La sfida del federalismo fiscale per ampliare i servizi sociali Finanza locale

La funzione sociale dei comuni è stata oggetto di un profondo cambio metodologico nel sistema di federalismo fiscale, che mira a ridurre gli ampi divari di spesa e di offerta di servizi sociali sul territorio.

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Avere accesso sul proprio territorio a una rete di servizi sociali ha un valore fondamentale per le persone che si trovano in situazioni di difficoltà, che siano economiche, sociali, di salute fisica o mentale. Questi servizi intervengono cercando di eliminare o almeno di ridurre la condizione di disagio, attraverso misure di sostegno economico e di supporto nei vari ambiti della vita dell’individuo, da quella familiare e lavorativa a quella sociale e scolastica, nel caso di bambini e ragazzi.

I comuni sono tenuti per legge a garantire i servizi sociali.

L’area di azione di questa tipologia di servizi è di per sé molto ampia, difficile da quantificare, così come sono diversi gli utenti che accedono a queste forme di supporto e i bisogni che esprimono. Basti pensare che le misure messe in atto in questo ambito sono rivolte a famiglie, minori, disabili, anziani, immigrati e nomadi, individui con dipendenze o con problemi di salute mentale, adulti che vivono in condizioni di povertà e disagio, privi di una dimora. Inoltre i servizi sociali lavorano anche sulla prevenzione, cercando di intervenire prima che un individuo si trovi in difficoltà. È il ruolo per esempio dei vari sportelli di ascolto o di mediazione sociale e delle azioni di sensibilizzazione.

Per essere efficaci e raggiungere la vita quotidiana delle persone, è importante che tali servizi siano fisicamente vicini alla popolazione. Anche per questo motivo, quella sociale è una delle sette funzioni fondamentali affidate ai comuni, che sono appunto le istituzioni più prossime ai cittadini.

I divari nell’offerta dei servizi

Prima di occuparci della spesa sociale degli enti locali e di come il federalismo fiscale sia intervenuto in anni recenti a supporto di tale spesa, abbiamo ricostruito attraverso i dati Sose la complessiva carenza e le ampie disparità con cui tali servizi sono presenti sul territorio nazionale. In particolare abbiamo analizzato i dati 2017, i più recenti disponibili, relativi al numero di utenti che sono stati raggiunti da interventi e servizi sociali nei comuni delle regioni a statuto ordinario (Rso).

1,2 ogni 1.000 abitanti, gli utenti del target “Dipendenze e salute mentale” raggiunti in media da interventi e servizi sociali dai comuni italiani delle regioni ordinarie.

Corrisponde a 1 individuo ogni 1.000, il dato più basso tra i sette gruppi di utenza (multiutenza, famiglia e minori, anziani, povertà, disagio adulti e senza dimora, immigrati e nomadi, disabili, dipendenze e salute mentale). Valori inferiori a 10 utenti ogni 1.000 abitanti si registrano in media anche per quanto riguarda gli interventi e i servizi destinati ai disabili (5,8 utenti ogni 1.000 abitanti) e a immigrati e nomadi (6,3 ogni 1.000).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

Analizzando i dati per macroarea, sono i comuni del nord-est e del nord-ovest a raggiungere mediamente un numero più alto di utenti ogni 1.000 abitanti, per ogni gruppo di utenza. Seguiti, seppur con dati inferiori, dai territori del centro Italia mentre il sud registra valori inferiori alle altre per ogni gruppo, fatta eccezione per il target "Famiglie e minori".

I divari nella spesa e la vecchia metodologia

Le ampie differenze nell'offerta di servizi sociali, che abbiamo almeno in parte cercato di ricostruire nel paragrafo precedente, sono fortemente correlate alle differenze di spesa per la funzione sociale, che attraversano il paese creando le stesse frammentazioni.

€ 100 per abitante, la spesa storica media dei comuni delle regioni a statuto ordinario per la funzione sociale, nel 2017.

Una cifra che sale a €111 nel nord-est e nel centro Italia e a €112 nel nord-ovest, ma che cala drasticamente nel sud, dove è pari a soli €70 pro capite, ben 40 euro in meno (circa) rispetto alla cifra spesa per abitante nelle altre aree del paese.

La vecchia metodologia di Sose stimava quanto i comuni delle Rso avrebbero dovuto spendere per la funzione sociale tenendo anche conto della regione di appartenenza di ciascun territorio. Una scelta dettata dal ruolo centrale delle regioni nella programmazione dei servizi e dalla necessità di rispecchiare, nella definizione di uno standard di spesa sociale per i comuni, quelle disparità di spesa effettiva che abbiamo appena descritto. Tuttavia, il ruolo affidato ai contesti regionali si è rivelato nel tempo troppo impattante nella definizione della spesa standard per la funzione sociale e, di conseguenza, nel calcolo delle risorse perequative del fondo di solidarietà comunale da destinare ai comuni. In altre parole, a parità di condizioni, solo l'appartenenza a una regione piuttosto che a un'altra determinava la possibilità per un comune di ricevere più o meno risorse per la funzione sociale, dal sistema di federalismo fiscale.

Le risorse aggiuntive e gli obiettivi di servizio

Per eliminare l'effetto impattante dell'appartenenza regionale e cercare di ridurre efficacemente le distanze nei livelli di spesa e di offerta dei servizi sociali tra territori, dal 2020 è cambiata la metodologia con cui vengono definiti i fabbisogni standard in questo settore.

La nuova metodologia introduce risorse in più per il sociale, legate a obiettivi di servizio.

Sono state innanzitutto individuate le province, intese come aggregazioni di comuni, che registrano le migliori performance in termini di minori livelli di spesa e maggiori quantità di servizi sociali offerti nelle tre annualità dal 2015 al 2017. Poi, sulla base delle spese sostenute da queste province di riferimento, sono state definite le risorse aggiuntive da destinare ai comuni delle regioni a statuto ordinario.

€ 650 mln le risorse aggiuntive per la funzione sociale, introdotte dalla legge di bilancio 2021.

Risorse che vengono distribuite agli enti comunali, in base allo standard di spesa sociale previsto per ciascuno di loro e che sono legate agli obiettivi di servizio, uno strumento innovativo e di recente introduzione che abbiamo già descritto in un precedente articolo. Ciò che comporta concretamente questa misura è l'obbligo per i comuni di allocare le risorse ricevute nell'aumento e nel miglioramento dei servizi sociali del proprio territorio. Per esempio attraverso nuove assunzioni o il raggiungimento di un maggior numero di utenti. Gli enti sono poi tenuti a rendicontare i miglioramenti apportati all'offerta di servizi sociali e a portare tale rendicontazione all'attenzione del consiglio comunale. Un passaggio fondamentale e uno strumento di trasparenza che, nel caso di comuni sotto obiettivo (con una spesa sociale storica inferiore al fabbisogno stimato), toglie alibi alle amministrazioni che dedicano meno risorse al sociale e le obbliga a incrementare i servizi, a fronte delle maggiori risorse ricevute.

Spesa storica vs spesa standard

Considerando la nuova metodologia appena descritta e l'ammontare delle risorse aggiuntive introdotte dall'ultima legge di bilancio, Sose ha calcolato lo standard di spesa sociale per ciascun comune delle regioni ordinarie. Attraverso i dati di OpenCivitas, è interessante confrontare quegli standard con la spesa sociale effettiva (la spesa storica) sostenuta dalle amministrazioni nel 2017.

Questo paragone ci aiuta infatti a capire quali e quanti comuni sono lontani dallo standard previsto (cioè hanno una spesa storica inferiore alla spesa standard) e quali invece già nel 2017 hanno allocato più risorse di quelle stimate da Sose (cioè hanno una spesa storica superiore alla spesa standard).

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

Un primo elemento da notare è che per tutte le fasce di popolazione la spesa standard è superiore alla spesa storica. Questo vuol dire che in media le amministrazioni di ogni gruppo hanno allocato meno risorse per questa funzione, rispetto a quanto stimato da Sose.

Nei comuni più abitati i livelli di spesa sociale sono più alti.

Analizzando le disparità tra i diversi gruppi, un altro aspetto evidente è la crescita più o meno costante che si registra nel livello di spesa sociale, sia storica che standard, all'aumentare della popolazione. Dai territori con meno di 500 residenti, che hanno una spesa storica pro capite pari a 66 euro e una spesa standard pro capite pari a 77 euro, ai comuni con oltre 100mila abitanti, che registrano per la prima 151,3 euro e per la seconda 162,1. Questo perché nelle città più popolose risulta più difficile, e quindi più costoso, identificare le situazioni di disagio che richiedono un intervento da parte dei servizi sociali. Al contrario di quanto accade nei piccoli centri, dove l'individuazione del bisogno risulta in un certo senso facilitato dal minor numero di abitanti. Ma come variano invece i livelli di spesa dal nord al sud del paese?

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

Il 73% dei comuni delle regioni a statuto ordinario spende per il sociale meno di quanto stimato da Sose. Si tratta dell'ampia maggioranza dei territori, a conferma di quanto visto in precedenza, ma con forti disparità, questa volta tra le diverse aree del paese.

In media a nord i comuni spendono di più dello standard per il sociale.

Osservando le variazioni del livello di spesa sociale in base alla collocazione geografica dei comuni, emerge che in media i comuni del nord-est e del nord-ovest registrano una spesa storica superiore alla spesa standard. Viceversa nei territori del centro e del sud. In particolare nel mezzogiorno il divario è di ben 39 euro tra spesa media per abitante storica (€ 69,8) e standard (€108,8).

Considerando poi i dati relativi alle 10 grandi città delle regioni ordinarie (cioè quelle con più di 200mila abitanti), le tendenze sono simili a quelle osservate per tutto il territorio. Con 6 comuni su 10 che hanno una spesa storica inferiore alla standard (Torino, Verona, Genova, Bari, Napoli, e Roma) e 4 che invece spendono più di quanto stimato per il sociale (Bologna, Milano, Firenze e Venezia).

Per conoscere la spesa storica e la spesa standard del tuo comune versa, clicca sulla casella Cerca… e digita il nome del tuo comune. Puoi cambiare l’ordine della tabella cliccando sull’intestazione delle colonne.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose
(ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)

La sfida da qui ai prossimi anni sarà quindi la riuscita degli obiettivi di servizio nel loro scopo di ampliare e migliorare i servizi sociali, attraverso l'erogazione di più risorse dallo stato ai comuni e una maggiore capacità di spesa da parte di questi. Un passaggio fondamentale per garantire ai cittadini, indipendentemente da dove vivono, l'accesso a un'assistenza sociale di qualità. Oltre che un primo cruciale passo nel percorso che deve portare all'introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale.

I Lep permetterebbero di individuare, per tutti i servizi che impattano sui diritti civili e sociali dei cittadini, uno standard adeguato di prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale. Vai a "Che cosa sono i Lep, livelli essenziali delle prestazioni"

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I contenuti della rubrica sul federalismo fiscale sono realizzati nell'ambito della collaborazione tra openpolis e la società pubblica Sose, che è la fonte dei dati utilizzati. Si tratta di dati pubblici che openpolis ha raccolto, elaborato e che mette qui a disposizione. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione.

Photo credits: Unsplash Josh Appel - Licenza

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