I primi 100 giorni del governo Conte Esecutivo giallo-verde

Una partenza a rilento, poche proposte politiche e una maggioranza in parlamento ancora non rassicurante. Il confronto con i governi Letta, Renzi e Gentiloni.

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Il primo giugno del 2018 prestava giuramento il governo Conte. Dopo la più lunga attesa post elettorale che il paese avesse mai avuto, il contratto di governo firmato da Movimento 5 stelle e Lega ha dato il via all’esecutivo giallo-verde.

I 100 giorni del governo Conte

Un’alleanza inedita e inaspettata, che di fatto ha sbloccato un’impasse politico causato da una tornata elettorale senza un chiaro vincitore. Il cosiddetto governo “del cambiamento”, che ha registrato la più alta percentuale di ministri esordienti, ha così iniziato il suo lavoro a Palazzo Chigi. Il prossimo 9 settembre l’esecutivo raggiungerà la soglia dei 100 giorni, traguardo che politicamente ha sempre avuto un peso consideravole.

Perché i primi 100 giorni sono importanti

Se in passato sono stati il momento per la presentazione dei provvedimenti simbolo dei vari esecutivi, dall’abolizione del finanziamento pubblico diretto ai partiti del governo Letta alla riforma costituzionale del governo Renzi, lo stesso non si può dire per il governo Conte.
Molto tempo è stato impiegato per trovare una quadra tra due forze politiche fortemente differenti. Non solo nella stesura del contratto di governo e nell’individuazione dei ministri, ma anche in altri momenti centrali per le dinamiche politiche e legislative del paese, come la costituzione delle commissioni permanenti. Quello che risulta però, è che anche una volta partito l’attuale esecutivo non ha avuto la stessa forza propositiva dai governi precedenti. Le proposte politiche in parlamento sono state poche, e quelle poche che sono finite all’attenzione di camera e senato hanno avuto delle approvazioni fuori dalla norma.

Il sostegno in parlamento

Per la quarta volta consecutiva, dopo l’esecutivo tecnico di Mario Monti, è stato stipulato un accordo di governo tra forze politiche che non erano alleate durante la competizione elettorale.
Dopo l’alleanza Partito democratico, Popolo delle libertà e Scelta civica del governo Letta, e quelle tra Partito democratico e il Nuovo centrodestra (poi Alternativa popolare) dei governi Renzi e Gentiloni, a Palazzo Chigi è salito un esecutivo targato Movimento 5 stelle-Lega, avversari politici fino a pochi mesi prima.

Il governo di Conte, come quelli di Letta, Renzi e Gentiloni, non è nato con una maggioranza solida.

Queste alleanze atipiche hanno creato, almeno in parlamento, dei governi non particolarmente stabili dal punto di vista numerico. Il governo Conte, come i precedenti esecutivi Renzi e Gentiloni, sta basando la sua attività parlamentare su dei numeri tutt’altro che tranquillizzanti.

Il giorno della fiducia a Montecitorio il governo ha ottenuto 350 voti favorevoli, solamente 34 oltre la soglia di maggioranza (quota 316). Si tratta del peggior risultato per un governo al suo insediamento dall’esecutivo Letta ad oggi. Anche a Palazzo Madama le cose non sono andate meglio e, anche se non è stato fatto registrare il peggior risultato dal 2013 a oggi, parliamo comunque di cifre molto basse. I senatori a sostegno dell’esecutivo sono stati 171, solamente 10 oltre quota 161 della maggioranza assoluta. Avevano fatto peggio gli esecutivi Renzi e Gentiloni, entrambi con 8 voti di scarto. Questa situazione si è poi naturalmente riflessa sulle votazioni in parlamento nel corso di questi primi mesi di governo.

É stato calcolato il numero di voti di scarto ottenuti dai governi sull’abituale soglia di maggioranza (316 alla camera e 161 al senato) il giorno dell’insediamento.

FONTE: openparlamento

I numeri dei provvedimenti approvati

Tra i provvedimenti presentati dal governo, oltre a 4 decreti già convertiti in legge, il parlamento ha anche discusso l’annuale milleproroghe, con un primo via libera da parte di Palazzo Madama. Proprio in questo ramo, come visto, i numeri dell’esecutivo sono più incerti, rendendolo il banco di prova più difficile.

Tra questi 5 provvedimenti approvati al senato solamente 2 hanno ottenuto più di 161 voti favorevoli (soglia abituale di maggioranza): il decreto per il riordino delle competenze nei ministeri, e quello per la cessione di unità navali alla Libia. Gli altri 3 (milleproroghe, il decreto dignità e quello per il tribunale di Bari) sono stati approvati con meno voti di quelli abitualmente necessari per ottenere il via libera dell’aula.

Il decreto dignità al senato è stato approvato con 155 voti favorevoli, 6 in meno rispetto alla soglia di maggioranza.

Com’è stato possibile? Per un motivo o per l’altro, il numero di partecipanti nelle sedute in questione era particolarmente basso, abbassando di fatto la quota di voti da raggiungere per ottenere l’approvazione dell’aula. Una dinamica che in un certo senso vede coinvolte anche le opposizioni. Diverse e di varia natura, da un lato non agiscono in maniera coordinata nel lavoro di contrasto all’azione di governo, di fatto agevolandolo, dall’altro, specialmente alcune di esse, si sono trovate a fasi alterne a collaborare con l’esecutivo stesso. Un esempio su tutti riguarda Fratelli d’Italia che grazie alla sua posizione di possibile apertura nei confronti di determinate proposte, ha ottenuto una delle vicepresidenze della camera spettanti alla maggioranza.

Per ogni voto è stato preso il numero di voti favorevoli, confrontandolo con la soglia normale di maggioranza (161 voti)

FONTE: openpolis

Le riunioni del consiglio dei ministri

Per analizzare a pieno l'attività dell'esecutivo Conte in questi 100 giorni, è giusto dare uno sguardo anche a quanto avvenuto fuori dal parlamento. Le riunioni del consiglio dei ministri sono il momento in cui vengono ufficializzate e deliberate le azioni di governo. Da quando si è insediato il governo Conte al 31 agosto, si sono tenute 16 riunioni: 7 a giugno, 5 a luglio e 4 ad agosto, di cui le ultime due a Genova in seguito al crollo del ponte Morandi.

52 minuti è la durata media di una riunione del consiglio dei ministri durante il governo Conte.

Questi incontri non sono mai durati più di 1 ora e mezza, per una durata media di 52 minuti, dato più basso dal governo Letta ad oggi. Proprio rispetto a quest’ultimo si nota la differenza maggiore, quando gli incontri del governo duravano in media 1 ora e 46 minuti.

Cosa è stato fatto in consiglio dei ministri

I disegni di legge deliberati dal consiglio dei ministri sono stati 11, di cui 8 per la ratifica di trattati internazionali. Gli altri 3 sono il rendiconto generale dello stato per il 2017, l’assestamento di bilancio, entrambi provvedimenti standard e annuali, e una proposta di legge del ministro Grillo in materia di sicurezza per le professioni sanitarie. Su 11 disegni di legge quindi, solamente 1 è il frutto di una reale proposta di governo.

Discorso simile può essere fatto sui decreti legge. Tre di essi rispondono a esigenze imminenti ed eccezionali (l’emergenza del tribunale di Bari, la cessione delle unità navali alla Libia, il riordino dei ministeri), un quarto, il milleproroghe, è una legge annuale che viene fatta da ogni governo per prorogare i termini di disposizioni legislative passate. Di fatto solamente il decreto dignità risulta essere una vera proposta politica di governo.

Dei 17 provvedimenti deliberati dal Cdm, solamente 2 sono proposte politiche di governo: il decreto dignità e il ddl Grillo sulla sicurezza delle professioni sanitarie

Certamente i primi 100 giorni degli esecutivi Letta, Renzi e Gentiloni sono apparsi più ricchi di proposte politiche di governo. Quantità non vuol dire qualità, e non si sta dando una valutazione sulla bontà dei testi portati avanti dai singoli governi, ma sicuramente le proposte normative degli esecutivi precedenti erano state di più.

Ecco alcuni esempi, tra i più significativi ed emblematici, di provvedimenti che i 3 precedenti governi avevano proposto nei loro primi 100 giorni di attività:

  • Governo Letta: la riforma per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, il ddl costituzionale per l'abolizione delle province, il decreto del fare, il decreto lavoro e quello per la sospensione dell’Imu;
  • Governo Renzi: ddl di riforma costituzionale Boschi, Jobs act e il decreto bonus 80 euro;
  • Governo Gentiloni: decreto per il mezzogiorno, decreto migranti, decreto sicurezza urbana e il decreto per l’abolizione dei voucher.

A decreti e disegni di legge poi dobbiamo aggiungere i decreti legislativi. Diciassette quelli deliberati: 9 hanno attuato direttive o regolamenti europei, 5 hanno integrato o corretto decreti legislativi passati (4 risalenti al governo Gentiloni e uno al governo Renzi), mentre 3 hanno contribuito all'attuazione di leggi approvate da precedenti esecutivi.

Le nomine mancanti

Nonostante siano passati 100 giorni dal giuramento dell’esecutivo Conte, la squadra di governo risulta ancora incompleta. Una situazione particolare, senza casi analoghi nella scorsa legislatura. La nomina ufficiale dei viceministri, annunciati come 6 nei giorni dell’insediamento del governo, sta andando a rilento. Ad oggi solamente Emanuela Del Re è stata nominata viceministro (alla cooperazione presso il ministero degli affari esteri), mentre le altre 5 caselle risultano ufficialmente vuote. Nomina che tra le altre cose era dovuta, essendo un obbligo di legge la presenza di un viceministro alla cooperazione. La situazione è atipica, visto che i precedenti governi, al momento della nomina dei sottosegretari, avevano allo stesso tempo proceduto con l’individuazione dei viceministri.

Dopo 100 giorni la squadra di governo è ancora incompleta: mancano viceministri e deleghe ai sottosegretari.

Un discorso analogo vale anche per le deleghe dei sottosegretari. Ricostruendo la questione sui siti ufficiali dei ministeri, solamente 6 dei 13 ministeri con portafoglio hanno assegnato le deleghe ai sottosegretari. Più precisamente sono state assegnate le mansioni ai sottosegretari del ministero dell’agricoltura, della cultura, degli esteri, della giustizia, dell’interno, della salute e dello sviluppo economico. Circostanza che, come denunciato da alcuni dei sottosegretari stessi, limita la loro capacità di svolgere pienamente le loro mansioni.

Il problema dei doppi incarichi

Capitolo a parte meritano i membri del governo che fanno anche parte del parlamento. Proprio perché l’esecutivo non ha una solida maggioranza in entrambi i rami, la loro capacità di partecipare ai lavori dell’aula, specialmente al senato, può avere delle ripercussioni sulla forza dell’esecutivo nei dibattiti parlamentari.

Al momento parliamo di 49 parlamentari (36 deputati e 13 senatori), tra cui 11 ministri: Bonafede, Bongiorno, Centinaio, Di Maio, Fontana, Fraccaro, Grillo, Lezzi, Salvini, Stefani e Toninelli.
Questo doppio incarico, consentito da legge, non permette loro di partecipare assiduamente ai lavori dell’aula e, proprio per questo motivo, la loro percentuale di presenze alle votazioni elettroniche è molto basso. Giusto sottolineare che poche presenze non vogliono dire essere molte assenze visto che, nella stragrande maggioranza dei casi, i parlamentari in questione sono in missione, svolgendo cioè attività istituzionali per l’incarico di governo.

Ciò detto la compatibilità dei due incarichi è un problema, e in altri paesi come la Francia, per esempio, è impossibile essere allo stesso tempo membro del governo e del parlamento.

Le funzioni di membro del Governo sono incompatibili con l’esercizio del mandato parlamentare, di qualsiasi funzione di rappresentanza professionale a carattere
nazionale e di ogni impiego pubblico o attività professionale.

Alla camera il ministro-deputato con la percentuale più bassa di presenze è Giulia Grillo (0,18% di partecipazione alle votazione elettroniche), seguita nell’ordine da Bonafede (2,01%), Fraccaro (2,75%), Fontana (3,11%) e Di Maio (41,21%). Al senato invece la primatista è Barbara Lezzi (1,99% di presenze) davanti a Salvini (4,33%), Bongiorno (6,56%), Stefani (11,12%), Centinaio (21,66%) e Toninelli (31,15%). Da considerare che la percentuale media di presenze alle votazioni elettroniche alla camera e al senato è rispettivamente dell’80,78% e dell’87,22%. Anche per i sottosegretari la situazione non migliora. I 31 deputati che svolgono questo incarico partecipano in media al 16% delle votazioni, mentre i 7 senatori in questione al 32%, dato spinto fortemente in alto da Vito Crimi unico parlamentare anche membro del governo ad avere un tasso di partecipazione vicino alla media (78,45%). L’importanza e la difficoltà dei due ruoli in questione è alta, e portarli avanti contemporaneamente, come ci dicono anche i dati, sembra essere molto complicato.

Spunti per i prossimi mesi

Il primo trimestre targato 5stelle-Lega, almeno dal punto di vista legislativo, è stato un lungo work in progress. Pure il capitolo delle nomine, nel governo e in parlamento, ha avuto numerosi incidenti di percorso.

L'imminente discussione sulla nuova legge di bilancio è però destinata a cambiare le carte in tavola, costringendo i due partiti a mediare su un provvedimento che è alla base dell'azione politica di ogni esecutivo. Molti gli spunti di interesse, dal contenuto delle proposte politiche che finiranno nel provvedimento, a come risponderà il parlamento ad eventuali tensioni interne alla maggioranza.

 

Foto credit: Palazzo Chigi - Licenza

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