Il salario minimo nei paesi europei Europa

Il parlamento europeo ha votato a favore della direttiva sul salario minimo, che però non ne prevede l’imposizione per legge negli stati membri. Ad oggi, l’Italia è uno dei pochi paesi sprovvisti di questa misura, nonostante l’elevato numero di lavoratori in condizioni di povertà.

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L’11 novembre 2021 al parlamento europeo la maggioranza ha votato in favore di una nuova direttiva per l’introduzione in tutta l’Unione del salario minimo. La direttiva era stata proposta dalla commissione europea nell’ottobre 2020 ed era stata oggetto di una lunga trattativa.

Il salario minimo è considerato un importante strumento di lotta contro la povertà e contro le disuguaglianze economiche, in grado inoltre, secondo l’Ue, di favorire una giusta competizione e una ripresa economica dalla crisi pandemica.

Cos’è il salario minimo

Esso consiste nella paga più bassa (su base oraria o mensile) che, per legge, deve essere conferita ai lavoratori. Serve a tutelare chi, pur lavorando, si trova in condizioni di indigenza o è a rischio di povertà. In Italia ad oggi non esiste una legge sul salario minimo a livello nazionale.

In Italia non è attualmente previsto, anche se un fondamento costituzionale di una legge sul salario minimo può essere ritrovato nell’articolo 36, che sancisce il diritto del lavoratore a una retribuzione adeguata. Vai a "Che cos’è il salario minimo"

In buona parte, questo è dovuto alla forza, nel nostro paese, della contrattazione collettiva e quindi alla tendenza a gestire i salari in maniera differenziata a seconda del settore.

Il ddl Catalfo del 2020 è una delle numerose proposte di legge che ha cercato di colmare questa lacuna. Prevedeva una retribuzione non inferiore al contratto collettivo nazionale previsto per il settore in questione o comunque non inferiore ai 9 euro l’ora.

Secondo i valori fondanti dell’Unione europea, in particolare quello del diritto a standard di vita dignitosi, il salario minimo è uno strumento essenziale.

Workers have the right to fair wages that provide for a decent standard of living. Adequate minimum wages shall be ensured, in a way that provide for the satisfaction of the needs of the worker and his/her family in the light of national economic and social conditions, whilst safeguarding access to employment and incentives to seek work. In-work poverty shall be prevented.

Oltre alla questione dei diritti fondamentali di ogni cittadino poi, secondo la commissione europea, la sua introduzione a livello europeo potrebbe facilitare la competizione imprenditoriale, stimolare la produttività e favorire quindi lo sviluppo economico.

Il salario minimo nei paesi Ue

L’Italia è uno dei pochi paesi Ue a essere sprovvisti di una normativa sul salario minimo, insieme a Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro, dove una misura di questo tipo esiste ma solo per certe categorie di lavoratori.

6 i paesi Ue sprovvisti di una legge sul salario minimo.

I dati si riferiscono agli importi mensili dei paesi Ue in cui esiste, a livello nazionale, un salario minimo, nel secondo semestre del 2021. Per gli stati la cui valuta nazionale non è l’euro, gli importi sono convertiti in euro, a parità di potere di acquisto. A Cipro esiste ma solo per certe categorie di lavoratori. Mentre Italia, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia non ne hanno uno ufficiale e generalizzato, ma soltanto accordi a livello di settore, basati sulla contrattazione collettiva.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: venerdì 19 Novembre 2021)

L'entità del salario minimo, negli stati in cui esiste, è piuttosto variabile. Il range va dai 332 euro al mese in Bulgaria ai 2.202 in Lussemburgo.

Ad registrare gli importi più bassi sono i paesi baltici e quelli dell'Europa orientale e centrale, seguiti dagli stati dell'Europa meridionale. Mentre gli importi più alti, coerentemente con gli standard per i salari in generale e con il costo della vita, risultano quelli delle nazioni dell'Europa settentrionale e occidentale.

Sono però i paesi dell'Europa orientale ad aver registrato il miglioramento più considerevole negli ultimi 10 anni. Prima tra questi la Romania.

+11,1% l'aumento del salario minimo in Romania tra 2011 e 2021, secondo i dati Eurostat.

Il miglioramento è stato invece più contenuto nei paesi dell'Europa nord-occidentale. Ma fatta eccezione per la Grecia, che negli ultimi 10 anni ha registrato un calo pari all'1,4%, i salari minimi sono aumentati in tutti i paesi che ne sono forniti.

In alcuni paesi Ue sono alte le quote di lavoratori che guadagnano il minimo.

È anche vero che negli stati dell'Europa orientale, che pure hanno fatto passi avanti notevoli in questo senso negli ultimi anni, sono ancora molti i lavoratori che guadagnano esattamente l'equivalente del salario minimo o il 5% in più. In Slovenia, Bulgaria, Romania e Polonia, ma anche in Francia, questa quota nel 2018 era superiore al 10% della popolazione occupata. Mentre in Belgio e Spagna non arrivava al 2%.

L'adeguatezza dei salari minimi europei

A variare, tra i paesi Ue, non è soltanto l'entità del salario minimo nazionale ma anche il suo rapporto con i redditi medi.

I dati si riferiscono al rapporto tra salario minimo nazionale e reddito medio. Non sono disponibili i dati di Belgio, Grecia, Francia, Paesi Bassi e Romania.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: venerdì 19 Novembre 2021)

La Slovenia ad esempio, uno dei paesi Ue con la quota più alta di lavoratori che guadagnano l'importo minimo, è anche il primo stato per rapporto tra salario minimo e reddito medio. Questo ammonta al 53,6% del reddito medio per quanto riguarda il settore dell'economia aziendale e al 50,6% per industria, costruzioni e servizi.

È seguita, sotto questo aspetto, da Spagna e Portogallo. Mentre la Germania, uno degli stati con il salario minimo più alto, registra un dato inferiore (41% in media tra i due settori di riferimento).

Ancora molte persone, pur lavorando, vivono in condizioni di povertà

Introdurre un salario minimo che stabilisca una soglia di retribuzione al di sotto della quale non si possa scendere è un modo per arginare la povertà. In particolare, è utile per garantire che la povertà non sia un problema di chi lavora regolarmente e a tempo pieno.

Quello dei cosiddetti lavoratori poveri è infatti un fenomeno rilevante e diffuso in molti paesi del continente europeo.

The working poverty rate reveals the proportion of the employed population living in poverty despite being employed, implying that their employment-related incomes are not sufficient to lift them and their families out of poverty and ensure decent living conditions.

Parliamo quindi di casi in cui i lavoratori non hanno stipendi sufficienti a sollevare se stessi e le proprie famiglie dalla povertà e a vivere in condizioni materiali dignitose.

Rispetto alla disoccupazione, che è un problema relativo all'offerta di lavoro o alla difficoltà a trovare un impiego, la povertà tra i lavoratori ha a che fare con la qualità delle condizioni lavorative e della loro regolamentazione.

I dati si riferiscono alle persone di età tra i 18 e i 64 anni con un impiego esposte a rischio povertà, ovvero che guadagnano meno del 60% del reddito mediano. Sono considerate occupate le persone che hanno svolto un lavoro per almeno metà anno.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat
(ultimo aggiornamento: martedì 23 Novembre 2021)

Al primo posto in Ue per quota di lavoratori poveri c'è la Romania (15,4%), seguita da Spagna (12,8%) e Lussemburgo (12%). Al quarto posto c'è l'Italia, con l'11,8% di lavoratori che vivono in condizioni di povertà. Mentre la Finlandia è l'ultimo stato Ue da questo punto di vista, con meno del 3% di lavoratori poveri.

Questa cifra aumenta se poi isoliamo i lavoratori più giovani, tra i 18 e i 24 anni.

15,6% i lavoratori tra i 18 e i 24 anni che vivono in condizioni di povertà in Italia (2019).

Ancora di più nel caso dei lavoratori part-time. In Romania ad esempio, il 62,2% dei lavoratori part-time è povero, seguita dalla Bulgaria, dove questa quota si attesta al 30,8%.

Una disparità considerevole esiste anche tra i lavoratori laureati e quelli con un grado di istruzione inferiore. In Romania, solo lo 0,7% dei laureati che lavorano sono poveri. Un dato che invece sale al 12,2% per i diplomati e al 52,3% per i lavoratori con la licenza media.

 

Foto credit: Remy Gieling - licenza

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