Cos’è il decreto milleproroghe

È un decreto legge con cui il governo dispone il rinvio di determinate scadenze. Negli anni i settori di intervento di questo strumento sono diventati sempre più vasti, portando anche a degli abusi.

Definizione

Con il termine “milleproroghe” si fa riferimento a un decreto legge che il governo emana solitamente una volta all’anno. Il contenuto di tale norma prevede il rinvio di scadenze o dell’entrata in vigore di alcune disposizioni il cui mancato rispetto potrebbe provocare gravi problemi per cittadini, imprese e istituzioni. La funzione del decreto è quindi quella di affrontare con un unico atto una serie di termini che altrimenti dovrebbero essere trattati e risolti separatamente.

Ad esempio, il decreto per il 2023 prevede tra le altre cose:

  • la proroga delle autorizzazioni all’assunzione di personale all’interno di diverse agenzie e strutture ministeriali;
  • la proroga del termine per la presentazione della dichiarazione Imu da parte degli enti non commerciali;
  • la proroga dell’esenzione dall’obbligo di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari;
  • la proroga dell’aggiudicazione dei lavori per gli interventi su asili e scuole dell’infanzia finanziati con il Pnrr;
  • la proroga della possibilità per i pubblici esercizi di piazzare dehors sul suolo pubblico;
  • il prolungamento fino al 2025 del contratto di espansione (una misura di sostegno alle imprese in difficoltà finanziarie e tesa a facilitare l’esodo anticipato verso la pensione del personale);
  • il rinvio del divieto di circolazione per i mezzi Euro 2 del trasporto pubblico locale.

Oltre ai rinvii delle scadenze il milleproroghe, come tutti i decreti legge, può prevedere anche l’introduzione di nuove misure. Nel decreto per il 2023 ad esempio si autorizza l’erogazione delle risorse di un fondo da 10 milioni di euro istituito dalla legge di bilancio per il 2022 a favore dei proprietari di abitazioni non utilizzabili a causa dell’occupazione abusiva.

Come illustrato dal dossier della camera relativo al decreto del 2018, tale atto venne adottato per la prima volta nel 2001 e da allora è divenuto una consuetudine. Secondo una parte della letteratura in materia tuttavia, norme assimilabili al milleproroghe erano già presenti negli anni novanta.

Trattandosi di un decreto legge a tutti gli effetti, come gli altri atti di questo tipo deve essere convertito in legge dal parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione. In caso contrario le norme in esso contenute decadono.

Col passare del tempo i settori di intervento su cui si va ad intervenire tramite questo strumento sono andati aumentando. Ciò però ha portato anche a degli effetti collaterali. Durante l’iter di conversione in parlamento infatti spesso il decreto milleproroghe si è arricchito di un ulteriore carico di norme che rispecchiavano le sensibilità e gli interessi dei partiti.

Dati

Come detto, l’utilizzo abituale di questo strumento può essere fatto risalire al 2001. Da allora infatti ne è stato pubblicato almeno uno tutti gli anni. Fanno eccezione il 2003, il 2004 ed il 2006 dove i Dl di questo tipo sono stati 2. Mentre nel 2017 e nel 2019 non ne è stato pubblicato nessuno. Nel 2018 però il decreto uscì a luglio.

Un altro elemento degno di nota riguarda il fatto che, dalla sua introduzione, il decreto milleproroghe ha affrontato un numero crescente di questioni. Una parziale conferma di questa tendenza la possiamo trovare analizzando il numero di articoli contenuto in ogni decreto di questo tipo.

Osservando l’andamento delle ultime legislature infatti, notiamo che questo dato (salvo alcune eccezioni) è stato via via crescente. Fino a raggiungere il picco di 82 articoli nel 2020. Negli ultimi anni invece l’ampiezza del decreto, pur restando consistente, è diminuita. Nel 2021 infatti il milleproroghe contava 37 articoli, nel 2022 invece erano 49. L’ultimo atto emanato ne contiene 46. Un numero comunque significativo se si considera che il primo atto di questo tipo ne contava appena 9.

FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: martedì 21 Febbraio 2023)

Analisi

La natura di questo strumento e la mancanza di una regolamentazione organica sul suo utilizzo (parliamo infatti di un decreto legge sui generis) ha portato nel tempo anche a degli abusi. Con problemi sia di natura tecnica che politica.

I problemi di natura tecnica riguardano i limiti che vincolano l’utilizzo del decreto legge. Si dovrebbe poter fare ricorso a questo strumento infatti solo in caso di necessità e urgenza e i suoi contenuti dovrebbero essere omogenei tra loro. Con il milleproroghe invece si interviene in settori anche molto diversi il cui unico elemento comune è la necessità di rinviare le scadenze. Per questo si è parlato di un atto omnibus, una norma cioè dal contenuto estremamente eterogeneo.

Sul tema è intervenuta la corte costituzionale che ha riconosciuto la legittimità dello strumento ma ha posto alcuni importanti paletti.

[Il decreto milleproroghe deve] obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal governo e dal parlamento.

Strettamente legati a questo tema vi sono anche i problemi di natura politica. Spesso infatti con il milleproroghe si è scelto di affrontare questioni spinose che non necessariamente prevedevano una scadenza temporale. Ma che, a causa delle pressioni da parte dell’opinione pubblica e dei gruppi di interesse, sarebbe stato più difficile affrontare singolarmente.

Spesso il decreto milleproroghe è stato sfruttato per far approvare le norme più controverse.

Per citare un esempio di questo tipo, con il decreto per il 2023 è stato disposto l’ennesimo rinvio sull’adeguamento dell’Italia alla cosiddetta direttiva Bolkestein. Tale norma prevede che i servizi pubblici e le concessioni siano affidati a privati solo per mezzo di una gara pubblica. Per l’Italia in particolare i problemi hanno riguardato le concessioni balneari, più volte prorogate anche dopo l’entrata in vigore della direttiva. Ciò peraltro ha comportato l’apertura da parte delle istituzioni europee di diverse procedure di infrazione a carico del nostro paese.

Della questione si era occupato da ultimo il governo Draghi attraverso la legge annuale sulla concorrenza per il 2021. Questa norma, che peraltro rientra tra le riforme previste dal piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), prevede sostanzialmente la conclusione delle attuali concessioni balneari entro la fine del 2023. È prevista poi un’eventuale proroga di un anno.

Durante l’iter parlamentare di conversione del decreto milleproroghe però sono stati approvati alcuni emendamenti che intervengono proprio su questo fronte. Sostanzialmente la scadenza delle concessioni viene allungata al 2024 mentre il termine ultimo per l’espletamento delle procedure di gara slitta al 2025.

Questa scelta non ha mancato di destare polemiche. A questo proposito però occorre precisare che la proroga delle concessioni non è in contrasto con il Pnrr. Il piano infatti prevede l’attuazione con cadenza annuale di una legge volta a facilitare la concorrenza e il libero mercato. Tuttavia non ci sono vincoli sui contenuti di questa norma. Le country specific recommendations per il 2019 e il 2020, che sono state la base per la definizione dei Pnrr, infanti non contengono indicazioni a proposito delle concessioni balneari.

La liberalizzazione del settore «non è formalmente inserita» nel piano nazionale per la ripresa […]. A una prima occhiata eventuali ritardi nell’attuazione degli interventi attesi non sembrerebbero incidere sui soldi europei del recovery fund. Ma nel più ampio insieme di impegni per la competitività il tema si potrebbe porre.

Al di là del Pnrr comunque occorre ricordare che è tuttora in corso una procedura di infrazione a carico del nostro paese e la situazione in questo senso potrebbe aggravarsi se non si giungerà a una soluzione su questo fronte. Lo stesso presidente della repubblica ha censurato questo nuovo rinvio e ha chiesto ulteriori interventi in materia da parte di governo e parlamento. Anche la commissione europea inoltre ha annunciato di stare studiando il provvedimento al fine di valutare eventuali incompatibilità con il diritto comunitario.

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