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Le giovani generazioni protagoniste della ripresa

È stato scritto molto sull’impatto dell’emergenza Covid sulla socialità dei più giovani. Se chiusure e distanziamento hanno comportato disagi e difficoltà per tutti, adulti compresi, la questione è ancora più complessa se osservata dal punto di vista dei minori.

Il report completo in pdf

La temporanea sospensione delle attività educative e scolastiche in presenza, la chiusura di spazi e luoghi di ritrovo, la necessità di mantenere il distanziamento per limitare i contagi hanno rappresentato per bambini e adolescenti un sacrificio sicuramente maggiore. Perché sono stati posti di fronte all’esigenza di ridurre esperienze e momenti di socialità che sono connaturati allo sviluppo del minore. Dalla possibilità di incontrare i compagni a scuola, a quella di ritrovarsi nel pomeriggio con gli amici o uscire liberamente. Questioni così importanti da meritare l’intervento del governo per regolamentare tali aspetti e consentire, a partire dalla fase 2, che le restrizioni non limitassero eccessivamente le prerogative di bambini e ragazzi.

(…) è stato complicato spiegare ai bambini perché non potessero più uscire, andare a scuola o al parco, incontrare i loro amici o anche solo giocare sul marciapiede davanti casa. (…) sono mancati esperienze e stimoli sociali fondamentali: svegliarsi la mattina, prepararsi, essere accompagnati dai genitori, incontrare gli insegnanti e i coetanei. L’identità dei bambini è molto legata ai ritmi, alle abitudini, ai riti della vita quotidiana e ai suoi ambienti, per cui, venendo meno questi elementi, i rischi sono il disorientamento e l’insicurezza. 

Il rischio che dopo la pandemia si incrini il rapporto tra giovani e comunità.

Non solo. La necessità di mantenere il distanziamento ha ridotto, oltre agli spazi di socialità, anche quelli di partecipazione alla cosa pubblica. Andando potenzialmente a minare i legami di ciascun giovane con la comunità, su più fronti. Ne hanno infatti risentito i luoghi di aggregazione, l’associazionismo, il volontariato, la partecipazione alla vita pubblica. La sospensione durante la pandemia dei Fridays for Future è solo uno dei tanti esempi di come l’emergenza abbia impattato su tali aspetti, che riguardano direttamente la formazione dei giovani come cittadini consapevoli e attivi.

Questo processo ha inciso sulle stesse attitudini dei più giovani verso il futuro. Dai dati rilevati durante il lockdown dall’Eurobarometro, emerge chiaramente come al diminuire dell’età cresca la frustrazione per la situazione vissuta. Allo stesso tempo, ragazze e ragazzi appaiono, seppur di poco, mediamente più speranzosi della media verso il futuro. Un dato che ci ricorda come dalla crisi presente si possa uscire solo valorizzando il ruolo delle giovani generazioni.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurobarometro
(ultimo aggiornamento: giovedì 30 Aprile 2020)

Ciò vale a maggior ragione per l'Italia, paese caratterizzato da una demografia declinante, con sempre meno nascite e un rapporto anziani/minori crescente. Nel 2021, secondo le stime presentate dal presidente di Istat nel corso di un'audizione parlamentare, il numero di nascite potrebbe scendere sotto quota 400mila.  Una condizione che rende più fragile il paese nei suoi fondamentali e rischia di compromettere ogni prospettiva di ripartenza.

Di fronte a questa situazione, per l'Italia rendere protagonisti i giovani non è più solo un'opzione. E sono ancora i dati rilevati nell'indagine di Eurobarometro a mostrarlo chiaramente. Rispetto alla media dei loro coetanei del resto dell'Unione, i giovani italiani sembrano riporre più speranza (si dichiara tale il 47,5% dei campione, a fronte del 42% rilevato tra i ragazzi Ue) e fiducia (25,8% contro 22%). Ma anche rabbia: 19,6% contro una media Ue del 14%.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Eurobarometro
(ultimo aggiornamento: giovedì 30 Aprile 2020)

Sentimenti positivi e negativi che tuttavia sembrano denotare una capacità e una volontà di reazione, con un potenziale forse ancora inespresso. Una percezione della propria utilità e disponibilità nella situazione presente è infatti percepita dal 15% dei giovani Ue a fronte del 6,3% del campione italiano.

Nel contesto che stiamo vivendo, valorizzare le energie più giovani presenti nel nostro paese non significa solo tutelare e garantire il percorso di crescita di bambini e ragazzi. È anche l'unico presupposto per porre le basi della ricostruzione, dopo l'emergenza.

Cosa significa ripartire dai più giovani

Nei mesi scorsi, la mobilitazione dei più giovani sui temi ambientali ha segnalato l'esistenza di una nuova generazione pronta a muoversi per sensibilizzare governi e opinioni pubbliche.

Se i giovani sono membri attivi della comunità, è l'intera società a trarne beneficio.

Una novità interessante per due ragioni. Non solo perché dimostra sensibilità e coinvolgimento verso questioni fondamentali, come gli effetti del cambiamento climatico. Ma anche perché segnala una proattività delle nuove generazioni, una capacità di inserirsi nel dibattito pubblico e di imporre questioni dirimenti all'attenzione dei decisori politici.

Nonostante la marginalità demografica - in gran parte dei paesi occidentali, e in Italia in particolare, i giovani sono numericamente sempre meno - questa generazione ha dimostrato una centralità culturale e politica notevole. Si tratta di un patrimonio da non disperdere. A dispetto di una diffusa retorica paternalista, se i giovani sono parte attiva della società e delle comunità in cui vivono è l'intero tessuto sociale che ne guadagna. Di fronte agli effetti della pandemia, e al potenziale allentamento dei legami che può derivarne, la sfida è garantire a bambini e ragazzi tutti gli strumenti necessari per essere cittadini a pieno titolo.

37% dei giovani italiani pensa di avere voce in capitolo su decisioni importanti a livello locale (media Ue 44%).

Ciò significa ovviamente investire sul contrasto della povertà educativa e sulle opportunità formative. Ma anche sulla voglia di partecipazione dei più giovani e sul loro essere protagonisti della comunità in cui vivono. Da un lato, promuovendo spazi di aggregazione e di partecipazione attiva alla vita pubblica. Dall'altro, rendendo la scuola un vero e proprio laboratorio di educazione alla cittadinanza. Trasformandola nel raccordo naturale di esperienze associative e formative esistenti sul territorio. In poche parole, il punto di riferimento delle comunità educanti.

Per questo motivo il presente report affronta il tema dai due punti di vista. Nel prossimo capitolo, ricostruiremo il livello di partecipazione e di mobilitazione dei più giovani e i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, anche in ragione della pandemia. In quello successivo, approfondiremo l'importanza dei cosiddetti patti educativi di comunità: strumenti pensati proprio per mettere in rete, in ciascun territorio, esperienze didattiche e educative altrimenti disorganiche o disperse.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell'Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l'impresa sociale Con i Bambini nell'ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell'articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l'obiettivo di creare un'unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alla partecipazione giovanile e ai patti di comunità sono di fonte Istat e ministero dell'istruzione.

Foto: JLA (Unsplash) - Licenza

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