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La quantità delle risorse: si consolida il trend negativo

Da questa analisi emerge come primo elemento critico il tema della quantità di risorse destinate alla cooperazione. I dati definitivi Ocse per il 2018 confermano il forte decremento del rapporto aps/rnl, che si attesta allo 0,25%. Una tendenza negativa che, secondo i dati contenuti nella legge di bilancio appena approvata, si proietta per il prossimo triennio. Si interrompe dunque definitivamente il ciclo positivo di crescita dell’aiuto pubblico 2012-2017.

L’Italia rischia di rinunciare definitivamente al percorso di riallineamento che indicava l’obiettivo intermedio dello 0,30% aps/rnl nel 2020. È un problema di credibilità rispetto agli impegni internazionali dichiarati per anni, e un ridimensionamento del ruolo e delle ambizioni della cooperazione italiana.

A partire dalla prossima legge di bilancio proponiamo quindi di ridefinire un percorso di riallineamento triennale che si ponga almeno il raggiungimento dello 0,35% altrimenti la cooperazione italiana sarà definitivamente ridotta a un ruolo marginale, sia in ambito europeo che globale.

Qualità e trasparenza per evitare un uso improprio delle risorse disponibili

Nelle nostre analisi abbiamo spesso evidenziato quanto la componente dei costi dei rifugiati abbia determinato la crescita dell’aps italiano. Risorse che non escono dai confini del nostro paese, ma secondo le regole Ocse, adesso più stringenti, possono essere calcolate nell’aps nazionale.

Alla luce degli stanziamenti degli anni passati, ma anche delle risorse previste nell’attuale legge di bilancio, emerge una evidente sovrastima delle risorse attribuite al ministero dell’interno, tenendo in conto il crollo degli arrivi di migranti e rifugiati e sulla base dei numeri delle presenze nel sistema di accoglienza.

Non si giustifica una allocazione per il 2020 superiore a 1,5 miliardi di euro all’interno del bilancio della cooperazione per i capitoli di spesa relativi ai rifugiati nel paese donatore. Considerando anche che la rendicontazione di queste risorse è stata spesso confusa e per molti aspetti poco trasparente. Come già rilevato in passato, a maggior ragione in un quadro di risorse calanti come quello attuale, è necessario procedere a un piano di redistribuzione interna di queste risorse verso attività che garantiscano un uso efficace e coerente con gli scopi propri della cooperazione e dello sviluppo.

Problemi che sono stati sollevati anche in sede parlamentare, con la presentazione di emendamenti alla legge di bilancio che andavano nella direzione da noi auspicata. Emendamenti che però non sono stati accolti nella versione finale.

Rimane al palo l’impegno verso i paesi più svantaggiati

Si rilevano inoltre per il 2018 scarsissimi progressi sul piano della cooperazione bilaterale. In particolare nulla è stato fatto per accrescere la percentuale di risorse destinate ai paesi ldcs, quelli a più basso tasso di sviluppo. L’Italia rimane inchiodata allo 0,06% molto lontano dagli obiettivi dello 0,15%-0,20% indicati dalle Nazioni Unite. Questo dato è in contraddizione con il perseguimento di due priorità italiane. Intanto il fatto che ben la metà dei 22 paesi prioritari per la cooperazione italiana sono paesi ldcs. Inoltre, come affermato nei documenti di programmazione triennale, l’Africa è considerata l’area geografica prioritaria per il nostro paese, ed è proprio nel continente africano che si concentrano molti paesi ldcs.

Proponiamo che il ministero degli esteri indichi obiettivi precisi nei documenti di programmazione triennale che realisticamente possano portare l’attuale 0,06% allo 0,10% per i paesi ldcs, entro i prossimi due anni.

Alcuni segnali positivi nei settori chiave dello sviluppo

Fondamentali per lo sviluppo e per la lotta alla povertà sono i servizi essenziali: cibo e agricoltura, educazione, sanità di base. La cooperazione italiana dichiara di avere come riferimento politico e operativo l’Agenda 2030 e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile. Sui temi trainanti per la lotta alla povertà tuttavia le allocazioni risultano ampiamente inadeguate agli impegni che ci siamo presi. Due elementi positivi sono però rilevabili: una ripresa nel 2018 rispetto al 2017 e la tenuta percentuale nell’ultimo decennio.

Partendo da questi dati, proponiamo quindi di promuovere programmi oltre che progetti, multisettoriali di carattere tematico, che pongano al centro i servizi essenziali. Privilegiando inoltre gli interventi nei paesi ldcs e ricercando il massimo coordinamento con la componente multilaterale dell’aps.

La governance bloccata della cooperazione

La legge della cooperazione nelle sue parti più innovative disegna una struttura di governance basta sulla partecipazione attiva di una pluralità di attori. Lo scopo è la creazione di un sistema paese nel settore della cooperazione che ottimizzi il coordinamento e ne aumenti l’efficacia operativa. Un sistema che però negli ultimi due anni sembra essere stato ignorato dai decisori politici. Il Consiglio nazionale della cooperazione (Cncs) non viene convocato da due anni; il Comitato interministeriale per la cooperazione (Cics) non viene riunito dalla scorsa estate. Lo stesso documento di programmazione triennale nel 2019-2021 non è mai stato pubblicato.

A questo quadro dobbiamo poi aggiungere che a sei mesi dall’avvio dell’attuale governo non risultano ancora assegnate le deleghe per vice ministri e sottosegretari del ministero degli esteri, compreso il vice ministro con delega alla cooperazione. Tutto ciò sta producendo impedimenti e rallentamenti delle attività politiche e operative della cooperazione oltre che il mancato adempimento di un obbligo previsto dalla legge sulla cooperazione.

La riattivazione del sistema della governance è condizione essenziale per il funzionamento stesso della cooperazione. È dunque necessario procedere alla rapida nomina del vice ministro, assieme alla ripresa delle attività del Cncs, così come quelle del Cics per consentire operatività, coordinamento e coerenza delle politiche da attuare.

Un’agenzia vicina alla paralisi

L’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, lo strumento operativo della cooperazione del nostro paese, dopo essere stata per quasi un anno priva di un direttore, si trova a fare i conti con una situazione di organico che, come affermano i suoi stessi responsabili, può portarla alla paralisi. Il decreto “milleproroghe” ha recentemente stanziato delle risorse che ne permetterebbero il rafforzamento. Potrà essere assunto nuovo personale presso le sedi estere e potenzialmente presso la sede centrale. Tuttavia la mancata indizione di un concorso pubblico, incagliato da quasi due anni dalla burocrazia della pubblica amministrazione, rischia di vedere vanificati gli altri passi avanti.

Gli esiti della peer-review

Nel 2019 si è tenuta la valutazione tra pari della cooperazione italiana da parte del comitato Ocse-Dac. Al processo hanno partecipato strutture istituzionali e attori della società civile. Gli esiti e raccomandazioni finali sono state presentate all’Ocse nel mese di ottobre e pubblicate a novembre. Si attende da molti mesi la presentazione e un dibattito pubblico in Italia. Chiediamo al prossimo Vice ministro, fra i suoi primi atti, di promuovere al più presto una analoga presentazione a Roma che potrebbe costituire l’occasione di un confronto e l’apertura di un dibattito pubblico. Una premessa necessaria per il rilancio dell’intero settore.

 

Foto credit: Oxfam – Pablo Tosco

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