Progetto

Se è importante conoscere l’ammontare complessivo delle risorse destinate dall’Italia e dagli altri paesi donatori alla cooperazione allo sviluppo e sapere come questo aiuto è composto, lo è altrettanto sapere dove vanno gli importi destinati a questo scopo.

In questo capitolo dunque vedremo come i paesi Dac e in particolare l’Italia abbiano distribuito l’Aps nei paesi più svantaggiati, ovvero i cosiddetti Least developed countries (Ldcs).

Inoltre, vista la fase storica che stiamo vivendo, analizzeremo il contributo dei paesi donatori nella lotta alla pandemia. Un tema cruciale ancora oggi ma che a maggior ragione ha profondamente caratterizzato le politiche di cooperazione allo sviluppo del 2021.

Le risorse per i paesi a più basso livello di sviluppo

Oltre all’obiettivo di destinare lo 0,70 del proprio reddito nazionale lordo alla cooperazione allo sviluppo, a livello internazionale esiste un altro obiettivo che i paesi donatori si sono impegnati a raggiungere entro il 2030. Si tratta delle risorse dell’Aps destinate ai paesi Ldcs.

Secondo il programma di azione per gli Ldcs adottato nel 2011, i donatori devono riservare ai paesi a più basso livello di sviluppo una quota compresa tra lo 0,15 e lo 0,20% del Rnl. Vai a “Che cosa sono i paesi Ldcs”

Stando ai dati 2021 sono 4 i paesi Dac che destinano più dello 0,20% del proprio Rnl a paesi Ldcs: Lussemburgo (0,45%), Svezia (0,33%), Norvegia (0,25%) e Danimarca (0,22%). La Finlandia invece supera comunque quota 0,15%, mentre il Belgio la raggiunge precisamente.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(pubblicati: giovedì 22 Dicembre 2022)

0,08% il rapporto tra Aps destinato dall’Italia agli Ldcs e reddito nazionale lordo.

L’Italia invece si trova solo al sedicesimo posto della classifica. Meglio di noi fanno paesi come il Canada, i Paesi Bassi (entrambi 0,09%) e l’Islanda (0,11%).

In fondo alla classifica infine Slovenia, Grecia, Repubblica Ceca (con lo 0,03%), Slovacchia e Polonia (con lo 0,02%).

L’Italia e l’incapacità d’investire nei paesi a basso livello di sviluppo

Certo lo 0,08% è un valore in leggera crescita rispetto al 2020, quando l’Italia destinò agli Ldcs solo lo 0,06% del Rnl.

Un dato che fino a quel momento era rimasto costante per molti anni, oscillando talvolta verso lo 0,07. Come abbiamo segnalato in più occasioni la stagnazione di queste risorse, ovvero l’assenza di un qualsiasi trend di crescita, rappresenta un problema concreto per la politica italiana di cooperazione. Infatti se si può comprendere la difficoltà dei governi di incrementare le risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, più difficile è spiegarsi perché non si riescano a distribuire le risorse verso chi ne ha più bisogno.

E questo a maggior ragione se si considera che la metà dei 20 paesi considerati ufficialmente prioritari dalla cooperazione italiana si trovano proprio nella lista degli Ldcs.

Purtroppo però resta ancora difficile ipotizzare che l’aumento delle risorse destinate agli Ldcs (dallo 0,06% allo 0,08%) rappresenti l’avvio di un percorso di crescita.

Come abbiamo visto nei precedenti capitoli infatti, l’Aps 2021 è stato caratterizzato da un’importante operazione di cancellazione del debito nei confronti della Somalia. Un paese questo incluso nella lista degli Ldcs. Non sembra un caso dunque che la crescita delle risorse destinate a questo gruppo di paesi tra 2020 e 2021 corrisponda in larga parte alla cifra della cancellazione del debito somalo. Ovvero circa mezzo miliardo di dollari.

Per quanto positiva possa essere considerata questa operazione dunque difficilmente si può immaginare il suo impatto si riproponga anche nei prossimi anni.

La cooperazione nel 2021 e la lotta alla pandemia

Come abbiamo visto nel 2021 è cresciuto il valore complessivo dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Una delle principali cause di questo aumento si lega alle risorse destinate dai paesi donatori alla lotta alla pandemia.

18,7 miliardi $ le risorse nette erogate nel 2021 dai paesi Ocse Dac per la lotta alla pandemia attraverso la cooperazione allo sviluppo.

Un valore in crescita di 6,8 miliardi di dollari rispetto all’anno precedente, quasi interamente grazie ai 6,3 miliardi che per la prima volta sono stati destinati all’acquisto di vaccini per i paesi più svantaggiati.

Di queste risorse il 55,8% arrivano dalle istituzioni europee. A livello di singolo paese, sia direttamente (canale bilaterale) che tramite le organizzazioni internazionali finanziate (canale multilaterale), sono invece gli Stati Uniti a fornire l’apporto più significativo, con oltre 5 miliardi di dollari. La maggior parte di questi fondi sono stati destinati da Washington all’acquisto di vaccini, mentre il rimanente a politiche comunque legate all’aspetto più strettamente sanitario della lotta al coronavirus.

Al secondo posto il Giappone con 3,8 miliardi di dollari destinati alla lotta al Covid-19. Diversamente dagli Usa però la maggior parte di queste risorse sono andate a finanziare progetti che, pur avendo come obiettivo la lotta alla pandemia, non riguardano strettamente l’ambito sanitario. Solo una parte minoritaria di questi fondi poi è stato utilizzato per i vaccini.

Discorso simile per la Germania, al terzo posto con 3 miliardi. In questo caso la quota di risorse destinate all’ambito sanitario e in particolare ai vaccini è stata più consistente.

Seguono Canada (1,5 miliardi), Francia (1 miliardo), Regno Unito (756 milioni) e poi Italia che con 668 milioni di dollari rappresenta comunque il settimo donatore tra i paesi Dac per contributi erogati per la lotta al Covid in valori assoluti.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: giovedì 15 Dicembre 2022)

L’aiuto italiano in questo campo è stato interamente rivolto all’aspetto sanitario e il 34% ha riguardato la donazione di vaccini ai paesi in maggiore emergenza. Un contributo importante che, preso singolarmente, posiziona l’Italia al quinto posto tra i paesi Ocse Dac.

Detto questo un’altra importante distinzione può essere fatta rispetto alla natura della donazione di vaccini. I dati Ocse infatti indicano anche se questi vaccini sono stati acquistati con lo scopo di essere destinati alla cooperazione allo sviluppo, oppure se si tratta di dosi risultate in eccesso rispetto alle riserve nazionali.

Tra i maggiori paesi donatori in effetti, solo gli Stati Uniti hanno acquistato una quota considerevole di vaccini specificatamente per questo obiettivo. Su 4 miliardi infatti, 3,5 sono stati destinati a questo scopo e i rimanenti a costi accessori.

Al contrario l’Italia, come anche gli altri maggiori donatori esclusi gli Usa, ha fatto interamente ricorso alle dosi in eccesso, rispetto alle scorte nazionali, per contribuire alla vaccinazione dei paesi più svantaggiati. Le dosi donate, acquistate per la proprie necessità interne, sono state offerte spesso in prossimità della scadenza, senza supporto per la distribuzione e conservazione e senza un calendario certo e concordato con i paesi beneficiari che, avendo sistemi sanitari fragili, non sono riusciti a realizzare campagne vaccinali diffuse e tempestive.

In conclusione occorre riconoscere come significative le risorse aggiuntive che sono state introdotte per la lotta al coronavirus e che nel 2021 hanno raggiunto quasi 19 miliardi di dollari. Allo stesso tempo non possiamo non porci il tema della loro efficacia, programmabilità e replicabilità soprattutto per quanto concerne le donazioni di vaccini provenienti da scorte nazionali. Se, come tutti ci auguriamo, nei prossimi anni l’esigenza di finanziare azioni per la lotta alla pandemia dovesse venire meno, la crescita complessiva dell’Aps di questi anni (22 miliardi di dollari) rischierebbe di essere compromessa.

È fondamentale dunque che a fronte di un’evoluzione positiva di questo tipo, le risorse destinate a questo scopo siano reindirizzate verso altri progetti di cooperazione, magari sempre in ambito sanitario, concentrandosi sul rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

Foto: Aics Nairobi

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