In Abruzzo una famiglia su dieci si trova in povertà relativa Abruzzo Openpolis
Nel 2024 le famiglie abruzzesi in tale condizione erano il 10,1%. Questi nuclei rimangono sotto i livelli medi di benessere, con ricadute sulla coesione sociale ed economica di tutta la comunità.
mercoledì 29 Ottobre 2025 | Italie a confronto

- In Abruzzo una famiglia su dieci si trovava in povertà relativa nel 2024.
- Al sud l’incidenza della povertà relativa è maggiore nelle aree metropolitane e nei piccoli centri periferici.
- Purtroppo esistono pochi dati con granularità territoriale sulla povertà delle famiglie.
- Nel 2020 a L'Aquila quasi il 20% delle famiglie si trovava in una situazione di potenziale disagio socio-economico.
Ci sono diversi modi per misurare quante persone vivono in condizioni di indigenza. Uno di questi è la povertà assoluta, che indica la situazione in cui una famiglia non riesce a sostenere la spesa minima necessaria per acquistare un paniere di beni e servizi essenziali — come cibo, riscaldamento, abbigliamento o un’abitazione dignitosa — per condurre una vita accettabile.
Un’altra dimensione altrettanto rilevante, ma spesso meno considerata tra gli indicatori per misurare la situazione di singoli e famiglie, è la povertà relativa. Questa indica la condizione economica di un soggetto rispetto al resto della popolazione. In altre parole, si parla di povertà relativa quando un singolo o una famiglia ha una capacità di spesa non sufficiente per mantenere un tenore di vita in linea con quello della comunità di cui fa parte.
In Abruzzo nel 2024, in base ai dati appena pubblicati da Istat, la quota di famiglie che si trovavano in questa situazione era di circa il 10%. Un dato tutto sommato contenuto se confrontato alle altre regioni del mezzogiorno e inferiore, di poco, alla media nazionale (10,9%).
10,1% la quota di famiglie abruzzesi che si trovavano in condizione di povertà relativa rispetto al totale dei nuclei residenti nel 2024.
Analizzare questi dati è importante, non solo perché spesso povertà assoluta e relativa coincidono, ma anche perché, quando non è così, ci troviamo comunque di fronte a famiglie che rimangono sotto i livelli medi di benessere. Ciò ha ricadute sulla coesione sociale ed economica di tutta la comunità.
I dati sulla povertà relativa, in Italia e in Abruzzo
Nel 2024, anno più recente per cui sono disponibili i dati, le famiglie italiane in condizione di povertà relativa erano circa 2,8 milioni (dato stabile rispetto al 2023). Si tratta del 10,9% dei nuclei totali. Il sud si conferma come l’area del paese ampiamente più critica da questo punto di vista. Qui infatti l’incidenza delle famiglie in povertà relativa è del 20%. Valori simili e molto inferiori invece al nord (6,6%) e al centro (6,5%) della penisola.
Scindendo i dati a livello regionale, appare ancora più evidente come il divario tra sud e centro-nord del paese sia particolarmente marcato. L’Abruzzo (10,1%) infatti è l’unica regione del mezzogiorno a riportare un dato inferiore alla media nazionale (10,9%). Viceversa, con la sola eccezione delle Marche, le regioni del centro e del nord si trovano tutte sotto il dato italiano.
Il valore più alto in assoluto è quello della Puglia con il 24,3%. Oltre il 20% anche Calabria e Campania. Viceversa la quota più bassa di famiglie in povertà relativa è quella del Trentino-Alto Adige (4,7%).
In Abruzzo il 10% delle famiglie si trova in povertà relativa
Percentuale di famiglie che si trovano in povertà relativa per regione (2024)
FONTE: elaborazione Abruzzo Openpolis su dati Istat
(pubblicati: martedì 14 Ottobre 2025)
Al sud l’incidenza della povertà relativa è maggiore nelle aree metropolitane e nei piccoli centri periferici.
Un altro dato interessante da notare riguarda il fatto che l’incidenza delle famiglie in povertà relativa, a livello nazionale, risulta più marcata nei comuni con popolazione fino a 50mila abitanti non periferia di area metropolitana (12,2%). L’incidenza invece è più contenuta nei grandi centri (8,3%) e nelle periferie delle aree metropolitane e nei comuni con popolazione superiore ai 50mila abitanti (10,1%). Da notare che al sud invece la situazione è un po’ diversa. Qui infatti l’incidenza delle famiglie povere è sostanzialmente identica nelle grandi città (20,9%) come nei piccoli centri (20,8%). Leggermente inferiore invece nelle aree intermedie (18,3%).
Complessivamente quindi al sud la povertà si distribuisce in maniera più o meno omogenea tra aree urbane e periferiche. Le caratteristiche e le esigenze delle famiglie che vivono in città però probabilmente differiscono da quelle di chi vive in zone meno urbanizzate. Come nelle aree interne ad esempio. Capire regione per regione, comune per comune, dove si trovano le situazioni più critiche sarebbe molto importante per valutare l’eventuale attuazione di interventi mirati.
Purtroppo, al momento, dati di dettaglio territoriale non sono disponibili, e ciò limita la possibilità di un’analisi più fine e di politiche realmente personalizzate. Per avere una misura della deprivazione delle famiglie, tuttavia, è possibile fare delle stime attraverso le statistiche sperimentali di Istat. Si può ad esempio analizzare la quota di famiglie con figli a carico che si mantengono su un unico reddito. Una situazione che – in molti casi – rende fragili le finanze familiari.
Le famiglie in potenziale disagio socio-economico in Abruzzo
L’indicatore analizzabile con i dati disponibili è la percentuale di famiglie anagrafiche con almeno un minore di età inferiore ai 6 anni e un unico percettore di reddito rispetto al totale delle famiglie monoreddito. Sebbene siano presenti distorsioni legate all’evasione fiscale e a situazioni particolari (non tutte le famiglie monoreddito sono necessariamente in difficoltà economica) e l’informazione sia disponibile solo per i comuni con almeno 5mila abitanti, questo indicatore offre la maggiore granularità territoriale possibile. Si tratta di dati relativi al 2020, primo anno di emergenza Covid.
Considerando i territori per cui il dato è disponibile, possiamo osservare che in Abruzzo ci sono ben 12 comuni dove la percentuale di famiglie monoreddito con almeno un figlio nel 2020 era pari o superiore al 30%. La quota più alta in assoluto in quell’anno era stata fatta registrare da Luco dei Marsi con il 37,6%. Seguono Collecorvino (34,5%) e Corropoli (34,1%).
I comuni capoluogo hanno una bassa incidenza di famiglie monoreddito con figli.
Viceversa il dato più basso risulta essere quello di Castel di Sangro (13,8%), seguito da Tagliacozzo (14,8%) e Tortoreto (15,6%). È interessante notare che tutti e quattro i capoluoghi di provincia abruzzesi rientrano tra i 15 comuni con la più bassa percentuale di famiglie monoreddito con figli. Il dato migliore in questo caso è quello di Chieti (16,5%) che è il quarto più basso di tutta regione fra i comuni per cui l’informazione è disponibile. Troviamo poi Pescara (17,2%), Teramo (19,1%) e infine L’Aquila (19,6%). Pur non potendo confrontare direttamente questi dati con quelli relativi alla povertà relativa, possiamo comunque osservare che apparentemente in Abruzzo l’incidenza delle famiglie potenzialmente a rischio di disagio economico è maggiore nei piccoli centri piuttosto che nelle grandi città.
Nel 2020 Chieti è stato il capoluogo abruzzese con meno famiglie monoreddito con figli
Percentuale di famiglie anagrafiche in cui è presente almeno un minore con meno di 6 anni e un unico percettore di reddito sul totale dei nuclei monoreddito (2020)
Dato disponibile solo per i comuni con più di 5.000 abitanti.
FONTE: elaborazione Abruzzo Openpolis su dati Istat (statistiche sperimentali)
(ultimo aggiornamento: giovedì 19 Giugno 2025)
L’impegno di Istat nel fornire dati territoriali dettagliati rappresenta un punto di riferimento essenziale. Tuttavia, per superare i limiti attuali sarebbe auspicabile che l’intero sistema pubblico rafforzi la raccolta e la condivisione di informazioni a livello locale. Solo con dati di dettaglio e aggiornati frequentemente infatti è possibile definire e implementare politiche mirate e realmente aderenti alle esigenze delle popolazioni.
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Foto: Dario Brönnimann (licenza)




