La sfida del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici Ambiente

Dopo un iter di 6 anni è stato approvato il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Uno strumento importante il cui successo però dipenderà dalla volontà politica di indirizzare risorse per l’attuazione delle misure.

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I cambiamenti climatici rappresentano una delle sfide più importanti della contemporaneità. L’innalzamento delle temperature sta infatti causando danni ormai irreversibili al pianeta. L’Italia è fortemente esposta agli effetti avversi che ne derivano, in particolare a eventi come erosioni, alluvioni e siccità. Infatti fa parte del cosiddetto hotspot mediterraneo, un’area considerata particolarmente a rischio.

Nel 2015 è stata introdotta una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snac), con lo scopo di ricapitolare lo stato delle conoscenze scientifiche sugli impatti e sulle vulnerabilità del paese e di presentare delle proposte di azione. Dopo una lunga fase di approvazione avviata nel 2017, il 21 dicembre scorso il ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase), con il decreto 434, ha poi approvato il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) per fare un ulteriore passo avanti.

Si tratta di un piano articolato in oltre 300 misure che mirano a contenere gli effetti negativi che il riscaldamento globale ha in Italia. Tuttavia il vero problema resta l’attuazione di questi propositi e quindi se e come verranno sostenuti economicamente. In altre parole, servirà una forte volontà di finanziare, e quindi realizzare, le azioni previste, affinché non resti una semplice dichiarazione di intenti.

Il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici

Il nostro paese sta subendo duramente gli effetti dei cambiamenti climatici. Tra i principali sintomi ci sono il caldo e la siccità. Nel 2022 le precipitazioni sono state inferiori alla media meteorologica e si è verificato un episodio di caldo intenso e prolungato durante l’estate.

Il riscaldamento globale ha un forte impatto sull’ecosistema marino.

Il surriscaldamento è un fenomeno che non colpisce soltanto l’atmosfera, ma anche il mare (soprattutto l’Adriatico, con anomalie fino a +2,3 gradi centigradi). Come sulla terra, anche questo ecosistema è soggetto a pericolose ondate di calore, un ulteriore fattore di rischio per un mare già inquinato e costantemente sovrasfruttato. Lo scenario futuro inoltre delinea, in entrambi i casi, un ulteriore aumento delle temperature.

Gli impatti sono trasversali, colpiscono la criosfera (neve, ghiacciai e permafrost, che perdono il 30/40% del proprio volume), le risorse idriche, le zone umide e quelle costiere, vulnerabili agli eventi climatici estremi, ma anche il suolo (interessato da degrado e dissesto) e gli ecosistemi terrestri.

È questo il contesto su cui si articola il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici. Gli obiettivi di riferimento restano quelli già pronunciati più volte in ambito internazionale (in particolare con l’accordo di Parigi) ed europeo (in primis, il green deal).

L’obiettivo principale del Pnacc è fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.

Il programma vede due livelli di intervento. Prevede l’istituzione di un’apposita struttura di governance nazionale ed è al contempo un documento di indirizzo, che pone le basi per una pianificazione.

Le principali basi giuridiche di riferimento, come riporta il Pnacc, sono una serie di norme internazionali come la convenzione quadro Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc), il protocollo di Kyoto con l’emendamento di Doha, l’accordo di Parigi e l’Agenda Onu 2030. Ma anche vari strumenti e iniziative a livello europeo, nazionale e locale.

Le misure previste e la loro attuazione

Da una parte il Pnacc si pone come obiettivo la costruzione di un contesto organizzativo incentrato sulla definizione di struttura e criteri di governance e sullo sviluppo delle conoscenze. Dall’altra parte costruisce una cornice di riferimento per la pianificazione e la realizzazione delle azioni.

361 le misure previste dal Pnacc.

Il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è stato approvato a dicembre 2023, dopo un iter di 6 anni. Si pone il duplice obiettivo di istituire una governance nazionale e di fornire l’indirizzo per azioni di adattamento ai cambiamenti climatici.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Mase
(pubblicati: martedì 2 Gennaio 2024)

Informazione e governance sono le principali aree di intervento del Pnacc, ognuna con oltre 100 misure, su un totale di 361. La principale sottocategoria è quella relativa a monitoraggio, modelli e dati, voce nella quale rientrano 59 misure. Seguono gli interventi di ricerca e valutazione (42).

I dati si riferiscono alle misure del piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), divisi per settori di intervento.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Mase
(pubblicati: martedì 2 Gennaio 2024)

Il settore con più misure è quello delle foreste (35), seguito da dissesto (29) e risorse idriche, energia e agricoltura (con 28).

Chiaramente tutte queste azioni necessitano di finanziamenti. Nel testo del Pnacc vengono elencate alcune risorse potenziali: vari programmi Ue come Life, il Fesr (fondo europeo di sviluppo regionale), il meccanismo Ue di protezione civile, la Urban initiative action, Horizon Europe e la politica agricola comune (Pac). Ma anche una serie di fondi nazionali come il programma nazionale metro plus e città medie sud, il piano operativo nazionale di cultura e sviluppo, il piano nazionale per la ricerca e il fondo sviluppo e coesione. A cui si aggiungono eventuali programmi regionali e locali.

Se però i fondi necessari saranno effettivamente stanziati dipenderà dalla volontà politica di farlo. Come ha evidenziato Legambiente, infatti, nell’ultima legge di bilancio non è stata fatta menzione di tali risorse, ma garantirle è fondamentale, per fare in modo che il piano non rimanga solo sulla carta.

Foto: Mika Baumeisterlicenza

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