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Walter deve restare Ma basta con il dialogo
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(23 giugno 2008) - fonte: Corriere della Sera - M.T.M. - inserita il 23 giugno 2008 da 31
Rosy Bindi è prodiana come Parisi ma pensa che Veltroni debba restare.
Il che non significa che sia tenera con il segretario: «E’ inutile avere un atteggiamento consolatorio, le difficoltà vanno, chiamate per nome.
E la nostra principale difficoltà si chiama una sconfitta elettorale pesante, confermata a Roma e in Sicilia.
C’è una distanza profonda tra noi e il nostro Paese, che non abbiamo capito e che perciò si è affidato alle proposte rassicuranti ma sbagliate della destra».
Un altro problema è il partito: «Il Pd ancora non c’è.
Radicarsi non vuol dire solo fare tessere ma ricreare un rapporto con la società italiana, mettersi con umiltà in ascolto del Paese.
Fondazioni e convegni sono utili ma quel che importa è che il segretario apra il partito, e cominci a lavorare collegialmente, rispettando e direi persino valorizzando anche il dissenso».
E Veltroni deve anche «chiarire bene che la vocazione maggioritaria del Pd non è l’autosufficienza o la ricerca di una legge elettorale che forzi il bipolarismo in bipartitismo»: «Se il Pd è il compimento dell’Ulivo - non saprei interpretare altrimenti l’applauso dell’assemblea a Prodi - deve farsi carico fin d’ora di ricostruire un nuovo centrosinistra».
Anche il modo di fare opposizione non è piaciuto a Bindi: «Il problema non è solo il ritorno delle leggi ad personam.
E’ evidente che l’ampia maggioranza che sostiene il governo non serve per aprire il dialogo ma per imporre un modello di società.
Un esempio? Nella manovra di Tremonti si annuncia la tessera dei poveri, un simbolo del capitalismo compassionevole, e si cancella l’accordo su welfare fino al divieto di licenziamento in caso di maternità.
Dialogare con questo governo rischia allora di legittimarne le posizioni. E’ come far credere agli italiani che le proposte di Berlusconi siano le risposte giuste ai problemi del Paese. Non è così e noi dobbiamo essere alternativi, in Parlamento e nella società».
Ma nonostante queste critiche Bindi non la pensa come Parisi: «Credo che ci sia una distinzione tra me e Parisi, che è stata chiara anche nell’assemblea.
Io non sono stata meno dura di lui nel registrare la scarsa democrazia interna e la caduta di partecipazione, dovuta a carenze organizzative ma soprattutto a ragioni politiche perché non c’è più la straordinaria passione che caratterizzò la fase delle primarie.
Ma io penso che le idee mie e quelle di molti altri possano essere utili se vengono offerte a chi ha la responsabilità del partito».
Quindi «il problema non è mandare a casa il segretario ma metterlo alla prova sulla sua capacità di costruire un partito plurale e di rendere evidente una nuova linea politica.
Nell’immediato non sarà facile capovolgere il risultato elettorale.
E allora che facciamo? Un congresso e le primarie ogni sei mesi?
Mandando ogni volta a casa un segretario? Penso sia più utile preparare bene il congresso tematico di autunno per avere un confronto vero, coinvolgendo tutta la base anche su tesi e proposte alternative».
Fonte: Corriere della Sera - M.T.M. | vai alla pagina » Segnala errori / abusi