I ragazzi stranieri, l’hate speech e il cyberbullismo Hate speech

Approfondiamo il rapporto tra hate speech e i fenomeni di cyberbullismo sia attraverso i dati che tramite un’intervista a Anna Prandina dell’Associazione italiana cyberbullismo e sexting.

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In pochi anni nel mondo l’utilizzo di internet è cresciuto enormemente. Un fenomeno già ampiamente in atto a cui però anche la pandemia ha dato un notevole impulso. Ma oltre a offrire molti lati positivi le tecnologie digitali portano con sé anche insidie e rischi, soprattutto per i minori.

navigare online può demolire le tradizionali difese che la maggior parte delle società creano attorno ai bambini, esponendoli a contenuti inaccettabili, comportamenti intollerabili e contatti potenzialmente pericolosi con il mondo esterno.

In questo contesto i minori stranieri rappresentano un segmento particolarmente vulnerabile. Sia come potenziali vittime di gravi reati, come il traffico di esseri umani o gli abusi sessuali, sia come potenziali vittime di cyberbullismo.

Il bullismo, sia nella vita reale che attraverso i mezzi digitali, prende infatti spesso di mira le minoranze. Inoltre, l’utilizzo anche da parte di media e politici, di un linguaggio che tratta esplicitamente il fenomeno migratorio come un problema pone questi ragazzi in un contesto socio culturale sfavorevole, li espone a discorsi d’odio e li rende potenziali vittime di bullismo, online e non.

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Il cyberbullismo

Per analizzare il “cyberbullismo” bisogna innanzitutto prendere coscienza che si tratta di un fenomeno con caratteristiche specifiche, proprie di un comportamento svolto attraverso i nuovi mezzi di comunicazione: i dispositivi digitali, le chat e i social network.

Il Cyberbullying Research Center fornisce una definizione molto semplice e concisa di questo fenomeno.

Intentional and repeated harm inflicted through the use of computers, cell phones, and other electronic devices.

Children in a Digital World

Una caratteristica tipica del cyberbullismo è la ripetitività.

A differenza che nel bullismo tradizionale dunque un aspetto tipico del cyberbullismo è quello della ripetitività. Mentre un ragazzo che subisce atti di bullismo a scuola, può ritrovare dei momenti di serenità in casa propria o in altri contesti, il cyberbullismo affligge le vittime indipendentemente da dove si trovano e attraverso canali differenziati. La vittima si trova dunque nella difficile posizione di non avere un posto sicuro.

Una definizione molto più dettagliata e di stampo giuridico è stata comunque data da una legge italiana del 2017.

(…) per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.

In questo caso la norma riprende una serie di reati già normati in cui la novità è legata al mezzo di comunicazione utilizzato e a come questo moltiplica i danni dei singoli atti di bullismo. Inoltre, come ha fatto notare anche il garante per l’infanzia e l’adolescenza, l’assenza di confronto diretto con la vittima tende a deresponsabilizzare gli aggressori che in molti casi non si rendono neanche conto di star commettendo dei veri e propri reati. L’impatto per chi subisce questo tipo di reati però è assolutamente reale.

Even if cyber-violence is cyber, that is, operated through digital technology, the repercussion of it are not virtual, but real.

Il cyberbullismo si distingue dal bullismo tradizionale per la natura indiretta delle prepotenze attuate in rete. Oltre a non esserci un contatto faccia a faccia tra aggressore e vittima, una singola offesa può essere veicolata anche milioni di volte, arrecando gravi danni di autostima o psicologici alla vittima.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat
(ultimo aggiornamento: lunedì 8 Giugno 2020)

Secondo i dati Istat più recenti (2014) sono le ragazze ad essere più spesso vittime del cyberbullismo. Per quanto riguarda le fasce di età invece da un lato il fenomeno sembra proporsi più di frequente tra i ragazzi più grandi. Dall'altro la ripetitività delle azioni di cyberbullismo risulta più presente nei ragazzi sotto i 14 anni.

Per affrontare questo fenomeno dunque è fondamentale prima di tutto una forte attenzione all'educazione dei ragazzi, che devono essere guidati nell'apprendimento degli strumenti digitali e nello sviluppo delle capacità necessarie ad evitare le minacce che questo strumento presenta. Da un'indagine condotta da Unicef a livello internazionale emerge infatti come gran parte dei minori abbiano imparato da soli ad usare internet.

42% dei ragazzi tra i 13 e i 24 anni intervistati da Unicef ha affermato di aver imparato da solo ad utilizzare internet.

Bullismo e minori stranieri

Fenomeni di bullismo sono molto diffusi tra i giovani in Italia come negli altri paesi europei. Secondo i dati di Istat nel 2015 il 42,2% dei ragazzi con cittadinanza italiana avevano subito almeno un atto di bullismo nell'ultimo mese.

Un dato molto significativo che tuttavia raggiunge quasi il 50% se vengono considerati i coetanei con cittadinanza straniera. Come accennato infatti i minori stranieri sono più esposti alla discriminazione, ai discorsi d'odio e dunque anche ad episodi di bullismo e cyberbullismo.

49,5% la quota di ragazzi delle scuole secondarie con cittadinanza estera che hanno subito almeno un atto di bullismo nell'ultimo mese (2015).

La quota di alunni italiani vittime di bullismo è stata resa pari a 100. Rispetto a questo dato, viene confrontata l’incidenza tra gli studenti con cittadinanze diverse da quella italiana.

FONTE: elaborazione openpolis - Con i Bambini su dati Istat, Indagine sull’integrazione delle seconde generazioni
(ultimo aggiornamento: giovedì 16 Aprile 2020)

Alcune nazionalità in particolare sono maggiormente esposte a questo tipo di comportamenti. Si tratta dei ragazzi provenienti dalle Filippine, dalla Cina o dall'India.

I dati insomma mostrano come il bullismo e il cyberbullismo insistano sulle fragilità, sulle minoranze discriminate e dunque anche sui ragazzi stranieri.

unlike natives, migrant boys and girls have to deal with a double level of integration, offline and online, and struggle every day to be accepted in the real as well as in the virtual world

Occorre quindi una riflessione che coinvolga da un lato il fenomeno del cyberbullismo nel suo complesso, e dall'altro la discriminazione e i discorsi d'odio nei confronti degli stranieri. Per questo abbiamo posto alcune domande all'avvocato Anna Prandina, membro del comitato scientifico dell'Associazione italiana cyberbullismo e sexting.

Secondo la vostra esperienza qual è il rapporto tra bullismo, cyberbullismo e sexting? E in che modo cercate di affrontarlo?

La nostra associazione è nata e opera con l’intento di prevenire e contrastare la diffusione di questi fenomeni che spesso sono collegati tra loro, tanto che a volte è difficile percepire una linea netta di confine. L’utilizzo e la propagazione di queste azioni, compiute dagli stessi soggetti oppure da altri, è spesso posta in essere senza che ci sia una valutazione delle possibili conseguenze, a volte gravissime.

Se è intuitivo il collegamento tra bullismo e cyberbullismo, nel senso che intendiamo il secondo come la manifestazione del primo attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, un discorso a parte va fatto per il sexting. Questo, ricordiamolo, non è di per sé un reato né un’attività che può costituire in via autonoma un atto di cyberbullismo. Tuttavia in molti casi può diventare un fatto prodromico. Non sono rari infatti i casi in cui, a seguito di invii di immagini o video intimi, senza vestiti o a sfondo sessuale, effettuati da ragazzi o ragazze, altri soggetti, allo scopo di danneggiare o anche solo di ridicolizzare la persona che vi è ritratta, procedono a diffondere tali contenuti con gravissime conseguenze per coloro che vedono in questo modo violata la propria intimità.

Che ruolo gioca secondo lei una corretta alfabetizzazione digitale per affrontare fenomeni come quello del cyberbullismo?

Per contrastare i fenomeni di cui stiamo parlando direi che è fondamentale la promozione di una alfabetizzazione digitale attraverso percorsi di sensibilizzazione e formazione per studenti, docenti e genitori. Proprio nei confronti di questi ultimi ritengo che si possa e anzi si debba fare di più. Infatti spesso le famiglie non sono coscienti di quanti e quali siano i pericoli che purtroppo incombono sui ragazzi e di quanto complesse e capillari siano le manifestazioni soprattutto del cyberbullismo.

A tale scopo la nostra associazione sta promuovendo in tutto il territorio nazionale incontri di formazione rivolti ai genitori, oltre che ovviamente agli educatori e, in forma diversa, ai ragazzi, che hanno lo scopo di offrire informazioni e consulenze che possano aiutare a realizzare un benessere psicologico e relazionale nonché una maggior attenzione attraverso la conoscenza degli strumenti anche legali messi a disposizione per affrontare le diverse situazioni che si possono presentare.

Crede che ci sia un rapporto tra l’hate speech in generale e il cyberbullismo in particolare?

Il fenomeno dell’hate speech si manifesta generalmente attraverso espressioni di odio rivolte, spesso tramite i mezzi di comunicazione, contro individui o intere fasce di popolazione. Possiamo dire quindi che è caratterizzato da una certa plurioffensività.

Nella società contemporanea la diversità rappresenta un valore da tutelare e non una ragione di discriminazione.

Infatti, oltre a ledere i diritti e gli interessi di una vittima individuata, queste espressioni sono rivolte anche a offendere gruppi specifici. Al tempo stesso, quindi, comportano la lesione di interessi di carattere generale, specie nel contesto di una società, come quella contemporanea, in cui la diversità rappresenta un valore da tutelare e non una ragione di discriminazione.

L’hate speech rappresenta inoltre un fenomeno che ha a che fare non solo con il mondo dei ragazzi, dove può rappresentare un'espressione di cyberbullismo, ma anche con quello delle persone adulte. Certamente comunque, qualora l’hate speech venga posto in essere nei confronti di individui che fanno parte dell’istituzione scolastica oppure di un gruppo determinato di ragazzi, può essere considerato parte integrante dei fenomeni del bullismo o del cyberbullismo. Le conseguenze però possono colpire anche altri soggetti che appartengano in qualche modo quella minoranza o a quella fascia di popolazione (spesso vengono colpiti gruppi quali le donne, gli omosessuali, i migranti, i diversamente abili…) a cui la vittima appartiene.

Stando ai dati, i ragazzi stranieri sono più di frequente vittime di bullismo. Crede che questo fenomeno abbia un legame con i discorsi d’odio verso gli stranieri che girano sia in rete che non?

Sarebbe semplicistico affermare con certezza che vi sia un nesso di causalità tra il bullismo e il cyberbullismo verso i ragazzi stranieri e i discorsi d’odio che si rinvengono sul web soprattutto verso gli immigrati. Possiamo però dire che certamente si risente di un certo clima culturale diffuso di ostilità e di paura nei confronti del “diverso”.

È ormai da qualche decennio che in Italia, ma potremmo dire anche in Europa, il tema dell’immigrazione si è imposto come uno dei temi più discussi nei dibattiti politici e nella rete, dove spesso si parla di questo fenomeno alimentando la paura, il sospetto verso gli stranieri nonché il conflitto e la competizione per l’accesso al mercato del lavoro e alle risorse per la sicurezza sociale.

Ecco che quindi un'alfabetizzazione emotiva diretta anche a prevenire e contrastare questi sentimenti tra i più giovani può sicuramente portare a una attenuazione degli atti di bullismo e cyberbullismo legati a queste tematiche. Aggiungo che quando parliamo di hate speech, così come quando ci approcciamo a fenomeni - diversi ma allo stesso tempo spesso espressione dello stesso sentire - quali fake news e negazionismo, non sempre è agevole stabilire la linea di confine tra punibilità e libera manifestazione del pensiero che, a opinione di alcuni, dovrebbe essere legittima anche in forme estreme.

 


Il sostegno della Commissione europea alla produzione di questa pubblicazione non costituisce un'approvazione del contenuto, che riflette esclusivamente il punto di vista degli autori, e la Commissione non può essere ritenuta responsabile per l'uso che può essere fatto delle informazioni ivi contenute.

Foto: Marco Verch (licenza CC BY 2.0)

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