Il lavoro culturale nell’Unione europea Europa

L’Europa supporta la cultura dei singoli stati, sia nelle loro differenze che nel retaggio culturale comune. È importante per questo settore molto ampio che presenta delle fragilità.

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La cultura ha un ruolo importante per lo sviluppo individuale ma anche per la connessione tra i membri di una società. È un ambito che vede delle differenze a livello europeo, sotto numerosi punti di vista.

Il settore culturale è tutelato e supportato dall’Unione europea.

La tutela giuridica della cultura poggia le sue basi sul trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Le istituzioni comunitarie hanno il ruolo di contribuire allo sviluppo culturale dei singoli stati membri, tenendo conto sia delle diversità nazionali e regionali che del retaggio comune a tutti gli aderenti all’unione. Il sostegno alle attività culturali è compito anche degli organismi istituzionali europei, per la conservazione e la diffusione del patrimonio ma pure per una maggiore competitività dal punto di vista economico.

Anche i singoli stati contribuiscono allo sviluppo di questo settore, che è molto ampio e comprende sia i lavori culturali più tradizionali (come ad esempio le guide nei musei) che i segmenti di produzione media e giornalistici.

Lo stato europeo che spende di più per i servizi culturali in termini di percentuale di Pil è l’Ungheria (1,3%). Seguono le Repubbliche Baltiche: Estonia (1%), Lettonia (0,9%) e Lituania (0,9%).

Il dato riporta la spesa governativa per il settore culturale in termini di percentuale del Pil. Sono divisi i servizi culturali (come ad esempio le guide nei musei) dalla gestione di media e editoria.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat.
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Luglio 2022)

L'Italia si colloca al quartultimo posto con lo 0,3% di Pil speso per il segmento culturale. Allo 0,2% si trovano Irlanda, Grecia e Cipro. Per quel che riguarda i servizi di broadcast e i media, la spesa nei singoli paesi europei oscilla tra 0,1% e 0,5%.

Ci sono molte complessità per chi lavora nella cultura.

Un supporto nazionale e comunitario è importante dal momento che ci sono molti ostacoli in questo settore. Come viene evidenziato dall'Unione europea, la circolazione transnazionale delle opere è ancora limitata per via delle differenze linguistiche e della frammentazione culturale, un limite ma anche una ricchezza che va tutelata e supportata. Questa scarsa diffusione oltre i confini nazionali deve fare i conti anche con una progressiva digitalizzazione, che ha intensificato la produzione di contenuti su scala mondiale. Si vede inoltre una concentrazione del mercato in cui un numero sempre più ristretto di grandi operatori contribuisce a un'ampia quota di vendite.

Non bisogna infatti dimenticare che chi produce contenuti culturali o detiene i mezzi di informazione è centrale nel mantenimento di un dibattito democratico sano. La diversificazione mediatica è fondamentale per i cittadini che devono essere in grado di fare scelte politiche consapevoli e autonome.

I consumi delle famiglie dei prodotti culturali

Dal punto di vista dei consumi delle famiglie, la cultura ha subito un contraccolpo dalla pandemia, come è successo per numerosi altri settori. Tra il 2019 e il 2020, l'Unione europea è stata caratterizzata da una diminuzione delle spese pari al 16,7% rispetto all'anno precedente. Una diminuzione presente in Francia (-14,6%), in Germania (-11,6%) e che si è verificata anche nel nostro paese.

-22,4% il calo delle spese per la cultura delle famiglie italiane nel 2020 rispetto al 2019 (Eurostat).

Il dato riporta le variazioni percentuali rispetto all’anno precedente della spesa domestica per la cultura.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat.
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Luglio 2022)

Negli anni precedenti, gli andamenti non si discostano particolarmente tra di loro tranne nel periodo del 2012 e del 2013 nel quale l'Italia riporta un calo maggiore di spesa rispetto agli altri paesi considerati. Ad esempio, nel 2013 il calo italiano si attesta al 6,7% contro l'1,7% francese mentre in Germania si è registrato un aumento dello 0,1%.

I lavoratori nell'ambito culturale

Per quanto eterogeneo e fragile, il settore dà lavoro a numerose persone. Nel 2020, questo ambito conta oltre 7,2 milioni di lavoratori. A livello di singoli stati, la situazione è più variegata.

3,6% i lavoratori del settore culturale rispetto al totale degli occupati (Eurostat, 2020).

I lavoratori culturali sono sia coloro che hanno una professione a carattere prevalentemente culturale oppure coloro che lavorano nel settore culturale, come definito dalle classificazioni Nace e Isco.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat.
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Luglio 2022)

Sono tre i paesi in cui i lavoratori culturali superano il 5% del totale: Estonia (5,2%), Slovenia (5,2%) e Finlandia (5,1%). L'Italia si attesta al 3,5%, un valore in linea con la media europea. I tre stati in cui si registrano i valori minori sono Cipro (3,2%), Bulgaria (2,9%) e Romania (1,4%).

Anche nel dettaglio del contesto italiano lo scenario è piuttosto eterogeneo. Il settore ha il maggior numero di occupati nelle aree del centro (4,18%) e del nord (3,42%) e una minore presenza nelle isole (2,3%) e nel sud (2,18%).

I lavoratori culturali sono sia coloro che hanno una professione a carattere prevalentemente culturale oppure coloro che lavorano nel settore culturale, come definito dalle classificazioni Nace e Isco.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat.
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Luglio 2022)

Tra le regioni italiane, quelle che riportano l'incidenza maggiore dei lavoratori culturali sono la provincia autonoma di Trento e il Lazio, entrambe con il 4,8%. Seguono Toscana (4,3%), Marche (4,2%) e Lombardia (4,1%). Le regioni in cui c'è minore prevalenza del lavoro culturale sono tutte del mezzogiorno. Si tratta di Calabria (1,3%), Sardegna (2%) e Molise (2,1%).

Foto: Tom Hermans - licenza

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