I diritti di cittadinanza e le ambiguità del dibattito referendario Referendum
Circa 200mila persone di origini extra-comunitarie ogni anno ottengono la cittadinanza italiana. Ma le strumentalizzazioni sulle migrazioni si innestano impropriamente su un tema che dovrebbe riguardare diritti importanti, soprattutto per i minori.
mercoledì 4 Giugno 2025 | Migranti

- Uno dei quesiti referendari riguarda la possibilità di ottenere la cittadinanza dimezzando i tempi di residenza in Italia.
- Il tema viene strumentalizzato dalla politica. Riguarda solo in parte il dibattito sul fenomeno migratorio, così come lo conosciamo.
- Ottenere la cittadinanza italiana significa acquisire più diritti, indispensabili per il contrasto all'esclusione sociale, soprattutto dei minori.
Ottenere la cittadinanza vuol dire acquisire diritti, indispensabili per il contrasto all’esclusione sociale. Il referendum del prossimo fine settimana è diventato tuttavia un terreno di scontro e di propaganda politica, dove il dibattito sul fenomeno migratorio si intreccia in modo spesso improprio (e superficiale) con il tema della cittadinanza. Quello che emerge dai dati, infatti, dipinge con caratteri diversi e più profondi la questione.
L’8 e il 9 giugno i cittadini e le cittadine italiane saranno chiamati a esprimersi su cinque referendum abrogativi. Uno di questi si intitola appunto «Cittadinanza italiana: dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza
italiana».
Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante “Nuove norme sulla cittadinanza”?
Fino alla legge del 1992 erano cinque gli anni di residenza continuativa richiesti per l’acquisizione della cittadinanza. Le organizzazioni che hanno proposto il referendum chiedono di tornare a quella soglia, considerata più in linea con le caratteristiche della società odierna, oltre che con le norme di altri paesi europei. Nazioni come Germania, Francia e Paesi Bassi, infatti, hanno fissato la soglia dei cinque anni.
5,4 mln di persone con cittadinanza straniera, residenti in Italia al 1 gennaio 2025.
L’Istat non fornisce dati puntuali rispetto alla durata della residenza delle persone straniere nel paese. Secondo il comitato per il sì al referendum, tuttavia, a beneficiare del referendum, in caso di vittoria, potrebbero essere circa 2,5 milioni di persone, compresi i figli minori che acquisirebbero automaticamente la cittadinanza perché ottenuta dai genitori.
Come si acquisisce la cittadinanza
Oggi la cittadinanza si ottiene in diversi modi. I principali sono la naturalizzazione – ossia la residenza in Italia – il matrimonio o il diritto di nascita.
Per quanto riguarda la naturalizzazione, oggetto del quesito referendario, come abbiamo già detto le persone extracomunitarie possono richiederla se residenti continuativamente in Italia da 10 anni. Per i rifugiati e gli apolidi questo limite si abbassa a 5 anni, per chi è comunitario a 4.
Ci sono diversi modi per richiedere la cittadinanza.
Il diritto si può acquisire anche dopo due anni di residenza legale in Italia dal matrimonio con un italiano o italiana.
C’è poi lo ius sanguinis, ossia il diritto a essere cittadini italiani alla nascita se almeno uno dei due genitori lo è.
Infine è previsto anche il cosiddetto “ius soli temperato“, ossia la possibilità di richiedere il documento al compimento dei 18 anni, se si è nati in Italia da genitori stranieri. In realtà, fino a poco tempo fa, questo principio era valido per discendenza senza limiti generazionali. Il decreto legge 36/2025, convertito in legge dalle camere nel maggio scorso, ha posto un limite fino alla seconda generazione (nonno o nonna italiana) secondo la quale si può richiedere la cittadinanza con questa modalità.
L’abbassamento della soglia della cittadinanza per naturalizzazione, dunque, può a cascata incidere anche sullo ius sanguinis, in quanto un neonato può avere subito cittadinanza se un genitore ce l’ha.
Una volta inoltrata la domanda, la pubblica amministrazione può metterci anche tre anni per valutarla.
È bene evidenziare che la richiesta non si traduce automaticamente in cittadinanza, almeno per quanto riguarda la naturalizzazione o l’acquisizione per matrimonio. Ci sono requisiti abbastanza stringenti per l’ottenimento del documento: dalle certificazioni di lingua italiana alla condizione economica e reddituale, fino all’assenza di precedenti penali gravi. Inoltre, i tempi che la pubblica amministrazione si riserva per la valutazione della domanda possono arrivare fino a tre anni dalla richiesta. In altre parole, possono trascorrere anche 13 anni da quando il richiedente è arrivato in Italia.
La strumentalizzazione del tema
Nel 2023, l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati Istat, le acquisizioni di cittadinanza sono state circa 213mila, un numero molto simile all’anno precedente. Di queste la stragrande maggioranza sono state ottenute da cittadini provenienti da paesi extra-comunitari. Parliamo di 196mila persone, pari al 91,8% del totale.
196.040 persone precedentemente extra-comunitarie che hanno ottenuto la cittadinanza italiana nel 2023.
Se indaghiamo i paesi di provenienza di queste quasi 200mila persone notiamo che circa la metà (più di 88mila, circa il 45% del totale) provengono da soli quattro paesi: Albania, Marocco, Argentina e Brasile.
Se le prime due nazioni hanno una ormai radicata immigrazione in Italia, al contrario l’Argentina e il Brasile nel Novecento hanno visto una forte emigrazione di italiani. Per questo le motivazioni per l’acquisizione della cittadinanza sono diverse. Le persone di origine albanese, per esempio, diventano in molti casi cittadini italiani in base alla residenza, argentini e brasiliani principalmente perché figli o discendenti di italiani. Su quest’ultima casistica influirà, nei prossimi anni, il citato limite della discendenza fino alla seconda generazione, che come abbiamo accennato precedentemente è stato introdotto di recente.
A guardare i dati, insomma, sembra che il dibattito in queste settimane sia inquinato dalla polarizzazione politica sul fenomeno migratorio, che tuttavia sembra essere solo in parte attinente al tema.
La cittadinanza, infatti, non riguarda infatti i richiedenti asilo, ossia quella categoria di persone percepita dalla popolazione come “migranti”, a maggior ragione se si intendono quei migranti provenienti dai paesi dell’Africa sub-sahariana.
La maggioranza di questi ultimi, infatti, non solo ha tempi di residenza brevi (essendo il fenomeno relativamente recente), ma spesso viene cancellata per brevi o lunghi periodi dalle liste di anagrafe comunale. Questo fatto, che accade principalmente per via della precarietà lavorativa e socio-economica, porta alla perdita di uno dei requisiti fondamentali per la richiesta di cittadinanza: la continuità della residenza.
Paesi di provenienza e modalità di ottenimento della cittadinanza italiana
I primi 10 paesi di provenienza delle persone che hanno ottenuto la cittadinanza italiana nel 2023 e relative modalità di ottenimento
Il grafico considera i primi dieci paesi di provenienza di chi ha ottenuto la cittadinanza italiana nel 2023. Possono essere diverse le modalità di ottenimento, sintetizzate da Istat in tre principali categorie: l’acquisizione per residenza, quella per matrimonio con un cittadino o una cittadina italiana e “altro”. Quest’ultima categoria comprende le acquisizioni di cittadinanza dei minori ottenute per trasmissione del diritto da parte di genitori divenuti italiani, dei neo-maggiorenni nati e residenti in Italia che scelgono di diventare italiani al compimento del 18esimo anno di età e coloro che l’acquisiscono per ius sanguinis, ovvero in quanto figli o discendenti di cittadini italiani.
FONTE: elaborazione Openpolis su dati Istat
La cittadinanza come fattore di equilibrio
Ottenere la cittadinanza italiana non ha solo un valore simbolico o legato al sentirsi parte di una comunità. Per una persona che già da anni vive nel paese significa acquisire più diritti, e quindi rafforzare quelle prerogative sociali indispensabili per il contrasto all’esclusione e alla marginalità.
Con la cittadinanza si ottengono diritti familiari, sociali e politici.
Nello specifico, si possono ottenere diritti politici (dal voto alle elezioni politiche fino all’eleggibilità per le cariche pubbliche), l’accesso automatico alla cittadinanza dell’Ue, con lo “sblocco” di altri diritti, come la libera circolazione negli altri paesi dell’Unione. Chi diventa cittadino italiano ha anche più diritti sociali, come l’eliminazione di restrizioni per l’ottenimento di un alloggio pubblico o la possibilità di partecipare ai concorsi lavorativi.
Su tutti, però, sono degni di nota i diritti familiari che possono uscirne rafforzati, come una meno complessa pratica per il ricongiungimento familiare e soprattutto la trasmissione automatica della cittadinanza ai figli minori (e conviventi).
Come abbiamo avuto modo di raccontare attraverso l’osservatorio sulla povertà educativa, infatti, i bambini e le bambine con cittadinanza non italiana partecipano meno dei coetanei all’istruzione prescolare. Ciò pone un problema nella capacità di inclusione del sistema educativo, tra gli assi fondamentali di ogni società.