Abbandono scolastico, obiettivo vicino ma la situazione è più critica nelle città #conibambini

Per la prima volta il dato sull’abbandono scolastico in Italia è sceso sotto la soglia del 10%, in avvicinamento al nuovo obiettivo Ue per il 2030. Tuttavia le città restano indietro e, con poche eccezioni, mancano dati strutturati per monitorare la situazione nei singoli comuni.

|

Partner

Con il ritorno degli studenti sui banchi di scuola, è utile fare un punto sullo stato del sistema di istruzione in Italia e sull’impatto dell’abbandono scolastico.

Nel 2024 la quota di giovani che hanno lasciato la scuola prima del tempo è scesa al 9,8%. Al di sotto del 10% indicato negli obiettivi dell’agenda europea per il 2020 e in avvicinamento al nuovo obiettivo del 9% per il 2030.

L’obiettivo continentale, in vista del 2030, è stato ulteriormente abbassato di un punto (9%) con una risoluzione del consiglio europeo del febbraio 2021. Vai a “Che cos’è l’abbandono scolastico”

Il dato del 2024 si inserisce in un percorso di miglioramento che prosegue da oltre un decennio. Una tendenza positiva che comunque non deve far trascurare alcune delle contraddizioni di fondo che caratterizzano il nostro paese e su cui resta urgente intervenire.

A partire dal fatto che questo indicatore – come abbiamo avuto modo di raccontare in passatodescrive solo una parte del fenomeno, quella emersa e più visibile, relativa alle ragazze e ragazzi che lasciano la scuola con al massimo la licenza media. Mentre gli indicatori di dispersione implicita – giovani che completano la scuola senza però le competenze adeguate – restano su livelli ancora alti in base ai risultati delle ultime prove Invalsi.

In un quadro di riduzione delle distanze sull’abbandono esplicito, inoltre, restano divari tra nord e sud e tra i diversi comuni. La situazione appare relativamente peggiore tanto nelle città densamente popolate quanto nelle aree rurali, rispetto al resto del paese. Con il forte limite che oggi – con poche eccezioni – disponiamo di pochi dati sufficientemente disaggregati per misurare il fenomeno in chiave locale.

Per provare a capire meglio la situazione, abbiamo ricostruito alcuni possibili segnali di dispersione attraverso i dati delle prove Invalsi a livello comunale.

Il percorso decennale di avvicinamento ai target Ue

Tra 2014 e 2015, circa il 15% dei giovani italiani tra 18 e 24 anni aveva lasciato gli studi prima del tempo. Rispetto ad allora, il calo è stato di oltre 5 punti percentuali.

9,8% i giovani tra 18 e 24 anni che nel 2024 hanno al massimo la licenza media e non partecipano a un percorso di istruzione e formazione.

Come si vede dalla mappa, nel corso dell’ultimo decennio l’Italia si è avvicinata agli obiettivi Ue. Prima a quello del 10%, oggi superato, e quindi anche a quello per il 2030 del 9%.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: lunedì 14 Aprile 2025)

In questo miglioramento, si è ridotta molto anche la distanza dalla media europea. Nel 2014 il tasso di abbandono nazionale superava di quasi 4 punti la media Ue, mentre oggi la differenza è di 0,5 punti percentuali. L’incidenza a livello europeo è infatti al 9,3%.

Da notare come, nel contesto Ue, i paesi che dal 2014 hanno migliorato di più il loro dato siano quelli mediterranei, in cui il fenomeno partiva da livelli molto più alti della media. In particolare: Portogallo (dal 17,3% di allora al 6,6% attuale, -10,7 punti) e Spagna (da 21,9% a 13%, -8,9 punti). Ai paesi iberici seguono Malta (-7,4), Grecia (-6) e Italia (-5,2).

Attualmente il nostro paese è ottavo in Ue per incidenza del fenomeno, mentre storicamente si piazzava sul podio o comunque tra i primi 5. Al miglioramento della posizione relativa ha contribuito il peggioramento nell’ultimo decennio di alcuni paesi, in controtendenza con la media Ue. Spicca in particolare l’aumento dell’abbandono scolastico in stati del nord Europa tra cui Germania, Lituania e Danimarca, dove l’incremento supera i 2 punti percentuali.

Calano i divari interni, ma l’Italia si muove a due velocità

Rispetto a dieci anni fa, molte regioni hanno visto un contenimento del fenomeno. Le isole, che ancora nel 2015 superavano ampiamente il 20%, hanno visto una diminuzione nel decennio vicina ai 10 punti percentuali. In quell’anno anche la Campania superava il 18%, mentre Puglia e Calabria si attestavano tra 16 e 17%.

Da allora la situazione è migliorata, ma il paese continua a muoversi a 2 velocità. In Sicilia la quota di giovani che ha lasciato gli studi prima del tempo, pur diminuita rispetto agli anni scorsi, supera il 15%. La Sardegna si attesta poco sotto il 15%, così come la provincia autonoma di Bolzano (14,7%). In Campania ammontano a circa il 13% le uscite precoci dal sistema di istruzione e di formazione; mentre appaiono in avvicinamento all’obiettivo 2030 Calabria (10,8%) e Puglia (9,9%).

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat
(pubblicati: lunedì 14 Aprile 2025)

L’incidenza è già inferiore al 9% in Toscana, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio, provincia autonoma di Trento e Umbria. Dati che indicano come, nonostante negli anni le distanze tra le regioni siano molto diminuite, l’Italia sugli abbandoni resti ancora un paese a fortemente differenziato.

Nelle città la situazione è più critica

Il grado di urbanizzazione del comune è un’altra variabile che contribuisce a spiegare le differenze interne al paese. Rispetto alla media nazionale del 9,8%, l’incidenza massima si raggiunge nelle città e nelle aree urbane più densamente popolate dove sfiora l’11%.

10,9% l’incidenza dell’abbandono scolastico precoce nei territori ad alta densità di popolazione.

Scende all’8,8%, quindi già al di sotto dell’obiettivo europeo per il 2030, nei comuni a densità intermedia. In questi centri minori, mediamente urbanizzati, il fenomeno risulta quindi molto più contenuto. Mentre è più frequente nelle aree rurali (10%): i territori – spesso periferici – meno densamente popolati del paese.

Sono comunque le città e le aree urbane più densamente popolate a mostrare una maggiore criticità rispetto ai fenomeni della dispersione scolastica e dell’abbandono precoce. Da qui la necessità di poter monitorare queste tendenze non solo a livello nazionale, ma anche in chiave locale, comune per comune, quartiere per quartiere nelle città maggiori.

Pochi dati a disposizione per ricostruire il fenomeno sul territorio

Purtroppo attualmente, come abbiamo avuto modo di raccontare in passato, la disaggregazione dei dati a disposizione non rende possibile questo tipo di analisi. Analisi che invece sarebbe utilissima per comprendere meglio il fenomeno e poter impostare politiche pubbliche adeguate.

In questo senso, va segnalata la buona pratica di alcuni comuni che curano un osservatorio dedicato proprio alla dispersione scolastica. È il caso ad esempio di Napoli, città dove il fenomeno incide molto. I dati rilasciati annualmente dal comune consentono di ricostruire anche le differenze locali rispetto alle segnalazioni per inadempienza dall’obbligo scolastico lungo tutto il ciclo di istruzione (primarie, medie, superiori).

Quando vengono pubblicati dati disaggregati, i divari territoriali emergono in modo macroscopico.

Un indicatore quindi diverso da quello di Eurostat (che ricostruisce il fenomeno a posteriori, sui 18-24enni) e che consente un monitoraggio piuttosto aggiornato. Questi dati consentono di risalire fino al 1996, e soprattutto di evidenziare i divari sul territorio comunale. Ad esempio nell’anno scolastico 2023-2024, nelle scuole medie di Napoli si sono registrate 549 segnalazioni di elusione scolastica, pari al 2,16% degli iscritti in quell’anno. Tale media è però fortemente variabile. Raggiunge il 4,84% dell’ottava municipalità (comprendente Chiaiano, Piscinola e Scampia) e supera il 4% anche nella sesta (San Giovanni-Ponticelli-Barra), mentre si attesta allo 0,23% nella quinta (Arenella-Vomero).

Questo è solo un esempio di quanto tali fenomeni abbiano una connotazione territoriale da cui non si può prescindere nell’analisi e nella definizione delle politiche pubbliche. Purtroppo oggi sono pochi gli strumenti per poter comprendere le tendenze reali con una granularità così fine.

I bassi rendimenti: un possibile segnale di dispersione

Uno strumento in questa direzione sono i risultati scolastici degli studenti. Un basso rendimento a scuola difatti non spiega né tantomeno coincide con l’abbandono precoce, ma può essere un primo segnale su cui ragionare. Ciò per due motivi: il primo è che un livello di apprendimento totalmente inadeguato rientra tra i segnali di dispersione implicita. Cioè quella che non si realizza con l’abbandono vero e proprio della scuola, ma con il raggiungimento di un titolo di studio che non corrisponde alle reali competenze.

Il secondo motivo è che la dispersione scolastica è un fenomeno multifattoriale. Ritardi nel percorso di istruzione, risultati scarsi, ripetenze possono influenzarne l’incidenza.

Le differenze di rendimento scolastico possono contribuire a spiegare l’incidenza degli abbandoni.

Perciò per fare una valutazione sul rischio di abbandono nelle città, un possibile strumento a disposizione – indiretto, ma comunque utile – sono i dati sugli apprendimenti degli studenti.

Attraverso l’analisi di questi dati, rilasciati da Invalsi, emerge come in alcune città un quarto o più degli studenti di terza media finisca il primo ciclo di istruzione con il livello di apprendimento più basso possibile. Grosso modo corrispondente ai traguardi in termini di competenze che ci si aspettano per la quinta primaria, quindi molto lontano dai risultati previsti in terza media.

Prato è il capoluogo con più studenti di terza media con apprendimenti totalmente inadeguati: nell’anno scolastico 2022-2023 sfioravano il 30% in questo comune. Tuttavia le 10 città dove il fenomeno incide di più – esclusa l’appena citata Prato e Brescia (19,4%) – si trovano tutte nel mezzogiorno. Parliamo di Palermo e Trapani, rispettivamente seconda e terza con quasi uno studente su 4 che ha apprendimenti totalmente inadeguati. Seguono a poca distanza Napoli, Agrigento e Catania.

Allargando la classifica alle 20 città con più studenti di terza media con apprendimenti inadeguati, compaiono anche altre città del centro-nord. Tra queste spiccano, dopo Brescia, alcune città liguri e Reggio Emilia.

I dati presentati per ciascun comune corrispondono alla percentuale di studenti in ciascun livello di apprendimento (da 1 a 5, metodologia qui). La classifica qui presentata è stata elaborata per le sole città capoluogo di provincia e di città metropolitana.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Invalsi
(pubblicati: martedì 24 Ottobre 2023)

Tuttavia il centro-nord del paese appare molto più rappresentato nella classifica delle 20 città in cui il fenomeno incide di meno, dove quindi la quota di studenti con risultati del tutto inadeguati è più residuale.

FONTE: elaborazione Openpolis – Con i Bambini su dati Invalsi
(pubblicati: martedì 24 Ottobre 2023)

Riguarda al massimo l’8% degli studenti a Siena, Macerata, Avellino, Perugia e Belluno. Un’incidenza comunque da non sottovalutare, sebbene più contenuta delle città viste in precedenza.

Scarica, condividi e riutilizza i dati

I contenuti dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini sono realizzati da openpolis con l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Mettiamo a disposizione in formato aperto i dati utilizzati nell’articolo. Li abbiamo raccolti e trattati così da poterli analizzare in relazione con altri dataset di fonte pubblica, con l’obiettivo di creare un’unica banca dati territoriale sui servizi. Possono essere riutilizzati liberamente per analisi, iniziative di data journalism o anche per semplice consultazione. I dati relativi alle competenze degli studenti sono di fonte Invalsi.

Foto: DuoNguyen (unsplash) – Licenza

PROSSIMO POST