I soldi che i lavoratori stranieri in Italia spediscono all’estero Migranti

Spesso si parla delle rimesse verso l’estero come di perdite subite dall’economia italiana, mentre sono in buona parte controbilanciate dalle rimesse in entrata, costituendo al tempo stesso un’importante risorsa per i paesi beneficiari.

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Le rimesse in uscita, ovvero i soldi che i lavoratori stranieri inviano per motivi vari nel paese di origine, sono spesso considerate alla stregua di “perdite”. In realtà, se confrontate con le rimesse in entrata, esse hanno un ruolo abbastanza modesto nell’economia italiana. Allo stesso tempo, però, sono una risorsa fondamentale per i paesi a più basso tasso di sviluppo.

Cosa sono le rimesse?

Con il termine “rimesse” si intende il reddito che il lavoratore residente all’estero risparmia e invia nel proprio paese, spesso come forma di sostegno alla famiglia di origine. Come evidenzia l’Unione europea, sono rimesse i soldi inviati sia dai lavoratori permanentemente residenti nel paese ospite sia da quelli presenti temporaneamente come lavoratori stagionali.

Remittances is household income being generated by economic activity in another than the home economy, which subsequently is transferred to or earned on the account of the household in the home economy.

Dal punto di vista di un paese specifico, esistono due tipi di rimesse: quelle in entrata e quelle in uscita. Quelle in uscita sono le rimesse secondo l’accezione comune, ovvero quelle dei lavoratori stranieri che mandano soldi nei loro paesi di origine. Esistono però anche cittadini autoctoni che lavorano all’estero mandando anch’essi soldi a casa. In questo caso si parla di rimesse in entrata.

Essendo l’Italia un paese ad alto tasso di sviluppo, le rimesse in uscita sono maggiori rispetto a quelle in entrata, anche se questo è parzialmente influenzato dalle modalità di registrazione degli italiani all’estero, che spesso non avvengono tramite l’istituto ufficiale (AIRE) e portano quindi a sottostime. Oltretutto, gli stranieri residenti in Italia provengono generalmente da famiglie più indigenti rispetto agli italiani residenti all’estero.

Le rimesse italiane verso l’estero hanno avuto un andamento piuttosto dinamico negli ultimi 10 anni. Dopo un picco nel 2011, sono calate per alcuni anni, per poi riprendere a crescere dal 2017. Nonostante le previsioni, secondo cui la pandemia avrebbe causato un forte calo nelle rimesse (stimato dalla Banca mondiale al -8,7%), queste sono aumentate rispetto al 2019, attestandosi più o meno allo stesso livello del 2010.

I dati si riferiscono esclusivamente ai canali “formali” (gli operatori di money transfer, le banche e le poste) ed escludono quindi quelli “informali” quali il trasferimento di contante a seguito del viaggiatore, difficilmente quantificabili. Secondo la Banca d’Italia, altri paesi europei non hanno visto un andamento dinamico come quello italiano a livello di rimesse verso l’estero. Da una parte, questo fenomeno è riconducibile alla crisi economica italiana, che ha colpito duramente i redditi degli stranieri. Dall’altra, le ragioni sono anche statistiche: nei tre anni tra il 2010 e il 2012 le rimesse sono state misurate in modo leggermente differente.

FONTE: elaborazione openpolis su dati della Banca d'Italia
(ultimo aggiornamento: martedì 20 Luglio 2021)

L'importanza delle rimesse per i paesi di origine

Le rimesse costituiscono una risorsa importantissima per i paesi beneficiari: contribuiscono allo sviluppo delle economie locali, nonché al miglioramento delle condizioni materiali delle famiglie riceventi.

Secondo le stime della Banca mondiale, in alcuni paesi a basso tasso di sviluppo le rimesse arrivano a coprire un terzo di tutti i flussi finanziari in entrata. In paesi come Somalia e Libano, costituiscono più del 30% del prodotto interno lordo. Secondo le Nazioni unite, circa tre quarti delle rimesse sono usate per beni essenziali quali cibo, medicine, rette scolastiche o affitti. Dal 1990, inoltre, le rimesse a livello globale superano i fondi dedicati agli aiuti allo sviluppo.

Con aiuto pubblico allo sviluppo si intende l'insieme di risorse pubbliche destinate ad attività e progetti di cooperazione con paesi in via di sviluppo, al fine di migliorarne le condizioni socio-economiche. Vai a "Che cos’è l’aiuto pubblico allo sviluppo"

Per quanto riguarda le rimesse in uscita dall'Italia, non tutti i paesi destinatari rientrano tra i paesi riceventi, ossia beneficiari dei fondi per l'aiuto allo sviluppo.

I dati si riferiscono esclusivamente ai canali cosiddetti “formali” (gli operatori money transfer, le banche e le poste).

FONTE: elaborazione openpolis su dati della Banca d'Italia
(ultimo aggiornamento: martedì 20 Luglio 2021)

Un'importante limitazione alle rimesse è il loro costo. Per via delle normative vigenti in fatto di lotta al riciclaggio di denaro e al terrorismo, i lavoratori stranieri devono scegliere canali ufficiali come le banche, le poste o gli operatori money transfer quando inviano denaro. Tutti questi strumenti, però, se da una parte consentono la piena tracciabilità dei flussi, dall'altra hanno commissioni molto alte.

Secondo la Banca mondiale, la commissione si aggira, globalmente, intorno al 7%, raggiungendo quasi il 10% in alcuni paesi dell’Africa subsahariana, peraltro tra le aree del mondo dove ci sono più alti livelli di povertà.

7% la commissione media imposta sulle rimesse a livello globale.

Per questo, tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite figura anche l'abbassamento di questa commissione a meno del 3% entro il 2030.

Entro il 2030, ridurre a meno del 3 per cento i costi di transazione delle rimesse dei migranti ed eliminare i corridoi di rimesse con costi più alti del 5 per cento

In Italia, come nel resto dell'Occidente, su tutte le transazioni verso l'estero (al di fuori della comunità europea) è imposta la commissione della banca stessa. Il decreto legge 199/2018 (articolo 25-novies), voluto dall'ex ministro dell'interno Matteo Salvini, ha inoltre introdotto un'aliquota ulteriore fissata all'1,5% da applicare solo ai trasferimenti personali verso l'estero, ma non a quelli commerciali. Con la legge di bilancio del 2021(art.1 comma 1120) questa disposizione è stata abrogata.

Il panorama europeo delle rimesse in uscita

Secondo i dati della Banca mondiale, che differiscono piuttosto significativamente da quelli della Banca d'Italia, avendo una nozione più ampia di "rimesse" che include tutti i transferimenti personali, i lavoratori stranieri residenti in Italia avrebbero inviato a casa circa 10 miliardi di euro nel 2020. In entrata, invece, la cifra si attesterebbe intorno ai 9 miliardi. In ogni caso, si tratta di circa lo 0,5% del pil nazionale.

I paesi Ue dove il rapporto tra rimesse in uscita e pil è più alto sono Lussemburgo (19,4%), Malta (3,5%) e Cipro (3,3%). In tutti e tre i casi si tratta di nazioni dalle dimensioni ridotte e con livelli di tassazione bassi. Per rimesse in uscita si intende il flusso di denaro da questi paesi verso l’estero, tramite le transazioni personali dei lavoratori stranieri residenti. Non sono disponibili i dati di Finlandia e Repubblica d’Irlanda.

FONTE: elaborazione openpolis su dati della Banca mondiale
(ultimo aggiornamento: martedì 20 Luglio 2021)

Nel 2020 l’Italia è quinta in Ue per rimesse in uscita, dodicesima a livello mondiale. Se tuttavia consideriamo le rimesse in rapporto al pil, il paese scivola alla 18esima posizione a livello europeo e alla 55esima nel mondo.

Mettere in relazione le rimesse e il pil permette di valutare il loro peso rispetto alla ricchezza nazionale. Nel caso dell'Italia si tratta tutto sommato di una cifra modesta soprattutto se consideriamo che le rimesse in entrata (i soldi mandati a casa dagli italiani che lavorano all'estero) rappresentano anch'esse lo 0,5% del pil, "riequilibrando" le somme che ogni anno vengono spedite dai cittadini stranieri nelle rispettive nazioni di origine.

Foto credit: Anita Ishaq


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