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Marchionne, la sinistra e il cappello di Di Vittorio
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(03 gennaio 2011) - fonte: micromega-online - inserita il 03 gennaio 2011 da 31
"Certo che voterò si, almeno avrò ancora uno stipendio, per il resto l'intesa mi fa schifo, ma tanto non c'è nulla da fare. O così o a casa", più o meno queste sono state le parole usate davanti ai microfoni di una tv da un lavoratore di Pomigliano, commentando sia il contratto siglato nel suo stabilimento, sia l’intesa raggiunta a Mirafiori.Probabilmente le sue parole saranno state accolte con una certa soddisfazione sia da Marchionne, sia dai sindacati che hanno siglato una cosa che chiamare accordo ci sembra azzardato, sia da tanta parte di una classe politica che ha ormai persino rinunciato ad esercitare una qualsiasi forma di indirizzo e di controllo sui processi di ristrutturazione, rassegnata a subire decisioni assunte altrove, contenta comunque di poter essere invitata al banchetto e di comparire nella foto finale.
Eppure quelle parole pronunciate da un anonimo lavoratore dovrebbero preoccupare tutti e in particolare chi ancora crede che, anche in Italia, possa e debba esistere una sinistra politica, sociale, culturale, moderata o radicale che voglia definirsi.
Quel lavoratore forse voterà sì al referendum in fabbrica, ma poi tornerà a casa e forse proverà schifo per tutto e per tutti, si sentirà espropriato della sua dignità, forse non rinnoverà la sua tessera sindacale, forse non andrà più a votare o forse deciderà di farsi proteggere dalla Lega.
Non sembri un paradosso perché una volta cancellata la questione sociale e rinunciato alla contrattazione e all’espansione dei diritti nelle fabbriche e nella società, non gli resterà che chiedere protezione a chi gli farà credere che il suo nemico è il barbaro alle porte, quello che ha un altro colore ed un altro dio, quello che vuole spiantare la sua identità etnica, e non solo la sua posizione sociale.
Al posto del tradizionale conflitto sociale prenderà definitivamente il sopravvento il conflitto etnico o religioso, e così la destra, dopo aver superato la Costituzione e la legalità repubblicana, si offrirà anche come il miglior scudo contro la globalizzazione, contro la paura, contro le ansie sociali.
Sarà una beffa, ma è una beffa già in atto, già vincente in molte realtà del nord, già maggioritaria in molte aziende padane.
Se e quando dovesse prevale l’idea dell’inutilità delle lotte e dell’irrilevanza dei sindacati nelle decisioni strategiche, non potrà che prevalere un confronto tra destre e destre, un confronto che determinerà la stagione dei diritti individuali e collettivi e statuirà una sostanziale disuguaglianza delle opportunità e dei diritti.
Per queste ragioni, anche per queste ragioni, come associazione Articolo 21, abbiamo condiviso l’appello lanciato, tra gli altri, da Rodotà, da Gallino, da Bertinotti e Cofferati, pubblicato su MicroMega, e che pone il grande tema della dignità, della libertà, dei valori racchiusi nella carta costituzionale e aggrediti dalle intese di questi giorni.
Qui non si tratta di solidarizzare con la Fiom contro gli altri, magari si trattasse di questo, qui sono in gioco questioni essenziali che riguardano i futuri assetti istituzionali, sociali, economici, culturali persino.
Non a caso è in atto una offensiva politica e mediatica a tutto campo che punta alla liquidazione di quelli che vengono chiamati "i residui del 68", intesi come quel poco che resta dei processi di partecipazione, di democrazia rappresentativa, di diritti sindacali in una Italia sconvolta dalle oligarchie, dai segreti, dalle logge, dai conflitti di interesse.
Puntano ormai alla vittoria finale e ad affermare la loro completa egemonia.
Non sappiamo come e se voteranno i lavoratori della Fiat nel referendum del prossimo 28 gennaio, ma sicuramente, comunque vada, la sconfitta si è già consumata sul piano politico e sociale, quelli che decideranno di opporsi non saranno gli ultimi nostalgici, ma i protagonisti di una alleanza in formazione che metterà al centro i valori della solidarietà sociale, della libertà, della inclusione, della redistribuzione del potere e dei profitti.
Per questa ragione sarà bene non lasciare sola non tanto la Fiom quanto le donne e gli uomini che si vorrebbero ridurre a "oggetto" delle intese e a merce da comprare e vendere a seconda delle opportunità, altrimenti "a casa, perché altrove costa meno".
Un grande e mitico segretario della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, amava ricordare come la Cgil avesse insegnato ai braccianti poveri del sud a non levarsi il cappello se non lo avesse fatto anche il latifondista.
Ebbene è forse giunto il momento di promuovere una grande campagna per insegnare a chiunque che non sarà più il caso di levarsi il cappello davanti a potenti o a manager che non hanno intenzione di onorare la Costituzione e di rispettare la dignità di chi lavora.
Ci vorrà del tempo, ma forse vale la pena di ricominciare.
Fonte: micromega-online | vai alla pagina » Segnala errori / abusi