L’origine familiare e le disparità sociali incidono sull’accesso all’università #conibambini

Nel confronto europeo l’Italia è agli ultimi posti per quota di giovani in possesso della laurea o di un altro titolo terziario. Alla base restano disparità sociali che, specie nei momenti di crisi, se non compensate possono allontanare ragazze e ragazzi dagli studi universitari.

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L’Italia è ancora agli ultimi posti in Ue rispetto al numero dei giovani laureati, con una quota del 31,6%, rispetto a una media europea del 44%. Tra le cause di questa tendenza, le disparità sociali e l’origine familiare assumono un’importanza fondamentale. A questo si aggiungono i profondi divari territoriali.

I laureati in Italia nel confronto europeo

Tra i paesi europei, l’Italia è agli ultimi posti per quota di giovani laureati o con un titolo terziario equivalente. In media nel 2024 nell’Unione europea il 44,1% dei giovani tra 25 e 34 anni aveva un titolo di studio terziario (come la laurea). Una quota in progressivo avvicinamento all’obiettivo del 45% entro il 2030, come stabilito dal consiglio dell’Ue nell’ambito del quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione.

Per quanto riguarda l’Italia, nel 2024 il 31,6% dei giovani tra 25 e 34 anni era in possesso di un titolo di studio terziario. Dato in crescita rispetto al 30,6% dell’anno precedente e al 29,2% del 2022, ma che pone il nostro paese al penultimo posto in Ue, prima della Romania (23,2%).

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: lunedì 14 Aprile 2025)

Circa la metà dei paesi Ue ha già raggiunto l’obiettivo del 45% di giovani laureati.

Nell’anno più recente a disposizione, il 2024, uno sguardo ai dati sulla percentuale di laureati tra i 25 e i 34 anni nei vari paesi europei rivela un panorama diversificato. In cima alla classifica, con le percentuali più elevate, troviamo l’Irlanda, dove quasi due terzi dei giovani adulti (65,2%) ha completato un’istruzione di livello terziario, come quella universitaria. A poca distanza si posizionano il Lussemburgo, con il 63,8%, e Cipro con il 60,1%. La Lituania e i Paesi Bassi completano la lista dei primi cinque stati, registrando rispettivamente il 58,2% e il 55,1%. Cifre che indicano un quadro di paesi in cui l’istruzione superiore è ampiamente diffusa tra i giovani adulti. In aggiunta a quelli citati, altri 8 stati, pur con quote inferiori, hanno comunque già raggiunto la soglia europea del 45%.

Al contrario, risultano molto lontani dal target alcuni paesi dell’Europa orientale e meridionale. Parliamo in particolare della Slovacchia (37,2%), della Cechia (33,5%), dell’Ungheria (32,3%), oltre alle già citate Italia e Romania.

Il collegamento con la condizione socio-economica di partenza

Un dato così basso per il nostro paese porta una riflessione sulle radici di questa tendenza e sulle possibili soluzioni.

Una recente ricerca per l’ufficio valutazione di impatto del Senato ha analizzato il collegamento tra origine sociale e accesso all’istruzione superiore, anche alla luce della letteratura esistente. La tendenza rilevata in quasi tutti i sistemi educativi è che gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati hanno una probabilità significativamente inferiore di iscriversi all’università rispetto ai loro coetanei più abbienti.

Gli studenti provenienti da contesti socio-economici svantaggiati hanno meno probabilità di proseguire gli studi dopo il diploma.

Questa correlazione viene ricondotta in letteratura a due dinamiche. In primo luogo, gli aspetti motivazionali e la preparazione degli studenti. Come abbiamo avuto modo di approfondire in passato, già durante la scuola dell’obbligo le differenze socio-economiche hanno un’influenza sugli esiti scolastici. Ciò fa sì che gli studenti svantaggiati abbiano risultati peggiori dei coetanei di famiglie abbienti, creando un disincentivo alla prosecuzione degli studi.

L’altro meccanismo analizzato in letteratura è che studenti e famiglie valutino l’immatricolazione ponderando i benefici sul mercato del lavoro e le probabilità di successo accademico con due tipi di costi. Quelli da sostenere direttamente, come tasse universitarie, libri, vitto, alloggio; e quelli derivanti dai mancati guadagni (il costo opportunità del reddito che si sarebbe potuto guadagnare lavorando). Ne consegue che, anche a parità di risultati scolastici, gli studenti di famiglie a basso reddito risulteranno disincentivati rispetto ai coetanei benestanti, a causa delle maggiori difficoltà nel sostenere tali costi.

Si tratta di un tipico ambito in cui emerge la trappola della povertà educativa, dal momento che sono proprio i figli di chi vive una situazione di svantaggio ad avere meno possibilità di sottrarsi da tale condizione in futuro. Questa tendenza di fondo è visibile anche per il caso italiano ed è stata evidenziata in numerosi studi.

Meno aspettative di figli laureati nelle famiglie svantaggiate

Nel caso italiano, sono diversi i segnali che uno svantaggio socio-economico-culturale potrebbe essere alla base di questa tendenza. Numerose indagini, anche recenti, hanno evidenziato proprio questo aspetto.

Nel luglio 2024, l’indagine di Istat sui livelli di istruzione e i ritorni occupazionali, ha mostrato come siano soprattutto i figli dei laureati a proseguire gli studi. Quando i genitori non hanno il diploma, quasi un giovane su 4 (23,9%) abbandona precocemente gli studi e solo il 12% raggiunge la laurea o un altro titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, la percentuale di abbandoni precoci della scuola scende all’1,6%, mentre quasi il 70% arriva a laurearsi.

12% la quota di giovani laureati (o con altro titolo terziario) i cui genitori non hanno il diploma.

In modo del tutto analogo, una precedente analisi dei ricercatori di Inapp, basata sulla coorte generazionale 1977-1986, aveva evidenziato come, tra i figli di genitori con la laurea, il 75% avesse la probabilità di laurearsi a sua volta. Dato che scendeva al 48% tra chi aveva alle spalle una famiglia dove il titolo di studio massimo era il diploma e al 12% se i genitori avevano la licenza media.

Ne consegue che anche le aspettative e le aspirazioni di ragazze e ragazzi possono essere fortemente influenzate dalla condizione di partenza. Ne ha dato una visione plastica un’altra indagine di Istat, del maggio dello scorso anno, sulla condizione dei bambini e dei ragazzi nel nostro paese. Da questo studio emerge che oltre 2 giovani su 3 (67,1%) con alle spalle una famiglia in buona condizione economica vogliono andare all’università. Mentre se la condizione economica è ritenuta negativa la quota scende a meno della metà del totale (46%). Processi di autosegregazione che contribuiscono ad approfondire i divari educativi nella popolazione giovanile rispetto alla classe sociale d’origine.

Com’è cambiata la quota di giovani laureati sul territorio

Queste tendenze contribuiscono anche a spiegare il basso numero di giovani laureati in alcune aree del paese. È quanto emerge analizzando i dataset pubblicati da Istat nell’ambito delle statistiche per il benessere equo e sostenibile. Il dato purtroppo non è direttamente confrontabile con l’indicatore europeo, essendo relativo ai residenti tra 25 e 39 anni, anziché tra 25 e 34. Tuttavia delinea una dinamica abbastanza nitida delle spaccature esistenti lungo la penisola.

La provincia di Siracusa è quella con meno laureati sotto i 40 anni. In questa zona della Sicilia infatti il 15,2% dei residenti tra 25 e 39 anni ha un titolo di studio terziario. Poco sopra l’area di Foggia (15,8%). A seguire, Brindisi (18,5%), Reggio Calabria (18,6%) e Benevento (18,9%) mostrano una quota di laureati leggermente superiore, anche se restano sotto la soglia di un laureato ogni 5 residenti con meno di 40 anni.

Raggiungono invece questa soglia le province di Imperia (20,1%), Sud Sardegna (20,1%), Crotone (20,2%), Cuneo (20,3%) e Barletta-Andria-Trani (20,7%), pur restando molto lontane dalla media nazionale pari al 30,9% nel 2024.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Istat
(pubblicati: martedì 1 Luglio 2025)

Al contrario, la città metropolitana di Bologna è quella con più persone con meno di 40 anni laureate (48,8%), seguita da Trieste (45,9%) e Milano (45,5%).

Nel tempo, è da notare come in alcuni territori sia cambiata nettamente la quota di laureati nella fascia d’età di riferimento. Dal 2018 ad oggi, aumenti nel tasso di giovani adulti laureati anche superiori ai 10 punti percentuali si registrano nelle province di Ravenna, Enna, Livorno, Macerata, Vibo Valentia e Padova. Al contrario, la quota di persone con meno di 40 anni laureate è diminuita in 26 province dal 2018. Tra queste
Rieti, Siracusa e Pavia si segnalano per una riduzione di laureati superiore ai 5 punti percentuali nel periodo considerato.

Nella crisi i divari sociali spesso alimentano quelli educativi

Si tratta di tendenze che dovranno essere monitorate nei prossimi anni, anche alla luce di una situazione sociale ed economica in evoluzione. Con riferimento alla crisi del 2008, ad esempio, la letteratura aveva evidenziato due possibili effetti opposti sulle immatricolazioni all’università.

Per un verso, in una crisi economica la diminuzione del reddito disponibile e l’incertezza possono ridurre la partecipazione universitaria, dato il costo di un investimento a lungo termine, oneroso specie per le famiglie in difficoltà. D’altro canto, proprio in una fase di crisi economica, l’iscrizione all’università può essere percepita dai giovani come alternativa a un mercato del lavoro stagnante, specialmente in presenza di sussidi e borse di studio.

Durante la grande recessione dei primi anni ’10, l’impatto è stato negativo nel contesto europeo, dal momento che la crescita della disoccupazione si è accompagnata a un incremento generalizzato delle disuguaglianze sociali nell’accesso all’università. Anche nel caso italiano si è registrata la stessa dinamica: una recente ricerca ha segnalato le conseguenze in termini di abbandono e di divari educativi e sociali di quella crisi economica. Per questo anche nei prossimi anni sarà cruciale monitorare queste tendenze.

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I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati sui giovani laureati sono di fonte Istat nell’ambito delle statistiche per il benessere equo e sostenibile.

Foto: Wikipedia Licenza

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