Calano le estrazioni di energia da fonti non rinnovabili Ambiente

L’energia italiana dipende in buona parte dall’estrazione di idrocarburi sia dal suolo e anche da giacimenti di petrolio nel mare. In Italia ci sono 886 pozzi produttivi da cui viene estratto anche il petrolio.

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Trivelle-Genova

Una parte importante dell’energia consumata in Italia deriva dagli idrocarburi. Per idrocarburi intendiamo l’insieme di composti chimici di carbonio e idrogeno. Questi hanno origine naturale, ma attraverso processi di raffinazione artificiale diventano utilizzabili per la produzione di energia e per altre attività industriali.

In un report Ispra sulle prospettive future dei consumi elettrici vengono descritti i consumi elettrici italiani, sia a livello industriale che residenziale, ponendo particolare attenzione agli impatti ambientali causati dall’elevato utilizzo di energia ricavata da fonti non rinnovabili, quali appunto gli idrocarburi. In questo senso l’Italia e tutta l’Unione europea hanno assunto specifici impegni per ridurre i danni dell’inquinamento atmosferico generato dalla produzione di questo tipo di energia. A partire da un utilizzo sempre maggiore di fonti rinnovabili.

Il Green deal 2020 pone come obiettivo il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Vai a "Cosa prevedono gli accordi europei sul cambiamento climatico"

La produzione di idrocarburi in Italia

Nel 2019 la domanda mondiale di petrolio, il principale idrocarburo energetico, è aumentata e con essa anche quella del gas. Si è assistito rispettivamente a un aumento dello 0,8% e dell’ 1,8% rispetto al 2018.  Una variazione registrata anche in Italia e favorita dai prezzi del gas, più bassi nel 2019 rispetto all’anno precedente.

Sebbene a livelli nettamente inferiori rispetto a paesi come Stati Uniti, Iran e Arabia saudita, anche in Italia sono attivi impianti di estrazione di petrolio e di gas naturale. Si trovano in particolare nei territori di 16 regioni, sia sulla terraferma che in mare.

In particolare, gli impianti in mare sono stati al centro di un grande dibattito. Infatti, nel 2016 si è tenuto il referendum abrogativo per porre fine alle attività di estrazione di petrolio e gas naturale che avevano già ricevuto una concessione dal ministero dello sviluppo economico e e che potevano operare fino all’esaurimento naturale dei giacimenti. Il referendum riguardava unicamente gli impianti nelle zone di mare, entro le 12 miglia dalla costa. In quell’occasione vinse il “sì” all’abrogazione con l’85,85%. Tuttavia il referendum non produsse effetti perché non aveva raggiunto il quorum necessario del 50% dei voti degli aventi diritto. Di conseguenza, gli impianti di estrazione degli idrocarburi in mare sono tutt’ora in attività.

I dati fanno riferimento alla produzione nazionale di gas naturale (metro cubo standard, Sm3) e olio greggio (kg) in Italia attraverso estrazioni sia su terraferra che dalle piattaforme in mare. La serie storica include gli anni che vanno dal 2004 al 2021, solo i primi due mesi dell’anno.

FONTE: elaborazione openpolis dati ispra
(ultimo aggiornamento: venerdì 5 Marzo 2021)

Dai dati Ispra emerge come dal 2004 il trend di produzione sia in calo, soprattutto per le estrazioni di gas da piattaforme marine. Questo è anche dovuto al blocco delle estrazioni (anche denominate trivellazioni) imposto dal provvedimento milleproroghe del 2018, che è  divenuto legge recentemente con il nuovo governo Draghi. Il blocco del rilascio delle concessioni per attività di ricerca di idrocarburi è stata quindi prorogato fino al al 30 settembre. In questa data è prevvista l'approvazione del nuovo piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee per effettuare attività di estrazione e ricerca (Pitesai). Dunque, le operazioni di estrazione in mare sono bloccate sino a quando questo piano non sarà approvato in via definitiva.

Complessivamente, le estrazioni di gas sono passate da un'ampia produzione, pari a 10.543.553.258 sm3 nel 2004 a una riduzione fino a 2.414.856.800 sm3 nel 2020. Seppur in misura più limitata, anche la lavorazione dell'olio tramite piattaforme marittime è diminuita. Un calo, dal 2004 al 2020, di oltre 510 milioni di chili di idrocarburi sotto forma di olio (petrolio, nello specifico).

Per quanto riguarda invece la produzione su terraferma, il trend relativo al gas è tendenzialmente rimasto invariato dal 2004. Nel 2016 si assiste a un calo produttivo pari a più di 623 milioni di metri cubici di gas. Che si traduce poi in un nuovo aumento nel 2018, quando i livelli di gas superano i 2 miliardi di sm3 prodotti. Questo ampliamento produttivo risulta più evidente nell'estrazione di olio su terraferma: un picco di 4.940.209.172 chili (-376.165.540 rispetto al 2005, anno di massima produzione). Pertanto, l'anno in cui la produzione è stata ai minimi termini è il 2016 (3.024.359.932 chili), con una variazione pari a 2.292.014.780 chili in meno rispetto al 2005.

Come funzionano i titoli minerari per la produzione di idrocarburi

La legge n.25 del 29/01/1957 disciplina le attività di esplorazione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e fluidi geotermici in Italia. Per avviare il processo di estrazione è necessario l'ottenimento di un titolo minerario rilasciato dal ministero dello sviluppo economico in accordo sia con la regione interessata, sia con il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

In Italia ci sono prevalentemente due tipologie di titoli:

  • permessi di ricerca: il decreto ministeriale del 7 dicembre 2016 definisce questi come "titolo esclusivo che consente le attività di ricerca". All'articolo 2 del già citato decreto ministeriale, si definisce l'attività di ricerca come l'insieme delle operazioni volte all'accertamento dell'esistenza di petrolio o gas naturale. Tali operazioni includono le attività di indagini geologiche, geotecniche, geognostiche, geochimiche e geofisiche, eseguite con qualunque metodo e mezzo, nonchè le attività di perforazione meccanica.I titoli possono essere richiesti, sia da privati che da aziende pubbliche, su aree con un’estensione massima di 750 km2. La stessa area può essere richiesta da più operatori petroliferi in regime di concorrenza. Nel permesso di ricerca, oltre all’acquisizione di dati geofisici, è possibile costruire uno o più pozzi esplorativi.

52 permessi di ricerca di idrocarburi in Italia nel 2019.

  • concessioni di coltivazione: sempre nel decreto ministeriale si definisce tale titolo minerario come "titolo esclusivo che consente le attività di sviluppo e coltivazione di un giacimento di idrocarburi liquidi e gassosi". Vengono richiesti su una porzione di area, a seguito dell'accertamento del permesso di ricerca, in cui è stato rinvenuto un nuovo giacimento, dell’estensione massima di 300 km2. In tale area possono poi essere effetuate tutte le attività inerenti alla produzione e all'estrazione di idrocarburi come ad esempio la realizzazione di pozzi di sviluppo.

I dati fanno riferimento al numero di titoli minerari di coltivazione e di ricerca di idrocarburi presenti nel territorio italiano per comuni capoluoghi, unico livello territoriale per cui i dati sono disponibili. I territori considerati includono solo titoli minerari su terraferma, quelli in zone marine sono stati esclusi da questa cartina.

FONTE: elaborazione openpolis dati Ispra
(ultimo aggiornamento: venerdì 31 Maggio 2019)

In Italia nel 2019 sono attivi 178 titoli di coltivazione. Di questi 43 sono localizzati in Emilia-Romagna e in particolare a Bologna (14). Seguono le Marche (27 titoli), la Lombardia (25), la Basilicata (23) e la Sicilia (21).

72,4% del totale del gas prodotto in Italia e l'89,3% dell'olio provengono dalla Basilicata, secondo i dati 2019.

Tra i comuni capoluogo con più siti di coltivazione di idrocarburi e fluidi geotermini troviamo infatti Matera (17). Seguono Bologna (14), Foggia (12) e Ascoli Piceno (11).  Tra le regioni con il numero più basso di siti si ritrovano invece Campania e Sardegna, che non ne hanno nessuno. La prima tuttavia ha 3 permessi di ricerca, tra Avellino e Benevento.

67 concessioni di coltivazione per estrazioni di idrocarburi in aree marittime italiane.

Nel mese di gennaio 2021, sono stati prodotti 170.522.594 sm3 di gas naturale su terraferma e 174.223.723 sm3 in mare, mentre 464.746.830 chili di olio su piattaforme terrene e 36.519.101 chili con trivellazioni marine. La maggior parte di questi proviene dalla Basilicata che solo nel primo mese del 2021 ha prodotto 130.527.725 metri cubici standardizzati di gas e 431.416.903 chili di olio. Seguita, in entrambi i casi, dalla Sicilia (14.129.030 di gas naturale e 28.983.331 di olio greggio).

 

 

Photo credits: Photo by Francesco Boncompagni - Unsplash

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