L’astensionismo e il partito del non voto Mappe del potere

Dopo le ultime elezioni parlamentari è emersa con ancora più evidenza la questione dell’astensionismo. Sono sempre di più infatti gli elettori che non si recano alle urne e il partito del non voto è ormai stabilmente il “primo partito” d’Italia.

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Il tema dell’astensionismo interessa da anni il dibattito pubblico, in particolare nelle fasi elettorali. D’altronde la continua crescita del numero di persone che si astengono dal voto costituisce comprensibilmente un elemento di preoccupazione rispetto al grado di legittimità del sistema rappresentativo. I risultati elettorali infatti mostrano come la coalizione che ha ricevuto più voti e che otterrà la maggioranza parlamentare ha raccolto il consenso di poco più di 1 elettore su 4. È stato invece il “partito del non voto” l’opzione più comune in questa tornata elettorale, rappresentando la scelta di quasi il 40% del corpo elettorale.

Diritto o dovere

La costituzione italiana definisce l’esercizio del voto come un “dovere civico”. Un’espressione questa su cui si è molto dibattuto ma che senza dubbio esprime l’auspicio, da parte dei costituenti, che l’intero corpo elettorale partecipi al processo democratico.

Il voto e` personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.

Già questa espressione d’altronde rappresenta una formula di mediazione tra chi, in assemblea costituente, riteneva che il voto dovesse essere obbligatorio e chi invece lo vedeva come un diritto che i cittadini possono liberamente decidere di esercitare o meno.

La costituzione dunque non disciplina di per sé un obbligo giuridico pur non escludendo, almeno esplicitamente, che la legge possa declinarlo come tale.

L’annosa questione del Voto come “dovere civico”.

E in effetti la prima formulazione del testo unico delle leggi per l’elezione della camera dei deputati (Dpr 361/1957) definiva esplicitamente l’esercizi del voto come un obbligo, prevedendo anche delle sanzioni, anche se di natura assolutamente modesta.

Ex art. 4 – L’esercizio del voto è un obbligo al quale nessun cittadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il paese.
Ex art. 115 – L’elettore, che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco del comune nelle cui liste elettorali è iscritto

Tali sanzioni peraltro furono molto raramente applicate e nel 1993, con la riforma del testo unico, l’articolo 115 che stabiliva le sanzioni per il mancato esercizio del voto fu abrogato, mentre l’articolo 4 fu riformulato. Nel nuovo testo non si parlava più di un dovere, ma di un diritto che dev’essere promosso dalla repubblica.

Il voto è un dovere civico e un diritto di tutti i cittadini, il cui libero esercizio deve essere garantito e promosso dalla repubblica.

Nel 2005 poi è intervenuta su questo dibattito la stessa corte costituzionale. Nella sentenza la consulta ha quindi definito la scelta di non partecipare come una forma di esercizio del diritto di voto. A parere della corte tuttavia a tale scelta non può essere interpretata come la manifestazione di una volontà politica, dovendogli piuttosto attribuire esclusivamente un significato socio-politico.

[…] il non partecipare alla votazione costituisce una forma di esercizio del diritto di voto significante solo sul piano socio-politico.

Il calo dell’affluenza

A partire dalle elezioni del 1979 l’affluenza alle consultazioni parlamentari ha subito un progressivo e quasi continuo calo che l’ha portata dal 93,4% del 1976 al 63,8% del 2022.

63,8% l’affluenza alle elezioni parlamentari 2022 (camera).

Dalla fine degli anni ’80 infatti solo in due occasioni si è registrata una momentanea ripresa dell’affluenza: prima nel 1987, con una crescita di appena 0,8 punti percentuali rispetto al 1983, e poi nel 2006 con una crescita di oltre 2 punti rispetto al 2001.

La percentuale di affluenza alle elezioni per il rinnovo della camera dei deputati è calcolata facendo il rapporto tra il numero di elettori, ovvero i cittadini aventi diritto al voto, e i votanti, ovvero gli elettori che hanno effettivamente esercitato il loro diritto al voto. Questo indipendentemente dal fatto che abbiano espresso il loro voto a favore di una lista, che il loro voto sia stato considerato nullo per le più varie ragioni o che abbiano votato scheda bianca. A partire dai dati delle elezioni 2006 sono considerati solo gli elettori che hanno votato in Italia (e quindi non la circoscrizione estero) a esclusione di quelli della Valle d’Aosta. Al momento della pubblicazione i dati relativi al 2022 per quanto definitivi nella sostanza non sono ancora stati del tutto ufficializzati e potrebbero subire leggere variazioni.

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell'interno
(ultimo aggiornamento: venerdì 30 Settembre 2022)

Ma se in oltre 30 anni l'affluenza è calata di 10 punti, passando da oltre il 90% fino a valori comunque superiori all'80%, nel successivo quindicennio il calo dell'affluenza ha subito una drastica accelerazione. Tra il 2008 e il 2022 infatti la quota di elettori che si sono recati alle urne si è ridotta di quasi 17 punti percentuali.

Il partito del non voto

Ma se di grande importanza è la percentuale degli astenuti (ovvero chi non si è recato alle urne), altrettanto interessanti sono anche i numeri assoluti di quello che può essere definito come il partito del non voto, inteso come la somma degli astenuti e di chi ha votato scheda bianca (nel conteggio non sono invece incluse le schede nulle).

In particolare è utile mettere a confronto il numero di elettori che hanno scelto il non voto con quelli che invece hanno optato per una delle liste più votate alle elezioni.

Fino al 1987 il numero di elettori che hanno scelto il non voto si è posto costantemente al di sotto dei due principali partiti che si sono presentati alle elezioni, ovvero la Democrazia cristiana e il Partito comunista italiano.

A partire dal 2013 quello del non voto è costantemente il "primo partito" d'Italia.

Nel 1992, per la prima volta, il partito del non voto ha invece superato il secondo partito con più voti alle elezioni, in quell'occasione il Partito democratico della sinistra (Pds). Alle elezioni successive invece le prime due liste e il partito del non voto hanno raggiunto cifre molto simili: 8,1 milioni di voti Forza Italia, 7,8 il Pds e 8 il partito del non voto. Alle elezioni del 1996 poi il partito del non voto ha raccolto per la prima volta più preferenze di tutti, anche se negli anni successivi è tornato al pari o al di sotto almeno del primo partito. È a partire dal 2013 infine che il non voto rappresenta la scelta più comune tra gli elettori, almeno rispetto alle singole liste.

Per partito del non voto si intende la somma tra il numero di elettori che non si sono recati alle urne e le schede bianche. Non sono invece inclusi in questo insieme i voti considerati nulli per ragioni diverse. A partire dai dati delle elezioni 2006 sono considerati solo gli elettori che hanno votato in Italia (e quindi non la circoscrizione estero) a esclusione di quelli della Valle d’Aosta. Al momento della pubblicazione i dati relativi al 2022 per quanto definitivi nella sostanza non sono ancora stati del tutto ufficializzati e potrebbero subire leggere variazioni.

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell'interno
(ultimo aggiornamento: venerdì 30 Settembre 2022)

Confrontare il partito del non voto con i risultati ottenuti dalle singole liste ci dice molto del rapporto tra elettori e formazioni politiche. Allo stesso tempo però è evidente che i risultati ottenuti dalle prime due liste dipendono in maniera determinante dal grado di frammentazione del sistema politico oltre che dall'eventuale inclusione nella legge elettorale della possibilità di fare coalizioni.

Tuttavia i risultati delle ultime politiche confermano quella del non voto come la scelta ampiamente più comune tra gli elettori, anche considerando le coalizioni nel loro insieme.

Per il “Partito del non voto” sono indicati il numero di elettori che non hanno votato e il numero di schede bianche. Per la coalizione di centro-destra i voti ottenuti dalle liste di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati. Per la coalizione di centro-sinistra quelli ottenuti dalle liste di Partito democratico, Alleanza Verdi e Sinistra, +Europa e Impegno civico. Separatamente sono poi indicati i voti ottenuti dalle due liste nazionali non coalizzate che sono entrate in parlamento ovvero il Movimento 5 stelle e Azione-Italia viva. Sono considerati solo gli elettori che hanno votato in Italia (e quindi non la circoscrizione estero) a esclusione della Valle d’Aosta. Al momento della pubblicazione i dati relativi al 2022 per quanto definitivi nella sostanza non sono ancora stati del tutto ufficializzati e potrebbero subire leggere variazioni.

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell'interno
(ultimo aggiornamento: venerdì 30 Settembre 2022)

+39,5% gli elettori che hanno scelto di non esprimersi rispetto a quelli che hanno votato liste di centro-destra.

In questi termini infatti il partito del non voto ha coinvolto oltre 17 milioni di elettori. Ben oltre i 12,3 del centro-destra che complessivamente rappresentano il 26,7% dell'elettorato.

Disinteresse o forma di protesta

Nella scelta di non esprimere preferenza per alcuna lista cambia ovviamente il modo in cui si intende esprimere la propria decisione. Tra coloro che non si sono recati al voto infatti è impossibile distinguere tra coloro che non hanno votato per protesta non sentendosi rappresentati dai partiti e tra coloro che non hanno votato per disinteresse.

Diverso invece è il caso delle schede bianche, le quali possono essere interpretate, con un certo margine di sicurezza, come l'espressione di un voto di protesta nei confronti del sistema politico, o comunque un non riconoscimento nell'offerta politica esistente. È probabile poi che anche una quota di schede annullate risponda a questa stessa motivazione, tuttavia in questo caso è impossibile distinguere questa situazione dall'annullamento per errore materiale.

Considerando dunque le schede bianche come l'espressione più esplicita di un dissenso politico nei confronti dei partiti è interessante notare come l'andamento di queste abbia seguito negli anni un trend diverso sia rispetto all'affluenza sia rispetto a quello che abbiamo definito partito del non voto.

FONTE: elaborazione openpolis su dati ministero dell'interno
(ultimo aggiornamento: lunedì 3 Ottobre 2022)

Infatti se da un lato è vero che il numero di schede bianche è cominciato a crescere già dalle seconde elezioni repubblicane, questa crescita ha seguito un andamento molto più incostante rispetto all'astensione, raggiungendo poi il suo apice nel 2001. Dalle elezioni politiche del 2006 in poi, al contrario, il numero di schede bianche ha subito un tracollo drastico, passando da quasi 1,7 milioni nel 2001 (3,4% del corpo elettorale) a poco più di 400mila nel 2006 (0,9%). Tale cifra è poi rimasta abbastanza costante negli anni successivi e nel 2022 si è collocata intorno a 492mila, ovvero l'1,1% del corpo elettorale e il 2,9% di quello che abbiamo definito partito del non voto.

Un dato decisamente basso, in particolare se si considera che la quota di schede bianche rispetto al partito del non voto, nel 1968 sfiorava il 20%. Più in generale tra l'inizio degli anni '50 e la fine degli anni '80 questa percentuale è rimasta costantemente sopra il 17%, in una fase in cui l'affluenza alle urne era ancora molto forte.

Secondo autorevoli interpretazioni prima l'impennata e poi il calo del numero di schede bianche andrebbe letto alla luce di particolari caratteristiche del sistema elettorale in vigore tra il 1993 e il 2005, ovvero il cosiddetto mattarellum. Tuttavia anche escludendo questo periodo si osserva un calo delle schede bianche che passa da quasi 900mila nel 1992 a poco più di 400mila nel 2006. Valore dal quale non si è discostato di molto negli anni successivi.

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