescono a integrarsi sul territorio.

L’atteggiamento del governo sembra voler porre le basi per un aumento dell’ostilità pubblica nei confronti dei migranti.

Nelle disposizioni del governo sembra insomma mancare il principio di realtà.

Aumento degli arrivi, stato di emergenza, obbligo a entrare nei Cas ma a uscirne subito dopo aver ottenuto la protezione, senza avere alternative, riduzione della flessibilità del sistema straordinario e mancata programmazione. Tutti ingredienti che sembrano porre le basi per una maggiore ostilità dell’opinione pubblica nei confronti delle persone migranti, e quindi per una minore inclusione sociale di questi ultimi sul territorio. A scapito di tutti.

Foto: Óglaigh na hÉireann (licenza)

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