Il ricorso al Foia in materia di ambiente Diritto di accesso

Ben prima dell’introduzione del Foia, un diritto di accesso libero, senza dimostrare il proprio interesse, è previsto dal 2005 sulle informazioni ambientali. Nel corso degli anni, è stato in alcuni casi necessario l’intervento del giudice amministrativo per garantire questa prerogativa.

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Appuntamento mensile con l’Osservatorio Foia di openpolis. Dall’evoluzione normativa della materia, alla sua applicazione nella giurisprudenza. Ma anche i dati del fenomeno, tra richieste e risposte, e il racconto di best practice: come sono stati utilizzati i dati per investigazioni di interesse pubblico. In collaborazione con Giulio Marotta.

Foia e ambiente, un diritto di accesso tutelato da prima della riforma del 2016

Nell’ultimo approfondimento abbiamo iniziato ad analizzare casi significativi di utilizzo del diritto di accesso generalizzato (Foia) per la tutela della salute. Si tratta di un importante strumento, a disposizione dei cittadini e delle loro associazioni, per ottenere dati e documenti di interesse pubblico in possesso delle amministrazioni, in modo da assicurare un controllo sociale diffuso sull’attività e le scelte amministrative.

Il cittadino e le associazioni rappresentative possono richiedere alla pubblica amministrazione dati e documenti già esistenti (ulteriori rispetto a quelli per i quali già vige un obbligo di pubblicazione), senza dover dimostrare l’esistenza di un interesse attuale e concreto né motivare la richiesta. Vai a "Che cos’è il Foia"

Un “Foia” in materia ambientale esiste già dal 2005.

In questo aggiornamento dell’osservatorio, cominciamo ad approfondire il tema delle richieste di accesso in materia ambientale. Sin dal 2005, in attuazione della normativa comunitaria, il legislatore aveva anticipato l’introduzione del Foia per le “informazioni di carattere ambientale”. In questi casi l’accesso non è soggetto alle restrizioni caratteristiche dell’accesso documentale (art. 22 e seguenti della legge 241/1990).

Esso è infatti consentito a “chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”, fatta salva la valutazione rispetto a possibili pregiudizi di altri soggetti coinvolti, e riguarda un arco molto ampio di informazioni:

  • lo stato degli elementi dell’ambiente (aria, atmosfera, acqua, suolo, territorio, siti naturali, zone costiere e marine, diversità biologica e suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, e interazioni tra questi)
  • i fattori che hanno impatto sull’ambiente (sostanze, energia, rumore, radiazioni e rifiuti, anche radioattivi, emissioni, scarichi e altri rilasci che possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui sopra)
  • le misure (politiche, disposizioni legislative, piani, programmi, accordi ambientali e ogni altro atto, anche di natura amministrativa) e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori ambientali. Oltre ovviamente a misure e attività finalizzate a proteggere gli stessi elementi.

La legge vuole favorire forme diffuse di controllo (senza alcuna limitazione sulla platea dei soggetti legittimati ad accedere alle informazioni) sul perseguimento delle funzioni istituzionali in campo ambientale. In modo da garantire la massima trasparenza sull’attività di tutela dell’ambiente svolta dagli organismi pubblici.

Quanto alla nozione di informazione ambientale accessibile, il d.lg. n. 195/2005 specifica all’art. 2 che per “informazione ambientale” si intende “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica od in qualunque altra forma materiale (…)” concernente lo stato degli elementi dell’ambiente, le emissioni, le misure adottate e finalizzate a proteggere i suddetti elementi, le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale, le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi economiche, lo stato della salute e della sicurezza umana.

Sulla base della normativa sull’accesso, singoli cittadini, comitati e associazioni hanno utilizzato spesso questo strumento per richiedere dati e documenti alle diverse amministrazioni, statali, regionali e locali.

Tra i casi più frequenti si segnalano quelli riguardanti gli impianti di trattamento dei rifiuti e l’utilizzo delle discariche, l’inquinamento derivante dall’attività di alcune specifiche aziende, la qualità dell’acqua potabile, la situazione delle rete fognaria. Nella nozione molto ampia di “informazione ambientale” sono state talvolta ricondotte anche le attività poste in essere a livello regionale per contrastare il fenomeno dell’abusivismo edilizio (cfr. Tar Campania, sez. VI, 30.4.2018, n. 2882).

Non risultano invece ammissibili richieste di accesso che non evidenziano la connessione con la materia ambientale, e hanno invece altre finalità, come ad esempio quelle di carattere economico-patrimoniale (Tar Veneto, sez. II, 22.4.2021, n. 530) oppure la gestione del demanio marittimo (Tar Lazio, sede di Latina, sez. I, 20.4.2021, n. 250).

I dati sugli accessi in campo ambientale

Nell’ultimo anno abbiamo effettuato un monitoraggio del modo in cui la legge sul Foia è stata recepita dalle diverse amministrazioni pubbliche, incrociando più volte il tema ambientale, in particolare nei casi del ministero dell’ambiente e dell’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Le richieste Foia alle istituzioni che, a livello nazionale, si occupano di ambiente sono interessanti per capire alcune tendenze su questo tema.

Per quanto riguarda il ministero dell’ambiente, il numero di richieste Foia nel 2020 è stato stabile rispetto al 2019 (18), portando a quasi 100 le richieste Foia ricevute da questa istituzione dal 2017. Come rilevato in una precedente analisi, le richieste Foia ai ministeri hanno mostrato negli anni recenti una tendenza al calo, che ha riguardato anche quello dell’ambiente. Tendenza che, almeno per questo dicastero, sembra essersi stabilizzata nel 2020. Anno che ha visto soprattutto un aumento di richieste direttamente collegate con l’emergenza Covid.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 25 Maggio 2021)

L'esito delle richieste nel 2020 si è risolto nella metà dei casi in un accoglimento totale (9) e in altri 4 casi in uno parziale. Altre quattro richieste risultano ancora in corso di lavorazione, mentre una è stata finora rigettata. In termini di tempi, le richieste evase nel 2020 hanno richiesto una media di 26,2 giorni, inferiore al limite previsto di 30 giorni. Dato che però viene superato da due richieste evase (che hanno impiegato rispettivamente 143 e 79 giorni) e dalle 4 di cui non è ancora noto l'esito.

50% delle richieste presentate al ministero dell'ambiente nel 2020 sono state accolte totalmente.

Per quanto riguarda Ispra, come già approfondito in una precedente analisi, si tratta dell'ente di ricerca che riceve in assoluto più richieste di accesso. Ciò è dovuto proprio all'impatto degli accessi alle informazioni ambientali, uno strumento più sedimentato nell'uso e nella normativa rispetto al Foia introdotto nel 2016.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: giovedì 25 Febbraio 2021)

Nel 2020 le richieste di accesso civico o a informazioni ambientali (non è possibile distinguere tra le due categorie) sono state 163, di cui 154 accolte e 9 con istruttoria in corso. Oltre il 90% delle richieste di accesso nel 2020 è stato accolto, un dato in linea con quanto rilevato negli anni precedenti. In termini di tempi, sono serviti 13,4 giorni in media per processare ciascuna domanda di accesso civico, ma questo dato non include le 9 richieste di cui ancora non si conosce l'esito.

La pubblicazione dei registri è molto superiore agli standard medi della Pa.

Dal punto di vista della compilazione dei dati, sia Ispra che il ministero si caratterizzano per la buona pratica di rilasciare i dati formato aperto (ods).

Entrambi pubblicano queste informazioni attraverso un modello ben strutturato che rende facilmente analizzabili le informazioni. Nel caso di Ispra sono ben distinti gli accessi civici da quelli documentali, ma non è immediatamente evidente la distinzione tra accessi semplici e generalizzati. Nel complesso comunque, rispetto agli standard adottati dalle diverse pubbliche amministrazioni analizzate in questi mesi (ministeri, regioni, agenzie, autorità garanti, comuni maggiori, enti statistici e di ricerca) entrambe le istituzioni sono sopra la media. Si tratta di un parametro importante perché consente di verificare in modo semplice tempi ed esito delle richieste Foia di cittadini e associazioni.

Un caso di utilizzo del Foia in materia ambientale

Non è infrequente il caso in cui, di fronte ad un diniego di accesso, è necessario rivolgersi al giudice amministrativo per ottenere i documenti richiesti.

Analizziamo il caso della richiesta di accesso, ai sensi sia del Foia che della legge sulle informazioni ambientali, avanzata da un’associazione di cittadini, il comitato Torino respira, nel quadro delle iniziative finalizzate per migliorare la qualità dell’aria nell’area metropolitana torinese.

In alcuni casi solo il ricorso al giudice consente di non avallare una interpretazione restrittiva del diritto di accesso.

La società 5T (azienda pubblica controllata dal comune di Torino e dalla regione Piemonte) aveva negato l’accesso ai dati sul traffico veicolare nell’area urbana, rilevata dalle apposite apparecchiature di controllo. Il comitato ha dovuto far ricorso al giudice amministrativo che gli ha dato ragione, in quanto i dati sul traffico veicolare rientrano a pieno titolo tra le “informazioni ambientali” previste dal Dlgs 195/2005, all'articolo 2 comma 1 lett. a). Si sottolinea che è la stessa normativa ad individuare gli “scarichi”, le “emissioni” ed i “rilasci” tra i “fattori” che possano incidere sugli elementi dell’ambiente. Inoltre viene sottolineato l’interesse generale della collettività che è alla base della richiesta di accesso generalizzato. Tutto ciò rende pienamente legittimo il ricorso al Foia nel caso in esame, senza peraltro obbligare la società 5T ad un’attività di rielaborazione dei dati disaggregati in suo possesso (Tar Piemonte, sez. II, 12.11.2020, n. 720).

Il problema registrato è che i dati sul traffico sono pubblicati quotidianamente sul sito istituzionale dell’Ente ma non è disponibile un archivio dati che permetta una lettura dei dati storici, cosa necessaria per poter valutare l'evoluzione del traffico ed i suoi impatti sulla qualità dell'aria nel tempo. Questa è una grave mancanza, che quando accade mortifica l’effettivo riconoscimento del diritto di accesso ambientale, ed in genere del Foia, quale strumento di cittadinanza attiva.

È interessante notare che la società 5T ha richiesto una somma (oltre 2.000 euro) a titolo di rimborso delle spese sostenute per l’attività di estrazione dei dati. Il comitato ha dovuto presentare un nuovo ricorso al giudice amministrativo, che anche questa volta gli ha dato ragione, ribadendo il principio della gratuità affermato dall’art. 5 del Dlgs 33/2013: non si possono addebitare al richiedente i costi del personale impiegato nella gestione delle pratiche di accesso civico, inclusi quelli relativi all’attività di estrazione dei dati e dei documenti dai relativi archivi, in quanto fanno carico alla fiscalità generale (Tar Piemonte, sez. II, 23.3.2021, n. 332).

Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall'amministrazione per la riproduzione su supporti materiali.

Contattati da noi per un commento sulla loro esperienza con il Foia, i rappresentanti del comitato hanno posto una serie di considerazioni sulla concreta possibilità, per il cittadino comune, di seguire l'intero iter di un Foia, specie di fronte a un iniziale diniego dell'amministrazione.

come ribadito dal Tar a cui abbiamo dovuto rivolgerci per la seconda volta, il diritto di accesso non può avere un costo sulla falsariga di un servizio offerto sul mercato. Viene dall’altro da osservare che se quanto accaduto al nostro Comitato fosse accaduto ad un cittadino singolo, giustamente interessato all'ambiente in cui vive, è presumibile che questo non sarebbe andato avanti in sede giudiziale, anche solo per la fatica e per i costi da sostenere per vedere affermare il diritto a che il dato pubblico sia trasparente e conoscibile, qualità che dovrebbero essere assolutamente normali.

Conclusioni

Il diritto di accesso alle informazioni ambientali rappresenta un importante strumento per la tutela del nostro territorio, a disposizione di tutti i cittadini, anche per la stretta connessione con problematiche di natura sanitaria. D’altronde una forte sensibilità su tali temi è segnalata ad esempio dalla relazione per il 2018 del difensore civico per le Marche.

Allo stesso tempo, dall'analisi dei casi concreti emerge come talvolta sia necessario il ricorso al giudice amministrativo per far valere le prerogative previste dalla normativa sul diritto di accesso. Con un iter complesso e oneroso che, nella pratica, risulta perseguibile soprattutto attraverso soggetti strutturati: organizzazioni, comitati, associazioni. Un percorso difficile per questi ultimi, e a maggior ragione per il cittadino che pure in base alla normativa ne avrebbe diritto. Al riguardo sarebbe opportuno che le spese del giudizio di fronte al giudice amministrativo siano integralmente poste a carico a carico della parte soccombente, in modo sanzionare le amministrazioni che negano in modo illegittimo l’accesso Foia a dati e informazioni.

Nei prossimi approfondimenti, così come nel manuale Foia, continueremo ad analizzare casi significativi di utilizzo del diritto di accesso per garantire la massima trasparenza della pubblica amministrazione ed un controllo diffuso da parte dei cittadini.

Foto credit: Stefano Tranchini (Flickr) - Licenza

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