Gli agenti inquinanti che le industrie rilasciano in acqua Ambiente

Gli scarichi industriali sono particolarmente dannosi per gli ecosistemi acquatici. Negli anni, il loro impatto si è ridotto nonostante la crescita dell’industria, ma a livello europeo il miglioramento è stato contenuto soprattutto per quanto riguarda il rilascio di fosforo e azoto.

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Secondo la European environmental agency (Eea), nel 2019 solo il 40% delle acque europee era in buono stato ecologico e il 38% in buono stato chimico.

A incidere fortemente sulla cattiva qualità dell’acqua sono soprattutto le industrie, che rilasciano sostanze inquinanti le quali ne alterano l’ecosistema, costituendo inoltre un fattore di rischio per la salute umana.

L’Ue e la transizione a un sistema industriale meno dannoso per l’ambiente

Dal 2010 al 2019, in Italia come in molti altri paesi Ue il rilascio di agenti inquinanti in acqua da parte delle industrie è diminuito.

Il 23 ottobre 2020, l’Unione europea ha inoltre introdotto la direttiva 200/6/Ce, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acqua. Insieme alla Direttiva 2010/75/Ue sulle emissioni industriali, si inserisce all’interno di un programma il cui obiettivo è quello di promuovere lo sviluppo industriale cercando però allo stesso tempo di arginarne l’impatto negativo sull’ambiente.

“Carbonio organico totale” è un indicatore frequente nell’analisi delle acque di scarico e misura la quantità di carbonio organico presente in un ecosistema, sia all’interno di composti chimici (disciolto) che in forma volatile. Cadmio, mercurio, nichel e piombo sono metalli pesanti. Sono invece esclusi gli inquinanti organici, i pesticidi e i contaminanti emergenti come farmaci e microplastiche.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eea
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Ottobre 2021)

Nonostante una crescita del settore industriale, le emissioni di agenti inquinanti nelle acque sono quindi progressivamente diminuite.

+14% la crescita dell'industria in valore aggiunto lordo in Ue, tra 2010 e 2019.

Soprattutto per quanto riguarda i metalli pesanti, negli anni e in particolare dal 2014 i quantitativi contenuti negli scarichi industriali sono calati notevolmente. Mentre il miglioramento è stato più graduale nel caso di carbonio organico, fosforo e azoto. In entrambi i casi, comunque, il momento di massima riduzione si è registrato tra il 2017 e il 2018, mentre il 2019 ha segnato una nuova ripresa.

Cipro è il paese Ue che ha registrato il peggioramento più considerevole nel rilascio di agenti inquinanti.

Di tutti i paesi Ue, soltanto la Croazia e la Spagna hanno registrato un peggioramento in questo senso. Ma le cifre più alte sono state riportate da Cipro, che a fronte di un leggero miglioramento nel rilascio di azoto (-3,7%) e carbonio organico (-20,4%) ha registrato un forte aumento nel rilascio di fosforo (+2.677,2%) e soprattutto di metalli pesanti (+12.294,7%). Si tratta del paese Ue in cui il peggioramento è stato più evidente.

12 paesi dell'Ue tra cui l'Italia hanno invece ridotto il rilascio di tutte le principali sostanze inquinanti.

Le sostanze con cui le industrie inquinano le acque

L'inquinamento chimico delle acque è un fenomeno complesso. Secondo il dipartimento della protezione civile, spesso le sostanze tossiche presenti negli scarichi industriali interagiscono tra loro rinforzando così i propri effetti dannosi, il che rende l'effetto complessivo maggiore rispetto alla somma dei singoli effetti.

Oltretutto, l'acqua è un veicolo di trasporto per questi agenti inquinanti, per cui la tossicità può essere poi esportata anche a altri ecosistemi, come la terra in cui le acque interne penetrano o i mari in cui si riversano.

Metalli pesanti, azoto e fosforo sono alcuni degli agenti chimici più nocivi rilasciati in acqua dalle industrie.

Tra le sostanze più dannose rilasciate dalle industrie ci sono i metalli pesanti, in particolare cadmio, mercurio, nichel e piombo. Questi agenti chimici sono naturalmente presenti nell'ambiente ma solo a concentrazioni ridotte e risultano altamente tossici se presenti in quantitativi elevati, con effetti cancerogeni negli esseri umani. Altre sostanze particolarmente nocive sono l'azoto e il fosforo che, quando rilasciati in grandi quantitativi, mettono in pericolo le specie acquatiche acidificando il loro habitat.

I dati si riferiscono alla diminuzione, in percentuale, del rilascio dei vari agenti inquinanti, divisi per tipologia, da parte delle industrie.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Eea
(ultimo aggiornamento: martedì 19 Ottobre 2021)

Un miglioramento ancora limitato

In Europa le industrie hanno progressivamente ridotto i quantitativi di agenti inquinanti che rilasciano nelle acque, ma non tutte le sostanze sono state interessate allo stesso modo da questa riduzione.

Il calo è stato infatti più evidente nel caso dei metalli pesanti, in parte anche per la possibilità di filtrare gli scarichi industriali attraverso tecnologie relativamente semplici e economicamente vantaggiose.

Più contenuta è stata invece la riduzione del rilascio di azoto e fosforo. Queste due sostanze sono però particolarmente dannose per l'ambiente, perché principali responsabili del fenomeno dell'eutrofizzazione, ovvero un processo degenerativo che introduce una sovrabbondanza di sostanze nutritive in un ecosistema acquatico, alterandone l'equilibrio.

L’eutrofizzazione consiste in un arricchimento delle acque in nutrienti, in particolare composti dell’azoto e/o del fosforo, che determina un aumento della produzione primaria e della biomassa algale, con conseguente accumulo di sostanza organica, ipossia/anossia delle acque di fondo, possibili stati di sofferenza delle comunità bentoniche e morie di pesci.

Questo fenomeno, di natura completamente antropica, porta al proliferare di organismi come le alghe, incrementando così l'attività batterica, con effetti deleteri sull'equilibrio dell'ecosistema.

Le industrie italiane, in constrasto rispetto alla tendenza europea, hanno invece diminuito soprattutto il proprio rilascio di fosforo (-40,9%), seguito da azoto e metalli pesanti (-24,8%). Si tratta comunque di un miglioramento contenuto, ancora insufficiente in vista della transizione a una produzione industriale meno nociva per l'ambiente.

 

Foto credit: Tarek Badr- licenza

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