Cosa sono le procedure d’infrazione

Vengono avviate quando gli stati membri dell’unione europea non rispettano il diritto Ue. Dal 2012 sono costate all’Italia circa 78 milioni di euro all’anno

Definizione

L’articolo 117 della costituzione italiana sancisce che la potestà legislativa esercitata dallo stato e dalle regioni non solo deve rispettare la costituzione stessa, ma anche i vincoli dell’ordinamento comunitario. Questo di fatto avviene recependo, in vari modi che poi vedremo, le norme del diritto europeo all’interno dell’assetto normativo del nostro paese.

Il diritto europeo trova implementazione attraverso l’utilizzo di 3 strumenti: le decisioni, le direttive e i regolamenti. Questi strumenti variano in tipologia, obblighi e funzionamento.
Le decisioni sono atti giuridici vincolanti che si applicano a uno o più paesi dell’Ue, imprese o cittadini. Non devono essere recepite nella legislazione nazionale, in quanto vincolanti automaticamente dalla data di entrata in vigore dell’atto. Destino analogo per i regolamenti. Stiamo parlando quindi di atti giuridici che si applicano automaticamente e in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione europea non appena approvati, e che non hanno bisogno di essere recepiti nell’ordinamento nazionale. Differente invece è il trattamento per le direttive, provvedimenti che impongono ai paesi dell’Unione europea il conseguimento di determinati risultati. Agli stati membri, che devono adottare le misure necessarie per recepire le direttive nell’ordinamento nazionale e conseguire gli obiettivi stabiliti, viene lasciata la libertà di scegliere come realizzarli. Le autorità nazionali devono però comunicare tali misure alla commissione europea. Il recepimento nel diritto nazionale deve avvenire entro un termine fissato, che generalmente è di 2 anni.

La commissione ha la responsabilità di garantire che tutti gli stati membri applichino correttamente il diritto dell’Ue. In tal senso la commissione è definita “custode dei trattati”. La commissione può quindi intervenire in due casi: o quando non viene recepita integralmente una determinata direttiva entro il termine stabilito, o quando viene applicato incorrettamente il diritto dell’Ue. Quando si verifica uno dei due casi, la commissione può avviare una procedura formale di infrazione

Una procedura d’infrazione può essere avviata per tre diversi motivi:

  • mancata comunicazione: quando lo stato membro non comunica in tempo alla commissione le misure scelte per implementare la direttiva;
  • mancata applicazione: quando la commissione europea valuta la legislazione dello stato membro non in linea con le indicazioni della legislazione europea;
  • sbagliata applicazione: quando la legge europea non viene applicata, o è applicata incorrettamente, dallo stato membro;

Il processo che porta all’apertura di una procedura di infrazione può iniziare in diversi modi. Oltre alle indagini interne portate avanti dalla commissione, cittadini, aziende, e organizzazioni non governative possono denunciare, inoltrando un reclamo, il non rispetto del diritto europeo da parte di una nazione.

I due articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) che regolano tutto il processo sono il 258 e il 260.

Se il paese dell’Ue interessato non comunica le misure che recepiscono completamente le disposizioni delle direttive o non rettifica la presunta violazione del diritto dell’Ue, la commissione può avviare una procedura formale di infrazione (Art. 258 Tfue). Nella fase di pre-contenzioso la commissione europea manda una lettera di costituzione in mora al governo del paese sotto indagine, il quale poi deve rispondere con spiegazioni entro un termine prefissato di tempo. Nel caso lo stato membro dovesse non rispondere, o rispondere in maniera non soddisfacente, la commissione può decidere di mandare un parere motivato in cui chiede di adempiere alle mancanze normative entro un dato giorno. Se lo stato membro dovesse continuare a non adempiere, la commissione europea può decidere di aprire un contenzioso facendo ricorso alla corte europea di giustizia. Se la corte ritiene che il paese in questione abbia effettivamente violato il diritto dell’unione, può emettere una sentenza in questo senso, richiedendo quindi alle autorità nazionali di adottare le giuste misure per conformarsi.

Se, nonostante la sentenza della corte di giustizia, il paese continua a non rettificare la situazione, la commissione può deferirlo nuovamente dinanzi alla corte (Art. 260 Tfue). Quando un paese viene deferito alla corte di giustizia per la seconda volta, la commissione propone che la corte imponga sanzioni pecuniarie, che possono consistere in una somma forfettaria e/o in pagamenti giornalieri.

Le sanzioni sono calcolate tenendo conto di vari elementi:

  • l’importanza delle norme violate e gli effetti della violazione sugli interessi generali e particolari;
  • il periodo in cui il diritto dell’Unione non è stato applicato;
  • la capacità del paese di pagare, con l’intento di assicurare che le sanzioni abbiano un effetto deterrente.

L’importo proposto dalla commissione può essere modificato dalla corte nella sentenza.

Dati

Nel 2017 sono state avviate 716 nuove procedure d’infrazione nei confronti dei paesi dell’unione europea. Scomponendo il dato per stato membro coinvolto, da notare come il Portogallo, per il secondo anno consecutivo, sia quello con il maggior numero di nuove procedure d’infrazione avviate: 60 nel 2016 e 46 nel 2017. Poco distante Cipro, per cui le procedure avviate sono state 41. Proprio nell’anno in questione l’Italia è stato il paese più virtuoso, solo 12 le infrazioni aperte, registrando il valore più basso per il secondo anno consecutivo tra i 28 paesi dell’Unione europea. Con le 716 nuove procedure avviate nel 2017, il totale delle procedure ancora pendenti alla fine dello stesso anno era salito a 1.559. Questo numero conferma il volume del problema, che negli ultimi anni, a partire dal 2016, ha subito una forte impennata. Mai dal 2013 il numero di infrazioni pendenti era stato così alto. Proprio alla luce di questi numeri, già l’anno scorso la commissione aveva lanciato l’allarme, sottolineando come la non applicazione del diritto Ue negli stati membri continuasse ad essere una tematica critica da affrontare. Se da un lato il numero delle nuove procedure aperte è in calo, la riduzione di quelle pregresse presenta molte difficoltà.

Il dato riguarda le infrazioni aperte verso tutti i paesi dell’Unione Europea.

FONTE: elaborazione Agi-openpolis su dati Commissione europea

In totale dal 2014 al 2017 sono state avviate 3.337 procedure d’infrazione, per una media 119 contenziosi a paese e circa 834 procedure all’anno.
Il totale dell’Italia nel periodo preso in considerazione ammonta a 103, un valore sotto la media continentale (119), e di gran lunga inferiore a quanto fatto registrare dagli altri grandi paesi del vecchio continente. Tra il 2014 e il 2017 la Spagna ha registrato 152 nuove procedure, la Francia 136 e la Germania 135. Il nostro paese si trova quindi nelle parte bassa della classifica. Sul podio troviamo invece le già citate Cipro (174) e Portogallo (170), assieme al Belgio (167 nuove procedure). Dal lato opposto della tabella, parlando quindi dei paesi più virtuosi, abbiamo Malta (78 procedure negli anni presi in considerazione), Estonia (68) e Paesi Bassi (67).

Se affrontiamo la materia per macro area emerge in modo netto una ricorrenza. Su alcuni specifici ambiti gli stati membri hanno più difficoltà a conformarsi a direttive e regolamenti. Storicamente è l'ambiente l'area tematica che presenta più problemi, almeno dal punto di vista delle procedure di infrazione. La storia del nostro paese, con le numerose procedure per discariche abusive ed ecoballe, ne è tra le altre cose un perfetto esempio. Quasi 20% dei contenziosi pendenti alla fine del 2017 riguarda l'ambiente. Si tratta dell'ambito di gran lunga più ricorrente, seguito a distanza da mobilità e trasporti (15,91%), e stabilità finanziaria (14,50%).

Analisi

Quando si parla di infrazioni purtroppo non si parla solamente di numeri. In un modo o nell’altro la cattiva gestione delle procedure d’infrazione da parte del nostro paese ha un costo, d’immagine, ma soprattutto economico. Proprio per questo motivo alcune delle procedure d’infrazione attualmente ancora aperte meritano un’attenzione particolare. Alcune delle infrazioni attualmente in essere hanno accompagnato la vita politica del nostro paese per anni. Il modo migliore per tenere traccia di questo aspetto, è contare il numero di giorni trascorsi dall’invio della lettera per la messa in mora (art. 258), primo atto formale che certifica l’avvio di una procedura d’infrazione, ad oggi.

Per 1/3 dei casi l’invio risale a più di 5 anni fa, elemento non da poco se si considera persino che alcune infrazioni (poco meno del 10%) sono state aperte addirittura più di 10 anni fa. Da notare anche come il 32,39% delle infrazioni siano state avviate nell’ultimo anno. Come certificato dalla “Relazione annuale 2018 - I rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi comunitari” pubblicato dalla Corte dei conti a inizio 2019, l’Italia ha dovuto pagare dal 2012 ad oggi oltre 547 milioni di euro a causa di seconde condanne da parte della corte europea di giustizia.

Sono stati addizionati gli esborsi pagati per 5 diverse infrazioni nei singoli anni di riferimento.

FONTE: elaborazione Agi-openpolis su dati Corte dei conti

In particolare sono 5 le infrazioni che hanno causato questo esborso. La prima in ordine di tempo riguarda gli aiuti concessi per interventi a favore dell’occupazione e risale al 2007. Gli aiuti contestati erano stati erogati dallo stato italiano per incentivare l’occupazione, ed erano stati corrisposti in forma di sgravi contributivi a favore delle imprese che avessero assunto disoccupati con contratti di formazione e lavoro, da convertirsi in seguito in contratti a tempo indeterminato. Dopo oltre 4 anni di contrattazione con la commissione, il 17 novembre 2011 è arrivata la condannata della corte di giustizia, al pagamento di sanzioni pecuniarie per il mancato recupero integrale degli aiuti contestati. Alla prima rata del 2012 di €30 milioni, ne sono seguite altre nel 2013 e nel 2018, che hanno portato il costo totale della procedura per il nostro paese ad oltre €76 milioni.

La seconda sentenza in ordine di tempo contro l’Italia è arrivata nel 2014, e riguarda la nota questione delle 200 discariche abusive sul territorio nazionale. L’infrazione in questione è stata aperta contro il nostro paese ben 15 anni fa, per la precisione il 9 luglio del 2003. Dal 2015 in poi l’Italia ha iniziato a pagare in media circa €50 milioni all’anno, per un totale che ad oggi ammonta a €204 milioni. L’infrazione è di gran lunga quella che più è costata alle casse dello stato.

Mettendo insieme tutti i dati, si evince che il non rispetto del diritto europeo è costato al nostro paese circa 78 milioni di euro all’anno. Proprio il 2018 è stato l'anno più dispendioso per l’Italia. Le penalità in totale sono costate €148,73 milioni, 31 milioni di euro in più rispetto al 2017.

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