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Stando alle dichiarazioni del governo, il 2024 dovrebbe essere un anno particolarmente importante per le relazioni con l’Africa. Il 29 gennaio infatti si è aperto, nell’aula del senato, il vertice Italia-Africa intitolatoUn ponte per una crescita comune”.

Si tratta sostanzialmente della prima iniziativa (al netto della definizione della cabina di regia) del cosiddetto “piano Mattei”. Un piano dai profili ancora poco chiari sul quale, stando alle parole del presidente della commissione dell’Unione africana Moussa Faki Mahamat, gli stessi paesi africani non erano stati consultati. Né d’altronde sono stati consultati gli attori di settore italiani, nonostante il governo abbia esplicitamente previsto il loro coinvolgimento nel contesto della cabina di regia (Dl 161/2023).

Anche nel corso della conferenza le informazioni aggiuntive fornite dalla presidente del consiglio sono state estremamente limitate. Certo sono stati indicati i 5 settori chiave (istruzione e formazione, agricoltura, salute, energia e acqua) su cui si concentrerà il piano, ma a oggi non è ancora possibile sapere in cosa si concretizzeranno di preciso le azioni e in che modo si differenzieranno da quelle già adottate dall’Italia in passato.

Per questo può essere utile rivedere qual è stata negli ultimi anni la politica italiana di cooperazione allo sviluppo verso i paesi di questo continente e quali sono le scarse informazioni aggiuntive che sono emerse nel corso della conferenza.

La cooperazione Italia-Africa negli anni

Osservando le risorse dell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) che l’Italia ha destinato a paesi africani nel corso degli ultimi vent’anni emergono due fasi chiaramente distinte.

Nella prima fase, tra 2000 e 2011, quasi ogni anno una parte consistente e spesso maggioritaria delle risorse bilaterali era destinata a programmi di cancellazione del debito dei paesi africani.

D’altronde la fine degli anni ’90 e gli inizi degli anni 2000 furono caratterizzati da forti campagne collegate a Jubilee 2000 con cui si chiedeva che i paesi più ricchi rinunciassero alla restituzione di una parte del debito da parte dei paesi in via di sviluppo.

In Italia la Campagna Sdebitarsi vide il suo apice proprio nel 2000 quando artisti come Jovanotti e Bono Vox espressero il loro sostegno sul palco del festival di Sanremo e poi, dopo un incontro con il presidente del consiglio Massimo D’Alema, ottennero l’impegno del governo italiano su importanti operazioni di cancellazione del debito.

Questo risultato ovviamente fu solo l’apice di una campagna che coinvolse gran parte del mondo della solidarietà e che riuscì a catalizzare l’attenzione di gran parte dell’opinione pubblica, portando all’approvazione della legge per la riduzione del debito estero dei paesi a più basso reddito (l. 209/2000).

Sono indicate le risorse dell’aiuto pubblico allo sviluppo destinate dall’Italia a paesi africani distinguendo tra le operazioni di cancellazione del debito e altri tipi di aiuto. I valori sono espressi in dollari a prezzi costanti 2021.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(consultati: mercoledì 31 Gennaio 2024)

A partire dal 2012 però, come effetto della crisi finanziaria a cui fu esposto il paese, le risorse destinate all’Africa subirono un netto ridimensionamento. Le politiche di cancellazione del debito sparirono quasi del tutto e anche l’Aps restante venne sostanzialmente dimezzato.

Anche se con il passare degli anni l’ammontare complessivo delle risorse è tornato gradualmente a crescere, solo in due occasioni abbiamo assistito a consistenti operazioni di cancellazione del debito: nel 2016 nei confronti della Guinea-Bissau per complessivi 113 milioni di euro e, in particolare, nel 2021 nei confronti della Somalia per un valore di 519 milioni di euro.

Se escludiamo le politiche di cancellazione del debito, che come abbiamo visto da alcuni anni hanno acquisito carattere episodico, possiamo rilevare come negli ultimi anni l’Aps Italiano destinato ai paesi africani sia cresciuto, passando da 387 milioni di dollari nel 2016 a 558 milioni nel 2022 (a prezzi costanti 2021).

La cooperazione con l’Africa oggi

Nel corso degli anni gli importi destinati ai singoli paesi possono variare considerevolmente. Per questo, per farsi un’idea di quali siano i paesi africani a cui l’Italia destina più risorse, può essere utile osservarne la distribuzione nel corso dell’ultimo quinquennio (2018-2022).

Sono indicate le risorse dell’aiuto pubblico allo sviluppo destinate dall’Italia a ciascun paese africano tra 2018 e 2022. I valori sono espressi in dollari a prezzi costanti 2021.

FONTE: elaborazione openpolis su dati Ocse
(ultimo aggiornamento: venerdì 2 Febbraio 2024)

In questi termini il primo paese destinatario di risorse italiane risulta essere la Somalia, un dato in larga parte legato alla cancellazione del debito del 2021. A seguire la Tunisia, il Mozambico, l’Etiopia, la Libia e il Sudan.

Più in generale le risorse della cooperazione italiana si concentrano nel corno d’Africa, nel nord Africa e in alcuni paesi del Sahel, oltre che in Mozambico. L’Italia infatti ha mantenuto strette relazioni con questo paese dopo aver svolto un ruolo cruciale per il raggiungimento dell’accordo di pace del 1992.

Cosa sappiamo del piano Mattei

Come accennato, malgrado l’avvio della conferenza Italia-Africa, ancora non si sa quasi nulla di concreto sul cosiddetto piano Mattei. La presidente del consiglio infatti, nel corso del suo intervento, ha solo confermato che il piano avrà un budget iniziale di circa 5 miliardi e mezzo di euro che proverranno dal fondo clima e dalle risorse della cooperazione allo sviluppo.

Il piano Mattei […] può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie dei quali circa 3 miliardi verranno destinati dal fondo italiano per il clima e circa 2 miliardi e mezzo dalle risorse della cooperazione allo sviluppo.

Da una parte questo ci dice che il piano potrebbe focalizzarsi su due aspetti fondamentali per il continente, ovvero la cooperazione allo sviluppo e gli investimenti su misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. Le risorse a dono quindi dovranno essere indirizzate verso paesi destinatari di Aps e dovranno rispettare i principi previsti dalla legge 125/2014, contribuendo a raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’accordo di Parigi.

Allo stesso tempo però a partire da queste poche parole possono essere fatte alcune considerazioni. Intanto sull’ammontare complessivo delle risorse, che appare piuttosto modesto. In effetti se si considera che l’Unione europea nel 2022 ha destinato quasi 21 miliardi di dollari di Aps al continente africano (tra stati membri – 14,7 miliardi – e istituzioni europee – 5,9 miliardi), appare piuttosto irrealistico che l’Italia, da sola, possa effettivamente fare la differenza.

Malgrado l’importanza data al piano non sembra che a questo saranno destinate risorse aggiuntive.

E questo senza contare che non è stato neanche specificato in quanti anni si conta di spendere i 5 miliardi e mezzo iniziali (malgrado il fondo clima preveda finanziamenti solo fino al 2026). Ma ciò che lascia più perplessi è il fatto che, dalle parole di Meloni, non risulta alcuno stanziamento aggiuntivo. Le risorse infatti sembrano essere esclusivamente quelle già previste per il fondo clima e l’aiuto pubblico allo sviluppo. Peraltro, come abbiamo visto in precedenti approfondimenti, per i prossimi anni non è pianificato un aumento costante dell’Aps italiano in direzione dello 0,7% Aps/Rnl.

Il fondo clima infatti ammonta a 4,2 miliardi, in parte già allocati nelle scorse leggi di bilancio ma che al contempo  non risulta siano stati ancora spesi. Certo il 50% di queste risorse già rientra tra i fondi della cooperazione allo sviluppo. Parte degli stanziamenti del fondo clima e dell’Aps italiano infatti si sovrappongono. Se ne desume quindi che quando Meloni fa riferimento a 2,5 miliardi di risorse della cooperazione escluda quelle già previste in questo fondo.

Tuttavia bisogna considerare che negli ultimi anni gli importi del canale bilaterale dell’Aps italiano allocabili geograficamente (ovvero quelle risorse che sono destinate a dei paesi specifici) ammontano ad appena 1,5 miliardi.

Dunque se da un lato è certamente auspicabile che l’aiuto pubblico allo sviluppo sia focalizzato in obiettivi chiari piuttosto che essere disperso in tanti rivoli, è comunque importante che il piano Mattei non abbia l’effetto collaterale di togliere risorse ad altri paesi, magari particolarmente fragili e privi di risorse naturali, dai combustibili fossili ai minerali più ricercati.

L’articolo è stato redatto grazie al progetto “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”, finanziato dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Le opinioni espresse non sono di responsabilità dell’Agenzia.

Foto: governo.it

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