Verso un’altra gig economy, pubblicato il pamphlet Lavoro digitale

Come le piattaforme che intermediano il lavoro riducono i costi per i datori aumentando i rischi per chi lavora.

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Dopo il lavoro portato avanti in queste settimane, openpolis pubblica il pamphlet Verso un’altra gig economy, traduzione di Towards a fairer gig economy, edito da Mark Graham e Joe Shaw, e pubblicato da Meatspace Press.

Verso un’altra gig economy

Disintermediare, significa eliminare gli intermediari.

Coincide con l’idea di assegnare alla tecnologia la promessa di liberarci dalle tante schiavitù — e relativi costi — che gli intermediari impongono alle relazioni economiche e sociali. Ereditato dalla finanza anni ‘80 — fare a meno della banca per gestire direttamente il risparmio — il sogno della disintermediazione si è tradotto in mille realizzazioni diverse, grazie alla diffusione di internet.

Se ci si pensa buona parte delle “innovazioni” rivoluzionarie della Silicon Valley – le cosiddette “disruption”, altra parola feticcio – hanno al cuore l’eliminazione degli intermediari tradizionali per fare incontrare direttamente produzione e consumo, venditori e acquirenti. Con vantaggio reciproco: più profitto per chi vende e risparmio per chi compra. Libri, musica, film, pubblicità, aste, viaggi, camere in affitto, taxi… Per poi inevitabilmente arrivare al lavoro.

Tanta innovazione tecnologica soltanto per tornare al vecchio cottimo

Piattaforme che usano le tecnologie digitali per mettere in relazione chi offre lavoro con chi lo cerca. Soltanto che il lavoro disintermediato si è scoperto essere un lavoretto, non più svolto da dipendenti ma da falsi imprenditori autonomi. Una volta tolti di mezzo gli intermediari novecenteschi – con tutti i loro problemi, ma anche con le loro garanzie – a regolare i tempi, i costi e i modi del lavoro è rimasta la piattaforma – cioè i suoi proprietari, con i suoi algoritmi, che non prevedono trattative o vertenze. Non era la fine dell’intermediazione? Tanta innovazione tecnologica soltanto per tornare al vecchio cottimo?

È arrivato il tempo di capire meglio cosa sta accadendo, cosa significhi concretamente lavoro digitale, economia delle piattaforme e gig economy. A noi piace farlo portando in Italia le riflessioni e i contributi raccolti in questo libretto, di cui apprezziamo soprattutto lo sforzo di superare l’esistente, di cercare le alternative ad un meccanismo che prometteva liberazione e ha perlopiù prodotto sfruttamento.

La traduzione di questo libretto è anche l’occasione per raccogliere testimonianze, proposte, analisi e dati nel nostro campo, sulla situazione in Italia.

Abbiamo dedicato al tema uno dei nostri esercizi che proponiamo come un viaggio a tappe in cui si alternano gli articoli del libretto con le interviste ai “rider ” delle nostre città e ad che vivono di economia digitale. Con il racconto di chi tenta di organizzare nuove forme di lotta e si batte per nuove regole, di chi sta già praticando usi diversi delle tecnologie o nuove possibili mediazioni che possano rappresentare un progresso per le persone che lavorano, prima che per i padroni delle tecnologie.

Un viaggio che openpolis porta avanti insieme a Valentina Bazzarin, Federico Piovesan, Alberto Valz Gris che ci hanno aiutato nella tradizione dei testi e nella raccolta di interviste e testimonianze. Per proporre contributi o segnalare esperienze scriveteci a fondazione@openpolis.it

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