Fondazioni e associazioni politiche, il governo ci riprova Think tank

Con il decreto crescita l’esecutivo ha cercato di rimediare alle norme troppo vaghe inserite nella legge anticorruzione. Sono stati fatti passi in avanti, ma alcuni forti dubbi rimangono.

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A fine aprile è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il testo del decreto crescita.
Il provvedimento copre diverse tematiche, tra cui anche la regolamentazione delle fondazioni, associazioni e comitati politici. Un intervento dovuto, che come openpolis avevamo sollecitato, e che è andato a modificare il testo della legge anticorruzione approvata alla fine dello scorso anno.

Alcuni aspetti sono ora più chiari, e la definizione delle strutture interessate dalla normativa è stata ristretta. Ciò nonostante alcuni problemi permangono: continua a non essere chiaro quali siano gli obblighi di trasparenza per queste strutture, e soprattutto non sono state risolte le questioni collegate alla commissione che dovrà monitorare sul tutto.

La regolamentazione di think tank e fondazioni politiche

Monitoriamo il tema delle fondazioni e associazioni politiche da anni. Ormai dal 2015 portiamo avanti un censimento delle strutture al cui interno risultano esserci politici negli organi direttivi. Un lavoro che nel tempo ci ha portato a registrare oltre 120 tra fondazioni e associazioni politiche.

121 le strutture tra think tank, fondazioni e associazioni politiche che abbiamo censito dal 2015 a oggi.

Think tank e fondazioni, dove non arrivano i partiti

Un database che aggiorniamo quotidianamente che da un lato raccoglie l’anagrafica di nomi e incarichi all’interno delle strutture, dall’altro le classifica per caratteristiche (forma giuridica, sede, orientamento politico e livello di trasparenza), e cerca di capire i collegamenti tra loro. Il censimento ci ha permesso nei mesi di ricostruire dinamiche di potere, e spiegare il perché di nomine e scelte politiche.

Il censimento openpolis su fondazioni e associazioni politiche è l’unico disponibile sulla materia.

Con l’approvazione della legge anticorruzione a fine 2018 il governo Conte era intervenuto sulla materia. In primis era andato a definire cosa si intende per fondazione o associazione politica, ampliando fortemente (forse troppo) la cerchia di strutture coinvolte dalla normativa. In secondo luogo aveva individuato il soggetto predisposto al controllo e alla verifica sul rispetto degli obblighi di trasparenza, cioè la Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici.

Una legge che come openpolis avevamo criticato in quanto troppo vaga proprio nella sezione dedicata alle fondazioni politiche, con una definizione generica delle strutture, e degli obblighi di trasparenza difficilmente monitorabili dalla commissione predisposta.

Le modifiche introdotte dal decreto crescita

Con l’approvazione del decreto crescita il governo è intervenuto nuovamente sulla materia, tentando di migliorare quelle lacune che avevamo individuato. Una necessità sottolineata dalla relazione che il governo stesso ha allegato in presentazione del provvedimento.

Le modifiche che il presente provvedimento introduce sono rese necessarie sia dall’esigenza di delimitare con maggiore chiarezza la portata della nuova disciplina in materia di trasparenza dei partiti e dei movimenti nella parte in cui si estende alle associazioni, alle fondazioni e ai comitati che evidenziano forme di collegamento con i soggetti politici […] Nel periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della legge 9 gennaio 2019, n. 3, sono infatti emerse alcune esigenze di semplificazione e di precisazione della normativa, meritevoli di urgente considerazione.

Nello specifico il provvedimento circoscrive la definizione di fondazioni, associazioni e comitati politici. Risultano quindi equiparate ai partiti le strutture:

  • i cui organi direttivi o di gestione sono determinati in tutto o in parte da deliberazioni di partiti o movimenti politici;
  • i cui organi direttivi o di gestione sono composti per almeno 1/3 da membri di organi di partiti o movimenti politici ovvero persone che sono o sono state, nei 6 anni precedenti, membri del Parlamento nazionale o europeo o di assemblee elettive regionali o locali di comuni con più di 15.000 abitanti, ovvero che ricoprono o hanno ricoperto, nei sei anni precedenti, incarichi di governo al livello nazionale, regionale o locale, in comuni con più di 15.000 abitanti;
  • che erogano somme a titolo di liberalità o contribuiscono in misura pari o superiore a euro 5.000 l’anno al finanziamento di iniziative o servizi a titolo gratuito in favore di partiti, movimenti politici o loro articolazioni, di membri di organi o articolazioni comunque denominate di partiti o movimenti politici ovvero di persone titolari di cariche istituzionali nell’ambito di organi elettivi o di governo.

Ora la normativa riguarda solamente i politici eletti negli ultimi 6 anni in tutti gli organi di rappresentanza, al di fuori dei comuni con meno di 15.000 abitanti.

Oltre alle strutture che finanziano i partiti, e quelle che ne sono una diretta emanazione, sono coinvolte anche quelle i cui organi direttivi o di gestioni sono composti per almeno 1/3 (prima era un generico “in tutto o in parte”), da politici con incarichi negli ultimi 6 anni (prima si arrivava a 10 anni), nel parlamento nazionale o europeo, nelle assemblee elettive regionali o nei comuni con più di 15.000 abitanti (prima era di tutti i comuni italiani). Vediamo quindi come si sia ristretto il cerchio rispetto a quanto stabilito con la legge anticorruzione.

Altra novità importante, giunta dopo numerose sollecitazioni della società civile, è l’esclusione delle strutture che, pur avendo ex politici nei loro organi direttivi o di gestione, sono enti del Terzo settore iscritte al registro unico nazionale, come anche delle fondazioni, associazioni e comitati appartenenti a confessioni religiose con le quali lo stato ha stipulato accordi.

Cosa continua a non essere chiaro

Quando avevamo affrontato il tema a gennaio, oltre ad una definizione troppo vaga e ampia del concetto di fondazioni e associazioni politiche, avevamo individuato altre 2 criticità.

Il vecchio articolo 5 comma 4 del decreto legge 149 del 2013, il primo che introdusse l’idea di fondazioni o associazioni politiche, limitava gli obblighi di trasparenza alla pubblicazione di statuti e bilanci. L’articolato è stato poi modificato dalla legge anticorruzione, sostituendo completamente il comma in questione e allargando la definizione, ma levando i riferimenti diretti a cosa l’equiparazione ai partiti e movimenti politici implicasse.

Non sono stati chiariti gli obblighi di trasparenza per fondazioni e associazioni politiche.

Con le modifiche introdotte dal decreto crescita la situazione è rimasta la stessa. Si è puntellata maggiormente la definizione delle strutture coinvolte dalla normativa, ma non è stato chiarito se l’obbligo si limiti a bilancio o statuto o, per esempio, anche a tutti i contributi in denaro superiori ai 5.000 euro. L’equiparazione ai partiti implicherebbe, almeno al livello di logica, un obbligo di piena trasparenza per queste strutture, ma come abbiamo raccontato a gennaio, nella scheda tecnica della ragioneria dello stato si limitava il tutto a statuto e bilanci. Il dubbio quindi non è stato chiarito.

In aggiunta non è stato risolto un problema strutturale della questione, che riguarda specificamente l’organo predisposto al monitoraggio su eventuali violazioni. Come per i partiti il controllo su quanto prescritto dalla legge è affidato alla Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici.

Vista l’ampia definizione che ora viene data a fondazioni e associazioni politiche, la commissione è capace di realmente monitorare su quanto prescritto dalla legge? Ha a disposizione un’anagrafe di tutte le associazioni in Italia in modo da verificare realmente la presenza o meno di uno o più persone che sono (o sono state negli ultimi 6 anni) con incarico politico di governo in Italia a livello nazionale, europeo, regionale e locale? Difficile pensare che questo sia realmente possibile, e soprattutto difficile pensare che si riesca con concretezza ad assicurare il rispetto di questa legge.

La commissione già lamenta carenze organiche, con più compiti sarà da vedere come riuscirà a vigilare sulle fondazioni politiche.

Altri dubbi riguardano l’operatività della commissione stessa. Nella sua ultima relazione sull’attività di controllo trasmessa al presidente della camera nell’aprile del 2018 l’organo stesso denunciava una serie di problemi sul suo funzionamento, criticità che limitavano fortemente la sua capacità di azione.

Sia la mancanza di un’autonomia giuridica e patrimoniale, che la dotazione di un organico non sufficiente, hanno rappresentato a detta della commissione un ostacolo per svolgere il proprio lavoro in maniera soddisfacente e soprattutto non ne hanno garantito l’indipendenza. Con l’aumentare dei compiti da svolgere, e soprattutto con aggiunta complessità, sarà da vedere come e quanto la commissione riuscirà a monitorare sul mondo delle fondazioni politiche.

Foto credit: Palazzo ChigiLicenza

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