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Conosco le fabbriche meglio del segretario Fiom da molto più tempo di lui. E non solo quelle» - INTERVISTA
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(30 dicembre 2010) - fonte: la Repubblica - Goffredo De Marchis - inserita il 30 dicembre 2010 da 31
Alla battutaccia di Maurizio Landini risponde con fastidio:
“Conosco le fabbriche metalmeccaniche da molto più tempo di lui. E non solo quelle”. Poi conferma: “Voterei a favore dell’accordo di Mirafiori”. L’ex segretario dei Ds Piero Fassino, candidato alle primarie per il sindaco di Torino, dice che la Fiom ha “un atteggiamento votato alla sconfitta”. E ricorda l’epoca in cui era il delegato del Pci per le fabbriche torinesi: “In quegli anni ho imparato una lezione che Landini sembra ignorare. Come si diceva in sindacalese, di fronte ai problemi veri non si fugge, bisogna sporcarsi le mani”.Perché sì all’accordo?
“Perché dal punto di vista produttivo ha un valore innegabile. Consente un investimento che garantisce la certezza dell'occupazione a 15 mila lavoratori tra Fiat e indotto. Rilancia Mirafiori che era vicina al collasso. Attiva la produzione di modelli di alta gamma. È un’operazione nel segno dell’espansione”.
Con grandi sacrifici per gli operai.
“È vero. Ai lavoratori sono richieste condizioni onerose. Compensate però dalla sicurezza del lavoro. In America i sindacati della Chrysler hanno sottoscritto un accordo che prevede per i neoassunti la riduzione del salario da 28 a 14 dollari l’ora e 5 anni di non conflittualità”.
Ma qui siamo in Italia.
“Magari. Qui siamo nel mondo globalizzato. In Germania i sindacati di molte aziende stanno ricontrattando le condizioni salariali per tenerne conto. Ecco perché rifiutare l’accordo mi sembra un grave errore. Peraltro avrebbe conseguenze solo sui lavoratori. La Fiat invece ne uscirebbe indenne limitandosi a trasferire la produzione negli Usa. Ma c’è un punto nell’intesa che non condivido”.
Quale?
“Marchionne vuole l’esigibilità del contratto e ha ragione. Ma l’obiettivo può essere conseguito con un’intesa interconfederale o aziendale che stabilisca che gli accordi vengono sottoposti a referendum il cui esito è vincolante per tutti i lavoratori e tutte le sigle. In questo modo l’azienda è garantita nel rispetto del contratto, ma nessun sindacato è negato nella sua funzione di rappresentanza”.
Lei direbbe sì nell’interesse dei lavoratori. Significa che la Fiom non sta difendendo quegli interessi?
“Non mi permetto di fare una tale affermazione. Ma vedo che la Fiom si è arroccata. È molto velleitario alzarsi dal tavolo e non firmare. Così il sindacato non difende i lavoratori anzi li espone a un rischio maggiore. La tutela delle rigidità non funziona più, oggi ci vuole il governo delle flessibilità. La Fiom dice: 10 anni fa abbiamo sottoscritto degli accordi e non si toccano. Ma 10 anni fa non c’erano la Cina, l’India, il Brasile”.
Si può paragonare il no della Fiom di oggi alla posizione del Pci sulla scala mobile?
“Anche allora prevalse una linea puramente difensiva. Successivamente lo riconobbero dirigenti come Trentin e Chiaromonte. Una strategia di conservazione davanti a mutamenti radicali alla fine si rivela la più debole e la più inefficace”.
Le fabbriche sono cambiate. Com’è cambiato lei rispetto al ragazzo che andava ai cancelli di Mirafiori negli anni ’80?
“Ho cercato di fare tesoro di quell’esperienza. Ho avuto maestri del calibro di Emilio Pugno e Aventino Pace. Ho imparato che quando sei davanti a problemi oggettivi, con una radice sostanziale, l’ultima delle cose utili è negarli. Ci si sporca le mani e non si ha paura di farlo. In quegli anni ne abbiamo inventate di soluzioni innovative. Il 6 per 6 nel settore tessile quando arrivava la competizione cinese, l’organizzazione del lavoro nel settore gomma su due settimane con 12 giorni lavorati e 3 di riposo. Siamo stati dentro il cambiamento perché quello che non devi mai fare è metterti fuori. Pace insegnava a noi giovani una grande verità: “Guardate che se ai problemi la soluzione non la date voi, la darà il padrone senza di voi”.
Marchionne non parla molto di qualità eppure solo 3 auto su 10 in Italia vengono dal gruppo Fiat. Non sarà mica colpa degli operai e della produttività?
“L’osservazione è giusta. Ed è giusto incalzare il progetto di Fabbrica Italia. Abbiamo una quantificazione di massima dell’investimento: 20 miliardi. Ma oggi sappiamo come saranno spesi, per Pomigliano e Torino, solo un miliardo e mezzo. Sarebbe utile conoscere in quale direzione andranno gli altri 18. Ma dobbiamo incalzare anche il governo che è stato completamente assente, che non si pone il problema di una politica industriale”.
Lo sciopero del 28 gennaio proclamato dalla Fiom è una follia?
“Non spetta ai partiti pronunciarsi sugli scioperi. Ma a Landini chiedo: al di là della denuncia come si propone di incidere su quello che succede negli stabilimenti Fiat? Se denuncia e basta rischia di esaurire il suo ruolo in una testimonianza. Sarà pure nobile sul piano etico. Ma sul piano pratico la sua efficacia qual'è?”.
Fonte: la Repubblica - Goffredo De Marchis | vai alla pagina » Segnala errori / abusi